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ITALIA

Si accusò di aver avuto un ruolo nel rapimento di Emanuela

Emanuela Orlandi, i legali della famiglia depositano un'istanza per trattenere Alì Agca in Italia

Chiedono che l'attentatore di Papa Wojtyla non venga espulso, ma sia trattenuto in Italia per motivi di giustizia e sia sentito sul caso della ragazza, cittadina vaticana, scomparsa nel nulla nel 1983

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I legali di Pietro Orlandi, Massimo Krogh e Nicoletta Piergentili, hanno depositato in Procura a Roma un'istanza con la quale chiedono che Alì Agca non sia espulso, ma sia trattenuto in Italia per motivi di giustizia e sia sentito sul caso di sua sorella, Emanuela Orlandi, la ragazza, cittadina vaticana, scomparsa nel nulla nel 1983. Nei giorni scorsi Agca, autore dell'attentato a Giovanni Paolo II è venuto a Roma e si è recato a S.Pietro dove ha fatto visita alla tomba di Wojtyla. Fermato, i suoi documenti non sono risultatati regolari ed è partita la procedura di espulsione.

Prima che l'attentatore di Papa Giovanni Paolo II venga espulso dall'Italia per ingresso clandestino, Orlandi chiede che venga ascoltato dai magistrati romani che tuttora hanno aperto un'inchiesta relativa alla scomparsa di Emanuela: "Mi auguro che la procura approfitti dell'occasione - dice Orlandi al Tg Lazio della Rai -. Agca ha fatto dichiarazioni precise su Emanuela e sempre le stesse. Una volta anni fa disse 'E' viva e la sua incolumità viene garantita', come faceva a dirlo? Mi ha sempre detto che ha voglia di essere ascoltato dalla procura". 

"In particolare - sottolinea Pietro - chiediamo che vengano approfondite le dichiarazioni fatte da Marco Fassoni Accetti che più volte ha nominato Alì Agca". Accetti, che si è autoaccusato di aver avuto un ruolo nel rapimento di Emanuela e fece ritrovare un flauto identico a quello che usava la ragazza (sul quale però non sono state rinvenute tracce riconducibili ad Emanuela), è indagato per sequestro di persona. In una recente intervista Alì Agca ha inoltre sostenuto che Emanuela è ancora viva. In altre occasioni l'ex terrorista ha affermato che Emanuela Orlandi sarebbe segregata in un convento. "C'è un indagato che si è autoaccusato del sequestro di Emanuela e ha fatto il nome di Agca - conclude Orlandi -. Quale occasione migliore per verificarlo?".

Il killer turco è stato per trent'anni molto loquace sul caso Orlandi, forse allo scopo di attirare l'attenzione dei media, ottenendo il risultato di tormentare la famiglia della ragazza e fomentare odio verso la Santa Sede con rivelazioni fumose sulla tragedia di quella famiglia che a Giovanni Paolo II era molto cara. Il Papa polacco non si lasciò mai ingannare dalle cortine fumogene di Agca così come dal tentativo di addossare la responsabilità dell'attentato ai servizi bulgari che, se ebbero un ruolo, furono essi stessi strumenti di un potere ben più forte e determinato, tanto che alla Bulgaria, che visitò nel 2002, Wojtyla volle restituire pubblicamente l'onore scagionandolo dalle ombre dell'inchiesta Antonov.

Le convinzioni maturate da San Giovanni Paolo II sull'attentato del 13 maggio 1981 sono state espresse nel suo ultimo libro, intitolato "Memoria e identità", nel quale pochi mesi prima di morire ricostruì la vicenda affermando che "Agca è un assassino professionista". "Questo - scrisse - vuol dire che l'attentato non fu iniziativa sua, che fu qualcun altro a idearlo, che qualcun altro lo aveva a lui commissionato". E in un altro passaggio affermò: "Penso che l'attentato sia stato una delle ultime convulsioni delle ideologie della prepotenza scatenatesi nel XX secolo". Per la sua vittima, però, "Agca sapeva come sparare e sparò certamente per colpire. Soltanto, fu come se qualcuno avesse guidato e deviato quel proiettile".
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