MONDO
Girone e Latorre
Marò, ennesimo rinvio in processo in India. Bonino richiama in Italia ambasciatore per consultazioni
Ancora un rinvio, il ventiseiesimo, nella vicenda dei due marò italiani trattenuti in India. Nuova udienza fissata per lunedì prossimo in attesa di un parere scritto del governo indiano sull'applicabilità o meno della contestata legge anti-terrorismo. La Bonino richiama l'ambasciatore italiano a New Delhi per consultazioni e parla di "manifesta incapacità dell'India" nel gestire la vicenda
New Delhi (India)
Nuovo appuntamento in tribunale e nuovo rinvio per Massimiliano Girone e Salvatore Latorre, i due marò italiani trattenuti in India da ormai due anni. La corte suprema indiana è tornata a riunirsi questa mattina per decidere, finalmente, se applicare o meno la contestata legge anti-terrorismo e il giudice ha deciso invece per un nuovo rinvio, fissando la nuova udienza per lunedì prossimo, 24 febbraio, alle 18.30 ora italiana, in attesa di una risposta scritta del governo indiano sull'applicabilità o meno per questo caso della legge per la repressione della pirateria (Sua act).
"A fronte dell'ulteriore, inaccettabile rinvio deliberato questa mattina dalla Corte Suprema indiana dell'esame del caso dei Fucilieri di Marina Latorre e Girone e della manifesta incapacità indiana di gestire la vicenda - ha dichiarato il ministro degli Esteri Emma Bonino -, l'Italia proseguirà e intensificherà il suo impegno per il riconoscimento dei propri diritti di Stato sovrano in conformità con il diritto internazionale. L'obiettivo principale dell'Italia resta quello di ottenere il rientro quanto più tempestivo in Patria dei due Fucilieri". La Bonino ha poi annunciato che "il governo italiano ha disposto l'immediato richiamo a Roma per consultazioni dell'Ambasciatore a New Delhi, Daniele Mancini".
"La misura è colma - ha detto Mario Mauro, ministro della Difesa - ed ancora più grande è lo sdegno che investe tutta la nazione e che non può non propagarsi all'intera comunità internazionale. Su questo caso non c'è giustizia: siamo di fronte ad un comportamento ambiguo ed inaffidabile delle autorità indiane". "La decisione del Governo italiano - ha aggiunto il ministro - di richiamare l'Ambasciatore in Italia è, non solo giustificata, ma ineludibile e riflette il sentimento del nostro popolo".
L'avvocato della Difesa, Mumukul Rohatgi, aveva presentato la memoria difensiva ricordando che "l'incidente è avvenuto in acque internazionale" il 15 febbraio 2012 ed il 'Sua Act', la legge anti-pirateria ed anti-terrosimo non deve essere applicata perché, "l'Italia – ha detto - non è un Paese terrorista e non si è trattato di un attacco contro l'India". Il legale aveva anche lamentato le lungaggini burocratiche che hanno rallentato il caso: i due marò italiani, ha ricordato, sono da due anni in India e debbono tornare in Italia.
I fucilieri di marina militari non erano presenti in aula ma erano rimasti nella sede dell'ambasciata italiana a New Delhi dove da mesi risiedono. A rappresentarli nella sede della Corte, oltre al team degli avvocati della difesa, l'inviato del governo italiano, Staffan de Mistura, e l'ambasciatore, Daniele Mancini.
L'appuntamento, l'ennesimo di un'interminabile trafila giudiziaria, era nell'aula 4 presieduta dal giudice B.S. Chauhan: il giudice doveva ascoltare le tesi di accusa e difesa sull'utilizzo della legge anti-terrorismo e antipirateria, il cosiddetto Sua Act. Un passaggio delicatissimo perché il governo italiano sostiene che assimilare i due marò a terroristi metterà a rischio non solo i rapporti con l'India, ma la lotta globale contro la pirateria.
La scorsa settimana, l'accusa aveva escluso la pena di morte, ma ha confermato la richiesta di applicazione della legge e adesso i due rischiano fino a 10 anni di prigione. Ma paradossalmente proprio il ricorso indiano al Sua Act ha potenziato e coagulato il consenso internazionale attorno alla posizione italiana: uno dopo l'altro, Ue, Nato e Onu si sono detti molto preoccupati all'idea che i due militari possano essere portati in giudizio e processati in base alla legge anti-terrorismo. Negli ultimi giorni è filtrato sulla stampa indiana che il governo di New Delhi, messo nell'angolo proprio dalla sollevazione generale, sarebbe pronto a rinunciare al Sua Act, preferendo far ricorso al Codice Penale indiano.
L'inviato speciale, Staffan De Mistura, domenica, ha assicurato che il cambio della guardia al Palazzo Chigi non cambierà la futura strategia del governo. L'Italia, che vuole processare i marò in patria perché l'incidente è avvenuto in acque internazionali, sta esplorando anche altre vie d'uscita, prima di tutto l'arbitrato obbligatorio internazionale. Una Nota Verbale della Farnesina, primo passo formale della prassi diplomatica per chiedere un arbitrato che metterebbe fine alla diatriba giudiziaria, è già stato fatto: è il primo tassello di un percorso che potrebbe portare le due parti (non necessariamente concordi) ad affidarsi a un 'collegio di arbitri' (che giudicherebbe però non sul merito, ma sulla giurisdizione).
"A fronte dell'ulteriore, inaccettabile rinvio deliberato questa mattina dalla Corte Suprema indiana dell'esame del caso dei Fucilieri di Marina Latorre e Girone e della manifesta incapacità indiana di gestire la vicenda - ha dichiarato il ministro degli Esteri Emma Bonino -, l'Italia proseguirà e intensificherà il suo impegno per il riconoscimento dei propri diritti di Stato sovrano in conformità con il diritto internazionale. L'obiettivo principale dell'Italia resta quello di ottenere il rientro quanto più tempestivo in Patria dei due Fucilieri". La Bonino ha poi annunciato che "il governo italiano ha disposto l'immediato richiamo a Roma per consultazioni dell'Ambasciatore a New Delhi, Daniele Mancini".
"La misura è colma - ha detto Mario Mauro, ministro della Difesa - ed ancora più grande è lo sdegno che investe tutta la nazione e che non può non propagarsi all'intera comunità internazionale. Su questo caso non c'è giustizia: siamo di fronte ad un comportamento ambiguo ed inaffidabile delle autorità indiane". "La decisione del Governo italiano - ha aggiunto il ministro - di richiamare l'Ambasciatore in Italia è, non solo giustificata, ma ineludibile e riflette il sentimento del nostro popolo".
L'avvocato della Difesa, Mumukul Rohatgi, aveva presentato la memoria difensiva ricordando che "l'incidente è avvenuto in acque internazionale" il 15 febbraio 2012 ed il 'Sua Act', la legge anti-pirateria ed anti-terrosimo non deve essere applicata perché, "l'Italia – ha detto - non è un Paese terrorista e non si è trattato di un attacco contro l'India". Il legale aveva anche lamentato le lungaggini burocratiche che hanno rallentato il caso: i due marò italiani, ha ricordato, sono da due anni in India e debbono tornare in Italia.
I fucilieri di marina militari non erano presenti in aula ma erano rimasti nella sede dell'ambasciata italiana a New Delhi dove da mesi risiedono. A rappresentarli nella sede della Corte, oltre al team degli avvocati della difesa, l'inviato del governo italiano, Staffan de Mistura, e l'ambasciatore, Daniele Mancini.
L'appuntamento, l'ennesimo di un'interminabile trafila giudiziaria, era nell'aula 4 presieduta dal giudice B.S. Chauhan: il giudice doveva ascoltare le tesi di accusa e difesa sull'utilizzo della legge anti-terrorismo e antipirateria, il cosiddetto Sua Act. Un passaggio delicatissimo perché il governo italiano sostiene che assimilare i due marò a terroristi metterà a rischio non solo i rapporti con l'India, ma la lotta globale contro la pirateria.
La scorsa settimana, l'accusa aveva escluso la pena di morte, ma ha confermato la richiesta di applicazione della legge e adesso i due rischiano fino a 10 anni di prigione. Ma paradossalmente proprio il ricorso indiano al Sua Act ha potenziato e coagulato il consenso internazionale attorno alla posizione italiana: uno dopo l'altro, Ue, Nato e Onu si sono detti molto preoccupati all'idea che i due militari possano essere portati in giudizio e processati in base alla legge anti-terrorismo. Negli ultimi giorni è filtrato sulla stampa indiana che il governo di New Delhi, messo nell'angolo proprio dalla sollevazione generale, sarebbe pronto a rinunciare al Sua Act, preferendo far ricorso al Codice Penale indiano.
L'inviato speciale, Staffan De Mistura, domenica, ha assicurato che il cambio della guardia al Palazzo Chigi non cambierà la futura strategia del governo. L'Italia, che vuole processare i marò in patria perché l'incidente è avvenuto in acque internazionali, sta esplorando anche altre vie d'uscita, prima di tutto l'arbitrato obbligatorio internazionale. Una Nota Verbale della Farnesina, primo passo formale della prassi diplomatica per chiedere un arbitrato che metterebbe fine alla diatriba giudiziaria, è già stato fatto: è il primo tassello di un percorso che potrebbe portare le due parti (non necessariamente concordi) ad affidarsi a un 'collegio di arbitri' (che giudicherebbe però non sul merito, ma sulla giurisdizione).