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MONDO

​Diario dall’Iraq #1

In fuga da Mossul

Il popolo tra due fuochi: gli iracheni in fuga da Mosul temono l’esercito regolare quanto gli estremisti islamici. 

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di di Giuseppe SolinasIraq Fawaz ha dieci anni, scappando da Mossul con la sua famiglia, ha portato con se un piccolo gregge. Mohammed è arrivato fin qui in sedia a rotelle, spinto dal nipote Ahmed; con loro c’erano altre 15 persone che non sanno dove siano finite. Benvenuti a Kalak, un pugno di tende arroventate dal sole tra Erbil e Mossul, 200 famiglie in fuga dai combattimenti, a metà strada tra la capitale del Kurdistan autonomo e prospero e la città irachena ripiombata nel medioevo della Sharia. Qui, Fawaz, Ahmed, Mohammed e gli altri sfollati non vogliono nemmeno sentire parlare di politica, e divisioni tra sciiti e sunniti. Loro sono stanchi di tutti: del governo sciita di Nouri Al Maliki e del suo esercito - accusati di calpestare la minoranza sunnita - e degli estremisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, sunniti, che a Mossul avrebbero commesso violenze e atrocità. Dopo trenta anni di guerre, gli iracheni vogliono pace. Si ammassano sul confine del Kurdistan ricco di petrolio e al posto di blocco devono garantire che qualcuno a Erbil possa ospitarli, oppure fermarsi nelle tendopoli che crescono nel deserto.

A Kalak, il responsabile del campo è un ragazzo francese, Clement Rouquette, spiega che servono latrine, cibo e medicine. I finanziamenti dei donatori internazionali sono attesi con urgenza: le famiglie – dice Rouquette- arrivano a decine, ogni ora. Secondo le cifre ufficiali,almeno 500 mila persone scappano da Mossul. Ci sono bombardamenti in corso – con vittime del fuoco amico nell’esercito iracheno – battaglie a Kirkuk che i peshmerga, i soldati curdi, faticano a tenere, e aria di guerra a Baghdad, dove i cittadini rispondono alla chiamata alle armi dell’Ayatollah Al Sistani. Sui siti internet che il governo tenta – inutilmente – di censurare, i miliziani dell’Isil postano il video raccapricciante di una esecuzione di massa.

A Mossul avrebbero imposto la Sharia: donne in casa, ladri puniti con l’amputazione della mano. Ma gli sfollati di Kalak sembrano assuefatti a tanta violenza: “meglio loro dell’esercito sciita” – dicono. Purchè sia la pace, prima o poi, si augurano, battendosi il petto. Ma la pace, sotto queste tende da sfollati, rimane un sogno impossibile.
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