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ECONOMIA

Minori in povertà assoluta raddoppiati in 4 anni

Istat: " "Bonus 80 euro: solo un terzo ai più poveri"

Confrontando l'Italia con alcuni paesi europei, si osserva che il nostro Paese spende sistematicamente meno per la  protezione sociale dei gruppi di popolazione deboli, ha spiegato il presidente dell'istat Giorgio Alleva

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In Italia i "minori in condizione di povertà assoluta" sono, dati del 2015, "1 milione 131 mila", "quasi l'11% di quelli residenti nel nostro Paese". Lo ricorda l'Istat in audizione in commissione Lavoro al Senato sulle misure di contrasto alla povertà. E sottolinea: "Il numero di minori poveri assoluti risulta oltre il doppio rispetto a quello stimato nel 2011 (523 mila; il 5% del totale) e triplo rispetto a quello del 2008 (375 mila; il 3,7%)". L'Istituto di statistica fa notare che "nonostante l'assegno per il nucleo familiare concesso dai comuni alle famiglie con tre o più figli minori venga erogato a oltre 234 mila beneficiari, il 18,3% delle famiglie di questa tipologia (143 mila) continua ad essere in povertà assoluta, per un totale di quasi 183 mila minori".

Solo un terzo del bonus da 80 euro a chi vive in nuclei più poveri   
"Circa i due terzi delle risorse destinate alla famiglia e infanzia sono rappresentante dal cosiddetto bonus Irpef 80 euro" rileva l'Istat tornando a sottolineare che, in base a stime di microsimulazione sugli effetti della misura, "solo un terzo della spesa totale per il bonus è destinato a beneficiari che vivono in famiglie collocate nei due quinti più poveri della distribuzione del reddito, mentre metà della spesa viene erogata a dipendenti che vivono in famiglie con redditi medi e  medio-alti". 

Sussidio assistenziale doppio per quasi un milione di persone
In Italia si nota "con una certa frequenza come, in capo a uno stesso beneficiario, vi sia il cumulo di più prestazioni", con quindi sussidi doppi o multipli, rileva l'Istat in audizione in commissione Lavoro al Senato sulle misure per il contrasto alla povertà e il riordino delle prestazioni sociali. "Si stima - aggiunge - che ciò avvenga per poco meno di 1 milione di percettori, pari al 19% del totale dei beneficiari delle prestazioni" assistenziali all'esame, come assegni sociali, pensioni invalidità civile o accompagnamento. 

L'Italia spende poco in welfare per le fasce deboli
Confrontando l'Italia con alcuni paesi europei, si osserva che il nostro Paese spende sistematicamente meno per la  protezione sociale dei gruppi di popolazione deboli (persone con disabilità, famiglia e infanzia, esclusione sociale, abitazione). Lo ha spiegato il presidente dell'Istat, Giorgio Alleva, nel documento presentato nel corso della sua audizione in in Senato sul ddl povertà. Secondo l'Istat, la quota di spesa ad essi destinata sul totale della spesa sociale (circa l'11%) è molto lontana da quelle rilevate nei paesi scandinavi (31,2% Danimarca, 26,6% Svezia e Finlandia) e comunque di circa 10 punti inferiore a quelle di Francia e Germania (dati 2013). Una quota inferiore all'1% è impegnata specificamente per politiche di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale e per politiche abitative; si tratta di un valore marginale se paragonato al 7,9% del Regno Unito (valore massimo) e di poco superiore allo 0,3% di Cipro (valore minimo). L'Italia si distingue, inoltre, per una quota più elevata di spesa sociale non sottoposta alla verifica dei mezzi (il 94,3% della spesa, rispetto al 87,9% della Germania e all'88,8 della Francia) e un peso maggiore della spesa non legata al reddito dei beneficiari per quanto riguarda i trasferimenti monetari (si tratta del 95% in Italia, rispetto a  Francia, 89,3%, e Germania, 92,3%).
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