La Russia ratifica l'accordo di Parigi sul clima
Il premier Medvedev: "E' importante che il nostro Paese partecipi a questo processo: la minaccia dei cambiamenti climatici potrebbe compromettere l'equilibrio ambientale, mettere a rischio lo sviluppo di successo di molti settori chiave, come l'agricoltura, e, soprattutto, la sicurezza della nostra gente che vive sul permafrost"
La Russia smette di temporeggiare e, in concomitanza con l'assemblea Onu dedicata al clima, annuncia di aver ratificato l'accordo di Parigi. Per di più con procedura blindata, dato che la firma avviene per mezzo di un ordine esecutivo del premier Dmitry Medvedev.
"Stiamo svolgendo lavori nell'ambito del Progetto Nazionale Ecologico e cerchiamo di ridurre le emissioni che inquinano l'aria e di ripristinare le foreste: ora dovremo anche tenere presente l'adempimento degli obblighi internazionali che mirano a ridurre le emissioni di gas serra", ha detto il primo ministro, affermando di aver già ordinato di elaborare regolamenti che adeguano l'accordo di Parigi alle leggi russe.Il vice primo ministro Alexei Gordeyev ha dichiarato che il documento sarà pronto entro il 2020. "Secondo il ministero delle Finanze, adotteremo il documento entro la fine di quest'anno", ha detto Gordeyev. La ratifica dell'accordo di Parigi renderà la Russia un vero e proprio player nella formazione della moderna agenda globale sul clima, ha affermato. "Ciò è particolarmente importante in quanto la Russia si colloca al quarto posto nel mondo per emissioni di gas serra e qualsiasi misura normativa deve tenere conto dei nostri interessi nazionali nella massima misura: questo principio è la pietra angolare delle norme e dei regolamenti che ora vengono creati a livello nazionale", ha detto Gordeyev.
Una legge federale sarà il documento principale per quanto riguarda la regolamentazione statale delle emissioni di gas serra e il suo progetto è pronto, ha detto. Il documento sarà adottato nel corso dell'anno, ha affermato Gordeyev. Inoltre, entro la fine dell'anno dovrebbero essere preparate strategie di sviluppo a lungo termine che prevedono bassi livelli di emissioni di gas a effetto serra fino al 2050.
Mosca, insomma, ha deciso di far parte del gruppetto di paesi che stileranno le regole verdi e, così facendo, proteggere "i propri interessi". Non proprio una dimostrazione di sacro fuoco ecologista ma, semmai, tanto pragmatismo, tipico della realpolitik che si respira al Cremlino. Il presidente Vladimir Putin era partito scettico - d'altra parte l'Accademia delle Scienze russa non crede, ad oggi, che il climate change sia prodotto dall'uomo ma bensì un processo naturale - ma nel tempo si è ricreduto e adesso sostiene la necessità di azioni coordinate a livello globale per moderare gli effetti del cambiamento del clima, al netto della posizione ambigua che Mosca ha nei confronti del 'green deal'.
La Russia, infatti, sta traendo vantaggi dagli scioglimenti dei ghiacci artici, con l'apertura di nuove rotte commerciali, e la sua economia è notoriamente basata sull'estrazione e l'esportazione di idrocarburi (per tacere dell'energia atomica, in mano al colosso Rosatom). Ma il vento ormai punta in una certa direzione e Medvedev ha ammesso che il climate change rischia di "compromettere lo sviluppo di molti settori chiave, come l'agricoltura e la sicurezza della nostra gente che vive sul permafrost".