MONDO
Dopo la decisione dei giudici inglesi e della Corte Europea dei Diritti Umani
Le ultime ore del piccolo Charlie Gard. Venerdì saranno spente le macchine che lo tengono in vita
I genitori si oppongono alla decisione dei medici e dei giudici inglesi ed europei
I Gard vogliono trascorrere le ultime preziose ore col piccolo che "ci lascerà sapendo di essere stato amato da migliaia di persone".
Quando il 12 aprile scorso i giudici inglesi avevano autorizzato in modo definitivo i medici a staccare le macchine che tengono in vita il piccolo Charlie i genitori avevano deciso di rivolgersi alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo a Strasburgo che, vista l’urgenza della situazione, è intervenuta sulla questione con notevole rapidità. La sentenza del 27 giugno ha confermato quanto già deciso dai giudici inglesi.
Immediata la reazione degli esponenti dei movimenti pro-vita che hanno duramente criticato le decisioni dei medici, dei giudici inglesi e della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Più articolato l'intervento del Vaticano. Monsignor Vincenzo Paglia presidente della Pontificia Accademia per la Vita ha sottolineato che "la vicenda del piccolo bambino inglese Charlie Gard e dei suoi genitori colpisce tutti noi per il carico di dolore e di speranza che ci consegna; preghiamo perché nulla vada perduto". Paglia ricorda che "la Conferenza Episcopale inglese ribadisce che non si può mai porre in essere alcun gesto che metta fine intenzionalmente a un'esistenza umana, compresa la sospensione della nutrizione e dell'idratazione. Al tempo stesso, vanno riconosciuti anche i limiti di ciò che si può fare, certo dentro un servizio all'ammalato che deve continuare fino alla morte naturale".
Monsignor Paglia ha aggiunto che "dobbiamo compiere ogni gesto che concorra alla sua salute e insieme riconoscere i limiti della medicina. Va perciò evitato ogni accanimento terapeutico sproporzionato o troppo gravoso. E va rispettata e ascoltata la volontà dei genitori ma al contempo è necessario aiutare anche loro a riconoscere la peculiarità gravosa della loro condizione, tale per cui non possono essere lasciati soli nel prendere decisioni così dolorose".