ITALIA
Inchiesta "Mondo di mezzo"
Mafia Capitale, spuntano i conti in Svizzera. Marino: "Roma non è mafiosa"
Si allarga l'inchiesta sulla corruzione a Roma. Emerge un dossier contro un giudice scomodo e una maxi tangente a un deputato senza nome. Prima di un incontro con Gianni Letta, Salvatore Buzzi vanta rapporti con l'europarlamentare del Pd Goffredo Bettini. Il ministro Boschi respinge l'ipotesi commissariamento
Roma
In Svizzera e su conti correnti intestati a parenti e amici: è lì che, secondo gli inquirenti, venivano nascosti i soldi delle tangenti pagate ai politici dall’organizzazione guidata da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. L’inchiesta su Mafia Capitale continua ad allargarsi e, mentre spunta anche una maxi tangente a un deputato ancora senza nome, ci sarebbero altri arrestati pronti a parlare. Il sindaco Marino intanto respinge qualsiasi tipo di coinvolgimento e chiarisce sui finanziamenti: "Non sono buste di soldi. Ma soldi trasferiti con bonifico bancario e denunciati alla Corte dei conti. Esattamente come io ho ricevuto finanziamenti dalle
cooperative di Roma".
Il primo cittadino ha anche rivendicato le sue scelte - "con noi gli affari sono finiti. Si vergognino e se ne vadano da questa città. Noi stiamo dall'altra parte" e ha allontanata qualsiasi prospettiva di sue dimissioni.
Il prefetto: "Tre ipotesi per Roma"
E sulla possibilità del commissariamento di Roma interviene il prefetto Giuseppe Pecoraro: "Potrebbero esserci tre ipotesi, dopo la valutazione delle carte dell'inchiesta: o un accesso agli atti, o lo scioglimento o una terza via che prevede di non intervenire essendo in corso l'attività giudiziaria".
Boschi: "Marino deve restare"
"Marino deve restare e governare bene" fa sapere il ministro ai Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. "È giusto individuare le responsabilità ma attenzione a tirare in mezzo il Comune di Roma, per arrivare al commissariamento ci vogliono estremi di legge precisi e qui non ci sono estremi" aggiunge il ministro.
“A noi ce manda Goffredo”
A gestire la rete di referenti dell’organizzazione all’interno della pubblica amministrazione, secondo quanto emerge dalle indagini, era Salvatore Buzzi. In un’intercettazione, vanta di avere rapporti con Goffredo Bettini, europarlamentare del Pd molto influente a Roma. Spunta anche un incontro con Gianni Letta, chiesto per agevolare l’accreditamento del Cara di Castelnuovo di Porto. Alla vigilia Buzzi parla con Luca Odevaine, prima vice capo di gabinetto con Walter Veltroni, poi capo della polizia provinciale con Nicola Zingaretti e infine al Coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti asilo del ministero dell’Interno. Anche lui ora in carcere. In quell’occasione gli dice: “A noi ce manda Goffredo con una precisa indicazione”.
Dossier per il Cara
Sul Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo emerge anche una specie di dossier per screditare il giudice del Tar che aveva firmato la sospensiva per la gara. Contro il magistrato si sarebbe mossa direttamente un’ex assessore della giunta Zingaretti, Paola Varvazzo, che avrebbe fornito documenti utili all’organizzazione.
Soldi in Svizzera
Secondo gli inquirenti, i soldi delle tangenti finivano in Svizzera o su conti di parenti e amici. In particolare, nelle carte si parla di un viaggio di alcuni collaboratori di Carminati in territorio elvetico nella scorsa primavera. Una trasferta “finalizzata al compimento di operazioni bancarie di significativo interesse per l’indagine”. Luca Odevaine, da quanto è emerso, per nascondere il denaro in Italia avrebbe utilizzato i conti correnti della madre e dei figli.
La maxi tangente al deputato senza nome
Le ricostruzioni dei carabinieri descrivono un sistema che gestiva il territorio tenendo buoni rapporti con la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra. Un’organizzazione che riusciva a far ottenere in tre giorni permessi per la costruzione di tre palazzi di sette piani a due passi dal parco di Villa Palphili, nel quartiere di Monteverde. Una rete che distribuiva soldi a politici di destra e di sinistra. Spunta la maxi tangente da 700mila euro che la Breda Menarini avrebbe pagato per la fornitura di 45 filobus al Comune di Roma. Stando alle intercettazioni, l’ex amministratore delegato di Eur Spa Riccardo Mancini, vicino all’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, ne avrebbe girati buona parte a un politico ancora senza nome. “I soldi non se li è presi lui – dice Buzzi al telefono – L’ha dati a un deputato. Noi sappiamo a chi l’ha dati. Lo sa tutta Roma a chi l’ha dati”.
Altri pronti a parlare
Secondo le ultime indiscrezioni, alcuni degli indagati sarebbero pronti a parlare in cambio di qualche sconto di pena. Gli arrestati hanno annunciato ricorso al Tribunale del riesame: se dovesse cadere il reato associativo, molti sarebbero disposti a rispondere alle domande dei pm e a ricostruire singoli episodi di corruzione.
cooperative di Roma".
Il primo cittadino ha anche rivendicato le sue scelte - "con noi gli affari sono finiti. Si vergognino e se ne vadano da questa città. Noi stiamo dall'altra parte" e ha allontanata qualsiasi prospettiva di sue dimissioni.
Il prefetto: "Tre ipotesi per Roma"
E sulla possibilità del commissariamento di Roma interviene il prefetto Giuseppe Pecoraro: "Potrebbero esserci tre ipotesi, dopo la valutazione delle carte dell'inchiesta: o un accesso agli atti, o lo scioglimento o una terza via che prevede di non intervenire essendo in corso l'attività giudiziaria".
Boschi: "Marino deve restare"
"Marino deve restare e governare bene" fa sapere il ministro ai Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. "È giusto individuare le responsabilità ma attenzione a tirare in mezzo il Comune di Roma, per arrivare al commissariamento ci vogliono estremi di legge precisi e qui non ci sono estremi" aggiunge il ministro.
“A noi ce manda Goffredo”
A gestire la rete di referenti dell’organizzazione all’interno della pubblica amministrazione, secondo quanto emerge dalle indagini, era Salvatore Buzzi. In un’intercettazione, vanta di avere rapporti con Goffredo Bettini, europarlamentare del Pd molto influente a Roma. Spunta anche un incontro con Gianni Letta, chiesto per agevolare l’accreditamento del Cara di Castelnuovo di Porto. Alla vigilia Buzzi parla con Luca Odevaine, prima vice capo di gabinetto con Walter Veltroni, poi capo della polizia provinciale con Nicola Zingaretti e infine al Coordinamento nazionale sull’accoglienza per i richiedenti asilo del ministero dell’Interno. Anche lui ora in carcere. In quell’occasione gli dice: “A noi ce manda Goffredo con una precisa indicazione”.
Dossier per il Cara
Sul Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo emerge anche una specie di dossier per screditare il giudice del Tar che aveva firmato la sospensiva per la gara. Contro il magistrato si sarebbe mossa direttamente un’ex assessore della giunta Zingaretti, Paola Varvazzo, che avrebbe fornito documenti utili all’organizzazione.
Soldi in Svizzera
Secondo gli inquirenti, i soldi delle tangenti finivano in Svizzera o su conti di parenti e amici. In particolare, nelle carte si parla di un viaggio di alcuni collaboratori di Carminati in territorio elvetico nella scorsa primavera. Una trasferta “finalizzata al compimento di operazioni bancarie di significativo interesse per l’indagine”. Luca Odevaine, da quanto è emerso, per nascondere il denaro in Italia avrebbe utilizzato i conti correnti della madre e dei figli.
La maxi tangente al deputato senza nome
Le ricostruzioni dei carabinieri descrivono un sistema che gestiva il territorio tenendo buoni rapporti con la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra. Un’organizzazione che riusciva a far ottenere in tre giorni permessi per la costruzione di tre palazzi di sette piani a due passi dal parco di Villa Palphili, nel quartiere di Monteverde. Una rete che distribuiva soldi a politici di destra e di sinistra. Spunta la maxi tangente da 700mila euro che la Breda Menarini avrebbe pagato per la fornitura di 45 filobus al Comune di Roma. Stando alle intercettazioni, l’ex amministratore delegato di Eur Spa Riccardo Mancini, vicino all’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, ne avrebbe girati buona parte a un politico ancora senza nome. “I soldi non se li è presi lui – dice Buzzi al telefono – L’ha dati a un deputato. Noi sappiamo a chi l’ha dati. Lo sa tutta Roma a chi l’ha dati”.
Altri pronti a parlare
Secondo le ultime indiscrezioni, alcuni degli indagati sarebbero pronti a parlare in cambio di qualche sconto di pena. Gli arrestati hanno annunciato ricorso al Tribunale del riesame: se dovesse cadere il reato associativo, molti sarebbero disposti a rispondere alle domande dei pm e a ricostruire singoli episodi di corruzione.