MONDO
Evitata nuova tragedia
Migranti, Tunisia: salvate 46 persone su un barcone e altre 9 su un'imbarcazione in difficoltà
Ieri il naufragio con 70 morti. La testimonianza di un sopravvissuto: "Sono affogati uno a uno"
Un'unità della Marina militare tunisina ha tratto in salvo 9 migranti tunisini privi di documenti di identità a bordo di un imbarcazione in difficoltà al largo di Ghar El Melh (Biserta). Lo ha dichiarato il portavoce del ministero della Difesa, il comandante Mohamed Zekri, all'agenzia di stampa tunisina Tap. L'età dei 9 varia tra i 24 ai 46 anni, tra loro anche una donna. Il gruppo ha dichiarato di essere partito venerdì sera dalla città di Biserta, nel tentativo di raggiungere l'Italia, ha precisato Zekri. I migranti sono stati scortati al porto di La Goulette per essere consegnati alle unità della Guardia Nazionale per prendere le misure necessarie contro di loro, ha aggiunto.
La strage di ieri: storia di Ahmed
"Sono finiti sott'acqua uno ad uno. Li ho visti morire davanti ai miei occhi", ripete Ahmed Bilal, un contadino del Bangladesh sopravvissuto al tragico naufragio avvenuto ieri davanti alla costa della Tunisia, in cui sono morte almeno 65 persone, tutti in fuga dalla Libia, con la speranza di raggiungere l'Italia. "Non riesco a smettere di piangere", racconta Ahmed all'Afp in un rifugio d'emergenza della Mezzaluna Rossa a Zarzis, nel sud della Tunisia, dove i 16 sopravvissuti sono stati accolti venerdi' sera. Dopo sei mesi di viaggio, Ahmed, 30 anni, e' esausto. Ha trascorso tre mesi in prigionia in Libia e otto ore nelle gelide acque del Mediterraneo fino a quando un peschereccio tunisino ha avvistato i naufraghi, a piu' di 60 chilometri da Sfax. Ma era gia' troppo tardi per suo cugino e cognato, di 22 e 26 anni.
Originario della regione di Sylhet, nel nord-est del Bangladesh, Ahmed, padre di due bambini piccoli, afferma di aver lasciato il suo villaggio sei mesi fa, insieme ad altre quattro persone. "La mia famiglia ha venduto la nostra terra, dove raccoglievamo il riso una volta all'anno, sperando di diventare come le altre famiglie che sono riuscite a mandare uno dei loro membri in Europa", dice. Una "vita migliore" e' cio' che un intermediario del Bangladesh ha promesso loro, offrendo un viaggio per l'Europa al costo di circa 7.000 dollari. "La gente lo chiama 'Good Luck'. mi ha detto che avremmo una vita migliore e gli abbiamo creduto", dice amaramente Ahmed. "In effetti, sono sicuro che la maggior parte delle persone che si affidano a lui muoia durante il viaggio. Io ci ho parlato solo al telefono, ma ho visto suo fratello in Libia", aggiunge.
Cosi' Ahmed e la sua famiglia volano da Daqqa a Dubai, poi a Istanbul e infine a Tripoli. Finiscono rinchiusi per tre mesi, insieme ad altri 80 bengalesi, in una stanza nella parte occidentale della Libia. "Ho gia' pensato che sarei morto in Libia, ci hanno dato da mangiare una volta al giorno, a volte meno, c'era un bagno per tutti e non potevamo lavarci, tranne i denti. Chiedevamo sempre del cibo".
Una volta intrapreso il viaggio in mare, la loro imbarcazione e' andata in avaria nelle acque territoriali tunisine. Ahmed racconta che gli scafisti hanno stipato un immenso gruppo di uomini su un gommone. Destinazione - in teoria - l'Italia. A bordo, da 75 a 80 persone, secondo Ahmed. Forse 90, a detta di un altro sopravvissuto, un egiziano. La maggior parte sono bengalesi, ma ci sono anche egiziani, alcuni marocchini, qualcuno venuto dal Ciad e altri il cui ricordo e' gia' quasi cancellato. "Abbiamo iniziato ad affondare quasi immediatamente, verso mezzanotte", ricorda il sopravvissuto egiziano, Manzour Mohammed Metwella, 21 anni. "Abbiamo nuotato tutta la notte." Ahmed invece racconta di aver visto i suoi cari morire davanti ai proprio occhi. "Anch'io stavo per arrendermi, ma Dio ha mandato dei pescatori a salvarci. Se fossero arrivati dieci minuti dopo, penso che mi sarei lasciato andare". Una barca da pesca tunisina, arrivata verso le 8 del mattino, e' riuscita a salvare 16 migranti, tra cui 14 bengalesi, un egiziano e un marocchino.
"Se i pescatori tunisini non li avessero visti, probabilmente non saremmo mai stati informati di questo affondamento", afferma Mongi Slim, un funzionario della Mezzaluna Rossa della Tunisia. I sopravvissuti hanno 60 giorni per decidere se vogliono andare a casa, chiedere asilo attraverso l'Altro commissariato per i rifugiati o rimanere da soli in Tunisia. "Abbiamo perso cosi' tanto. Io non ho piu' niente. Spero ancora di andare in Europa, di fare abbastanza soldi e tornare a casa", dice Ahmed. "Ma non voglio mai piu' andare in mare".