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ECONOMIA

Il Brent sfonda quota 60 dollari, il Wti sotto i 55

Petrolio, non si arresta la discesa: le cause e lo spettro deflazione

Per la prima volta dal luglio del 2009 il Wti (petrolio prodotto in Texas) scivola sotto i 55 dollari al barile e il Brent (il petrolio di riferimento europeo) sotto i 60. Fatto positivo per i consumatori, ma non del tutto per l'economia mondiale causa il calo della domanda e l'incremento dell'offerta. La Bank of England: "potrebbe aumentare i rischi geo-politici" 

Estrazione del petrolio
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Milano Prosegue la discesa dei prezzo del petrolio. Questa mattina il future sul Brent con scadenza febbraio (si tratta del petrolio prelevato nei giacimenti del Mare del Nord e riferimento per l'Europa, ndr) è sceso sotto la soglia dei 60 dollari al barile per la prima volta dal luglio 2009. Nuovi minimi a oltre 5 anni anche per il Wti (prodotto in Texas utilizzato come benchmark nel prezzo del petrolio, sul mercato dei futures del NYMEX, ndr) sceso questa mattina fino a un minimo a 55,10 dollari al barile. Si tratta delle tipologie di petrolio più importanti utilizzate negli scambi internazionali.

Le cause del calo
Dimezzato. Basta, quindi, una parola per far capire quello che è successo ai corsi recenti dell'oro nero. E tutto, nel giro di soli sei mesi. Un calo del 46%, il 10% solo nell’ultima settimana. Se la notizia è buona per i consumatori, che vedono scendere il prezzo dei carburanti, così come per i Paesi importatori di energia come l’Italia, potrebbe non esserlo complessivamente per la stabilità economica mondiale. Un prezzo troppo basso rischia infatti di sconvolgere gli equilibri economici globali. E poi è un campanello d'allarme, il segnale di un calo della domanda e dunque di una situazione di rallentamento dell’economia. Per la Bank of England la flessione potrebbe "aumentare alcuni rischi geo-politici" e potrebbe essere più difficile per le società di shale oil americane e per quelle di esplorazione del gas ripagare i debiti.

Il calo della domanda
Il crollo del prezzo del petrolio è dovuto non solo all’aumento della produzione mondiale, con lo shale oil americano che sta portando gli Usa a diventare il primo produttore mondiale (al primo posto c'è sempre stata l'Arabia Saudita, ndr), ma anche al calo della domanda, dovuto alla grave stagnazione economica dell'Eurozona, alla nuova recessione giapponese e all’arretramento dell’economia cinese. 

Lo spettro della deflazione
Il calo delle quotazioni potrebbe, inoltre, provocare la caduta dei prezzi in Europa, facendo precipitare il Vecchio Continente nell’incubo della deflazione. La situazione è dunque molto complessa e rischia di compromettere la ripresa mondiale più di quanto si possa immaginare.

Borse in difficoltà
Situazione difficile anche sui mercati finanziari con la Borsa di Mosca che sta accusando un tonfo del 10%, risentendo dello scivolone del rublo. Dopo un tentativo di rimbalzo, ha infatti di nuovo imboccato la strada del ribasso aggiornando nuovi minimi sia nei confronti dell'euro, sia nei confronti del dollaro. A poco è valsa la decisione della Banca centrale russa di portare il costo del denaro al 17% dal precedente 10,5%: gli investitori continuano ad alleggerire le posizioni sul mercato russo. Del resto il Paese guidato da Vladimir Putin è fortemente penalizzato dal forte calo del prezzo del greggio. Situazione difficile anche nel Vecchio Continente con Milano che, subito dopo l'apertura, è arrivata a guadagnare l'1%, ma poi è precipitata in terreno negativo come Parigi e Francoforte. Del resto gli investitori sono nervosi mentre attendono importanti dati macroeconomici europei quali gli indici Pmi e l'indice tedesco Zew. In serata si riunira' inoltre il Fomc, il consiglio direttivo della Federal Reserve, mentre nella notte la Banca centrale russa ha optato per un rialzo del costo del denaro. Il quadro e' reso ancora piu' complicato sia dalla debolezza del greggio, sia dall'attesa per l'esito delle elezioni presidenziali greche, il cui primo round in Parlamento è fissato domani.
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