ECONOMIA
Le incognite
Quantitative Easing, dal credito alle elezioni in Grecia i punti interrogativi della manovra Bce
Oltre mille milardi di euro in arrivo nell'eurozona, 125 solo in Italia. Negli Usa la mossa ha funzionato ma l'Europa non è una realtà economica differente
Il Quantitative easing, questo il nome tecnico del piano di acquisti di titoli di stato per 60mld al mese varato da Francoforte, si pone come obiettivo l’allontanamento dello spettro deflazione (da statuto la Bce deve far sì che l’inflazione nell’eurozona sia vicina ma non superi il 2%) e con questo punta a dare nuova linfa all’economia dell’eurozona ancora non uscita dalla crisi.
Un piano che farà arrivare oltre mille miliardi di euro “liquidi” nell’eurozona, e proprio qui la prima e più pesante criticità del QE: come e quanto riuscirà questo fiume di denaro a passare dalle banche al mercato, e cioè alle famiglie e le imprese? In Italia dovrebbero arrivare circa 125 miliardi, soldi che arriveranno certamente nelle casse degli istituti di credito che, a loro volta, avendo le casse piene dovrebbero pomparli nel mercato sotto forma di mutui e prestiti meno cari e più facilmente ottenibili. Semplificando cioè l’accesso al credito. Già in passato però, misure che puntavano nella stessa direzione, seppur mai di dimensioni come quelle di oggi, hanno fallito o non ottenuto i risultati sperati. Ad esempio, anche con un costo del denaro bassissimo, le banche italiane si sono sinora dimostrate restie ad allentare i loro lacci al credito.
Seconda criticità e corollario della prima è quella insita nelle differenze tra l’economia europea e quella americana. Il QE è infatti uno strumento già utilizzato, con successo, dalla Fed, la banca centrale americana. Oltreoceano però, a differenza che in Europa, una buona fetta del finanziamento delle imprese arriva dall’emissione di bond. Ragion per cui il denaro pompato dalla banca centrale americana è arrivato in modo relativamente semplice e veloce a queste. In Europa però, e ancor più in Italia, il finanziamento passa per oltre il 90% dalle banche e solo in minima parte attraverso i bond.
Per raggiungere poi l’obiettivo statutario del contenimento dell’inflazione in una zona compresa tra l’1 ed il 2%, devono all’interno dell’eurozona riprendere con forza i consumi e deve, ancora una volta, il denaro messo in circolo da Francoforte arrivare a chi ha capacità di spesa.
Altro e più tecnico punto dolente del QE è la ripartizione del rischio dell’acquisto dei titoli. Per questioni politiche e non economiche, e cioè per accontentare la Germania fortemente contraria alla condivisione del rischio, si è deciso che l’80% dei titoli, con relativo rischio appunto, venisse preso in carico dalla diverse banche centrali mentre solo il 20% di questo rimarrà alla Bce. Facendo l’esempio dell’Italia, dei 125mld di titoli che verranno acquistati, circa 100 saranno acquistati da Bankitalia e solo i restanti dalla Bce. Una decisione dalle conseguenze controverse. Secondo alcuni non rappresenta questo un rischio reale perché l’ipotesi che un paese dell’eurozona faccia default (e quindi non sia più in grado di onorare il debito) è un’ipotesi meramente scolastica. Secondo altre analisi invece questo potrebbe incidere sul clima di fiducia che la mossa Bce punta a creare (e che è insieme presupposto ed obiettivo del QE), vanificandolo almeno in parte.
Infine, le elezioni in programma in Grecia questo fine settimana. Un’incognita questa che pesa non solo sulla decisione presa ieri da Francoforte ma sugli equilibri europei in generale. Secondo i sondaggi che arrivano da Atene è infatti dato per probabile vincitore quello Tsipras che da sempre si oppone alle decisioni della Troika e soprattutto alla visione economica che questa rappresenta.