MONDO
Siria: Trump scarica i curdi, ma è polemica negli Usa
A provocare la correzione di rotta è stata la reazione sorpresa del Pentagono e negativa degli stessi repubblicani che, in massa, hanno definito la decisione di Trump un "grave errore", una mossa "disastrosa", perché abbandona gli alleati che combattevano contro la jihad islamica. Il primo a manifestare preoccupazione è stato il senatore conservatore Lindsey Graham, fedelissimo di Trump e compagno di golf.
Parlando a Fox News, il senatore ha commentato: "Se non avessi visto il nome di Trump sul tweet, avrei pensato che fosse la motivazione usata da Obama per giustificare l'abbandono dell'Iraq". "E' una grande vittoria per Iran e Assad, e per l'Isis - ha aggiunto il senatore - è una decisione miope e irresponsabile. Farò tutto ciò in mio potere per sanzionare la Turchia se faranno anche un solo passo per attaccare i curdi. Io sono pronto a tagliare le relazioni con la Turchia. Credo che gran parte del Congresso la pensi allo stesso modo". Graham ha minacciato sanzioni bipartisan e la richiesta di sospensione dalla Nato nei confronti del governo di Ankara. Se la repubblicana alla Camera, Liz Cheley, ha definito il ritiro un "errore catastrofico" e il senatore Marco Rubio un "grave errore con implicazioni che vanno oltre la Siria", il senatore Mitt Romney ha bollato l'annuncio di Trump come "tradimento". "E' come dire - aggiunge - che l'America non è un alleato affidabile, favorisce il risorgere dell'Isis e preannuncia un altro disastro umanitario". Sull'onda delle dure e compatte reazioni, il presidente ha corretto la propria posizione, minacciando Ankara: "Se la Turchia farà qualcosa che, nella mia grande e impareggiabile saggezza, considererò oltre il limite, distruggerò completamente l'economia turca (l'ho già fatto!)".
Un funzionario del Dipartimento della Difesa ha fatto notare che il tweet del presidente ha rimosso qualsiasi ambiguità sul fatto che Trump avesse appoggiato un attacco turco contro i curdi: il Pentagono ha puntualizzato che non appoggerà un'invasione militare turca in Siria; e che non si tratterà di un "ritiro generalizzato", ma solo lo spostamento di alcuni uomini e da una zona limitata dell'area. "Di fatto - ha precisato un ufficiale americano - la nostra posizione nel nord-est siriano non cambia".
Il segretario alla Difesa Mark Esper e il campo delle forze armate congiunte Mark Milley, ha aggiunto un portavoce, ritengono che "azioni unilaterali creeranno un rischio per la Turchia". La preoccupazione è che, se chiamati a doversi difendere dagli attacchi, i curdi abbandoneranno il controllo delle carceri dove sono rinchiusi diecimila "fighters" islamici, di fatto mettendoli in condizione di scappare. Nonostante la parziale correzione, Trump è deciso a portare avanti il piano di rientro a casa dei soldati, in nome di un "prima i confini americani" che piace ai suoi sostenitori. Nei confronti dei curdi, storici alleati nella lotta alla jihad islamica, Trump ha mostrato poca simpatia. In un tweet ha scritto: "Hanno combattuto per noi ma è anche vero che sono stati pagati per fare questo". Il messaggio è rivolto soprattutto agli alleati, a cominciare da quelli europei: Washington vuole chiudere i cordoni della borsa. "Dovevamo restare in Siria solo trenta giorni e siamo lì da anni. Tenere in carcere migliaia di terroristi ci sta costando troppo, è un problema che devono risolvere adesso gli alleati".
Non è il primo strappo in Medio Oriente compiuto dalla Casa Bianca. Quando in inverno Trump aveva annunciato il ritiro americano dalla Siria, si era dimesso il segretario alla Difesa Jim Mattis, seguito subito dopo da Brett McGurk, inviato speciale nella lotta allo 'Stato Islamico'. "Quando sono diventato presidente - ha spiegato stavolta Trump - il terrorismo islamico era in ascesa. Con me è stato debellato completamente". Ma è su questo punto che divergono repubblicani, democratici, parti dell'amministrazione e gli alleati. Il timore è che l'uscita americana potrebbe rendere vani anni di lotta al terrorismo nell'area.
Primi attacchi turchi in serata
Intanto, in serata, l'artiglieria di Ankara ha iniziato a bombardare obiettivi delle milizie curde ad al-Malikiyah, località siriana situata nella provincia nordorientale di Hasakah, a ridosso del confine turco. Lo hanno riferito fonti locali citate dal sito del quotidiano 'Sabah', secondo le quali nel mirino dell'artiglieria sono finiti "elementi" delle Unità di Protezione del Popolo (Ypg) curdo - che Ankara considera un'organizzazione terroristica - alle porte di al-Malikiyah.