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POLITICA

Unioni Civili, ddl rinviato a mercoledì prossimo. Cirinnà: "Sono amareggiata"

L'esame del disegno di legge sulle unioni civili slitta a mercoledì prossimo dopo il voto sul decreto milleproroghe. Il rinvio è stato chiesto dal capogruppo del Pd Zanda dopo lo "strappo" del M5S che ha detto no all'emendamento Marcucci

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Parte dalla ricomposizione delle tessere del puzzle-Pd l'approvazione della legge sulle unioni civili. Anche per questo Matteo Renzi, dopo il forfait grillino di ieri, ha chiesto di fermare i giochi, di prendersi qualche giorno di riflessione fino all'assemblea di domenica per capire la strategia migliore da seguire. Partendo da un punto fermo, ammette Deborah Serracchiani: il Pd non ha i numeri per approvare da solo la legge. E, scherza qualche renziano, stavolta la "renzata", la trovata del segretario Pd per uscire dall'impasse, non c'è.   
Nel partito di maggioranza relativa si è scatenata una conflittualità feroce tra le varie correnti, a partire da quelle che sostengono il segretario-premier Matteo Renzi, dal quale ci si attende una parola dirimente. Oggi nel gruppo Dem è stata presa la decisione di andare avanti con il ddl Cirinnà, con l'obiettivo di approvare la legge e far sciogliere dall'aula il nodo dell'articolo 5 sulle adozioni. Quello su cui il premier non transige è di dare all'Italia i diritti alle coppie di fatto, la "vera rivoluzione", a suo avviso, del ddl Cirinnà. E per arrivare all'obiettivo ogni schema al momento è in piedi: sia un patto di maggioranza con i centristi di Alfano per approvare il canguro, magari in due parti, sia un nuovo tentativo di dialogo con M5s, via alla quale ormai credono in pochi. Quanto alla stepchild adoption, lo stralcio è ipotizzabile solo dopo che l'Aula, a scrutinio segreto, l'avrà bocciata. "Noi ci proviamo - è la tesi al vertice dem - vediamo nel voto chi dimostrerà di voler rendere il paese più moderno".   
Il capogruppo Dem in Senato, Luigi Zanda, ha riunito il suo ufficio di presidenza che ha preso una decisione importante: no allo stralcio dell'articolo 5, come pure ha nuovamente chiesto Ap che, con Renato Schifani e Angelino Alfano. Uno scenario poco praticabile per il Pd: infatti sia i "giovani turchi" di Andrea Orlando e Matteo Orfini, che le minoranze (i senatori bersaniani e di ReteDem, nonché Roberto Speranza), hanno insistito perché sia votato il ddl Cirinnà così come è. Cosa che invece non piace ai cattoDem e ad alcuni senatori laici contrari alla stepchild adoption. La soluzione è allora quella di far tagliare questo nodo di Gordio all'Aula del Senato, attraverso il voto sugli emendamenti all'articolo 5: il ricompattamento dei partiti di governo avverrebbe in quella sede e non prima con lo stralcio. Ed è quello che presumibilmente dirà Renzi domenica: avanti con una legge sui diritti delle coppie gay, con l'Aula arbitra sulle adozioni.   
Ma c'è anche un rebus prettamente procedurale, che dovrà risolvere Zanda, sebbene in campo sia scesa ora anche il ministro Maria Elena Boschi: si tratta dell'emendamento canguro di Andrea Marcucci. Esso serviva a far decadere svariate decine dei 500 emendamenti della Lega ancora in campo, molti dei quali a loro volta mini-canguri e da votare con scrutinio segreto. Tuttavia esso farebbe decadere anche gli emendamenti all'articolo 5: di qui il "no" dei cattoDem che su questo hanno propri emendamenti. Un'ipotesi esaminata è far votare per parti separate il canguro-Marcucci: prima quella sul solo articolo 5, che potrebbe essere bocciata così da tenere in vita gli emendamenti sulla stepchild adoption; e poi la restante parte, che se approvata falcidierebbe gli emendamenti della Lega. Su questo i cattoDem ci stanno e si sta valutando se questo sia sufficiente, visto che su M5s nessuno vuole più contare.  
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