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MONDO

Bomba a Istanbul. La Turchia si scopre vulnerabile

L'ombrello russo sulla Siria settentrionale toglie ad Erdogan qualsiasi libertà di movimento oltre confine. Ormai la Siria del nord è una regione autonoma Curda che taglia fuori le zone controllate dall'Isis dalla frontiera turca. Non è più possibile per Erdogan tenere un atteggiamento ambiguo nei confronti dell'Isis. Al presidente turco resta mano libera solo sul fronte interno

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di Zouhir Louassini A caldo, nella sua prima apparazione pubblica nelle prime ore dopo l’attentato che ha colpito Istanbul,  Erdogan ha mandato un messaggio chiaro: “La Turchia è sempre Il primo obiettivo del terrorismo perché noi non facciamo distinzioni tra gruppi terroristici ", traduzione: “ancora non sappiamo chi è il responsabile ma per noi è la stessa cosa”. E se è vero che la pista più probabile è quella Jihadista che viene dalal Siria, precisa il presidente, è pur vero che lo stato turco non può tollerare alcuna forma di terrorismo, facendo espresso riferimento al conflitto che divampa nel Kurdistan turco. Un discorso per l'audience interna poco convincente per chi vuole capire meglio la situazione, ogni giorno più complessa, nell’area mediorientale. L'attentatore probabilmente viene dalla Siria, dice Erdogan,  ma non è la stessa cosa un attentato compiuto dall’Isis, che uno realizzato da gruppi curdi come il PKK, per esempio. L’interpretazione è completamente diversa.  La reazione turca darà elementi per capire se Ankara ha ancora un ruolo decisivo da giocare nell’area o ha perso colpi da quando ha abbattuto un aereo russo alla fine di novembre scorso.

Il presidente turco aveva dichiarato tante volte che cambiare “la geografia” al sud del suo paese sarebbe stata una "linea rossa", un evento che non può essere accettato né tollerato. I fatti, però, dicono che nel Rojava, il nome curdo del nord della Siria, si è costituita una regione de facto indipendente in cui operano in piena autonomia milizie curde. Questo è dovuto, anche, all’incapacità turca di intervenire per timore della reazione russa.

In una intervista al giornale tedesco Bild (12-01-2016), Putin ha spiegato la posizione russa con parole che Erdogan ha capito sicuramente: “la Turchia è un membro della NATO. Ma i problemi che sono sorti (tra Mosca ed Ankara) non sono legati all'adesione della Turchia alla NATO, nessuno ha attaccato Ankara". Ossia, ai Turchi, non è più permesso intervenire sul territorio siriano, che si trova ormai sotto la protezione russa. Ed è questa la vera novità. Il risultato è che il presidente turco non ha altra scelta che quella di rivedere le sue minacce che, fuori della Turchia, nessuno prende sul serio. Molti osservatori hanno concluso che il 2015 è stato un anno molto difficile per Ankara. Il 2016 inizia male. L’attentato di Istanbul scopre debolezze nella sicurezza difficilmente immaginabili pochi anni fa. L’ambiguità turca, per non dire altro, in relazione alla lotta contro l’Isis non ha pagato se l’attentato è attribuito all’organizzazione terroristica. 

Ma se a livello internazionale il campo da gioco si è fatto estremamente difficile per Erdogan, internamente la cosa è molto più semplice per lui: è il momento di chiarire le posizioni. In questo senso il presidente turco non ha risparmiato accuse a intellettuali, scrittori e accademici, colpevoli di criticare l'operato del suo governo. "Queste persone devono scegliere se stare dalla mia parte o dalla parte dei terroristi". Anche questa può essere una chiave per capire dove sta andando la Turchia.
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