MONDO
Arrestato per appropriazione indebita
La parabola discendente di Bannon: da stratega di Trump a "sovranista globale"
E' proprio ad una domanda sul nuovo presidente - a suo dire visto come "il buco nero più nero da media e benpensanti" - che rispondeva l'oggi sessantaseienne Stephen Kevin Bannon in quell'intervista all'Hollywood Reporter, anche se non mancò chi insinuava che in effetti parlava di se stesso. Rasputin (o Richelieu, dipende dai punti di vista) all'americana, suggeritore dei potenti, ma anche giornalista, politologo, produttore cinematografico, ex banchiere d'investimento, direttore esecutivo del sito più amato della destra americana, Breitbart News, figura di riferimento dell''alt-right', Bannon e' stato anche il vice-presidente di Cambridge Analytica e ha fondato l'associazione internazionale The Movement, il cui intento è quello di esportare il "modello Trump" nel resto del mondo, a cominciare dall'Europa, modalità mediatiche e strategie comprese.
Talmente ingombrante da dover lasciare la Casa Bianca il 18 agosto 2017: eppure era stato lui la "master mind" del successo elettorale dell'ex tycoon, portando in dote i voti decisivi della 'pancia' degli Stati Uniti, i bianchi arrabbiati e impoveriti delusi da Obama, furibondi con il cosiddetto establishment, sensibili ai richiami del nazionalismo bianco e dell'ultraconservatorismo spruzzato di religione, star & stripes, comprensivo di protezionismo estremo e, secondo taluni, di elementi antisemiti.
Per anni Bannon è stato l'uomo che dalla piattaforma di Breitbart News - celebre per titoli che si pongono con precisione millimetrica contro il politicamente corretto, tipo "La pillola rende le donne brutte e ripugnanti" - ha soffiato sul fuoco dei movimenti più estremi nel panorama politico americano: un crescendo che ha avuto la sua apoteosi nella campagna contro Hillary Clinton, cavalcando i 'rumors' sulla salute dell'ex segretaria di Stato, mentre il suo braccio, Huma Abedin, veniva accusato di essere nientemeno che una spia al soldo dei sauditi.
Un progetto che non è terminato con il suo addio allo Studio Ovale: con The Movement, l'uomo nato in Virginia in una famiglia di origini irlandesi e cattoliche ha pensato di costruire "l'infrastruttura, a livello globale, del movimento populista". E così si è mosso per sostenere più o meno tutti i principali movimenti di destra e populisti europei come il Rassemblement National francese, l'Afd tedesca, l'Fpoe austriaca, il Partito per la Libertà olandese, gli spagnoli di Vox, i Democratici svedesi, e in Italia la Lega e i Fratelli d'Italia. L'idea di Bannon e' di intercettare il sommovimento nazional-populista mondiale, in una sorta di rete globale che in teoria dovrebbe arrivare fino al Brasile di Bolsonaro, alla Russia di Putin e alla Turchia di Erdogan.
Un attivismo inesausto, quello del suo "Movement" transnazionale: non sorprende che nei giorni delle ultime elezioni in Italia, Bannon si trovasse a Roma. "L'Italia è il cuore pulsante della politica moderna" e "se funziona qui, può funzionare dappertutto", disse benedicendo l'alleanza 5Stelle-Lega. Grande attenzione gli era stata rivolta anche da Fratelli d'Italia, che non mancò di invitarlo alla kermesse di Atreju. Un interesse per il Bel Paese talmente marcato da indurlo a cercare di trasformare la Certosa di Trisulti, presso Frosinone, nella sua scuola per il sovranismo internazionale.
Nondimeno, è la sua regia nella deflagrazione del fenomeno Trump ad assicurargli un posto nella storia. La sua influenza sulla presidenza si è sentita, secondo la stampa americana, perché è lui, insieme a Stephen Miller, ad aver prodotto il poderoso piano d'azione del trumpismo e le linee-guida dell'"America first", dagli attacchi all'Obamacare alla lotta all'immigraziome, fino al suo impegno per la costruzione del Muro messicano.
Un'impronta che si è vista fin dal primo giorno dall'arrivo del presidente Usa a Pennsylvania Avenue: insieme a Miller è stato l'autore del discorso inaugurale di Donald, nonché dell'appello a fermare l'"America carnage", il 'massacro dell'America'.
Dentro e fuori i confini degli Usa, di certo il ruolo dell'eminenza grigia in salsa populista l'ha interpretato alla perfezione: poche apparizioni in televisione, i salotti di Washington e delle altre capitali scientificamente snobbati, gli abiti trasandati e la parlata ruvida, ma efficacissimo "sussurratore" dei potenti. "Forza oscura", l'hanno chiamato i giornali americani, ma anche il "bullo machiavellico" e, come detto, il "Darth Vader" della stagione trumpiana: eppure, per quanto cavalchi il populismo estremo, Bannon è tutt'altro che un ignorante.
Laureato al Virginia Tech, dopo una parentesi nella Marina Militare Usa si specializza in Economia ad Harvard. Poi approda alla Goldman Sachs in veste di dirigente. Lasciata la finanza, alla guida di Breitbart ha avuto modo di dichiarare i giornalisti "tra le persone più disoneste sulla Terra", mentre i media, che rappresentano "il vero partito di opposizione", dovrebbero "chiudere la bocca".