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MONDO

Brexit, il sindaco di Londra Boris Johnson sfida Cameron: "Farò campagna per il 'no' alla Ue"

Si allarga il fronte anti-Ue in Gran Bretagna. Il sindaco di Londra e deputato conservatore Boris Johnson dichiara in una conferenza stampa che farà campagna per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea. Anche il candidato Tory alla successione di Johnson, Zac Goldsmith, ha annunciato che farà parte dello schieramento in favore dell'uscita.

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Il sindaco di Londra e deputato conservatore Boris Johnson sfida apertamente Cameron e dichiara in una conferenza stampa che farà campagna per l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea nel referendum del 23 giugno. Per il primo cittadino nel progetto europeo c'è "il pericolo reale di perdita di controllo democratico" e sovranità da parte del Regno Unito.

Ma il gesto viene letto come l'apertura di una sfida politica all'interno del partito conservatore. Cameron e Johnson si conoscono dai tempi di Oxford, quelli del club Bullingdon, ma ora il sindaco uscente di Londra ha pugnalato alla chiena il premier. L'occasione gli è stata fornita proprio dal referendum sulla Brexit.

In realtà il duello per la successione a Cameron, prima alla guida dei conservatori e quindi del governo, era stata solo rinviata dall'inatteso buon risultato dei conservatori alle ultime elezioni dove hanno riconquistato la maggioranza assoluta. Johnson, ex direttore dello Spectator, in grado di conversare in Latino, brillante oltre che colto, rientrò in quell'occasione ai Comuni ma masticando amaro. Una sconfitta dei conservatori o anche solo l'essere costretti ad un nuovo governo di colazione gli avrebbe consentito di partire lancia inresta per infilzare già lo scorso maggio Cameron. Ques'ultimo ha fatto sapere che non si presenterà per un terzo mandato ma ha una sorta di 'gentleman agreement' con l'altro sodale oxoniense, il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne. 

Johnson, ultimo deputato conservatore a non aver ancora annunciato la sua posizione e che da stamane era 'braccato' dai giornalisti britannici, ha precisato tuttavia che non parteciperà a dibattiti televisivi contro il suo partito. "Voglio un accordo migliore perché la gente di questo Paese risparmi denaro e riacquisti controllo", ha detto. 

Nel suo intervento Johnson ha sottolineato che non è contrario a quello che l'Europa rappresenta, ai suoi principi o alla sua cultura, ma all'eccessiva influenza esercitata dalle istituzioni europee sulla sovranità britannica.
"C'è troppo attivismo giudiziario, troppe leggi che arrivano dall'Ue", ha dichiarato. Ha definito la sua decisione come "disperatamente difficile", aggiungendo che "l'ultima cosa che volevo era andare contro David Cameron e il governo". Ha infine respinto le voci secondo cui il sostegno alla campagna del 'no' sarebbe un passo decisivo verso la sfida alla leadership del partito. "Qualsiasi cosa accada alla fine di questo - e l'ho detto al primo ministro - Cameron deve rimanere al suo posto". 

Il premier britannico David Cameron stamane aveva  lanciato un appello al sindaco di Londra chiedendogli di esprimersi in favore della permanenza del Regno Unito nell'Ue. "Vorrei dire a Boris ciò che sto dicendo a tutti gli altri, che nell'Ue saremo più sicuri, più forti", aveva spiegato Cameron. "Penso che la prospettiva di legarci a Nigel Farage e a George Galloway, e di fare un salto nel buio, è un passo sbagliato per il nostro Paese", aveva aggiunto. 

Johnson ha riconosciuto a Cameron l'onore delle armi: il premier ha agito "incredibilmente bene " nella trattativa con l'Ue ma "non penso che qualcuno possa realisticamente sostenere che questo (risltato sullo 'status speciale' portato a casa da Cameron) sia una fondamentale riforma dell'Ue o della relazione della Gran Bretagna con l'Ue".

Johnson può già contare su 5 ministri del governo Cameron ed il capogruppo ai Comuni (che a Londra ha rango di ministro) e soprattutto sull'euroscetticismo della maggioranza dei sudditi di Sua Maestà (conservatori o addirittura degli eurofobici dell'Ukip) che hanno un odio istintivo per Bruxelles.

Cameron, da parte sua, dovrà riuscire a convincere i britannici di essere riuscito a strappare ai Ventotto tutto l'ottenibile come riuscì a fare la rimpianta tra i Tory, Margareth Thatcher. La Iron Lady nel giugno del 1984 al summit di Fointainebleau con il celebre "I want my money back" (voglio indietro i miei soldi) ottenne un restituzione di parte (rebate) dei fondi di Londra per l'allora Cee.
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