MONDO
L'Onu stima che ci siano 6000 persone in viaggio
Migranti, Malesia e Indonesia scelgono i respingimenti. Alla deriva barcone con 500 persone
Sarebbero bengalesi e Rohingya, in balia delle onde al largo dell'isola Penang. Ieri, un barcone con 350 persone a bordo era stato segnalato da un attivista. Nelle scorse ore l'Indonesia ha respinto 400 profughi
Oggi, un nuovo barcone con a bordo circa 500 migranti, probabilmente bengalesi e Rohingya provenienti dalla Birmania, è stato individuato al largo dell'isola malese di Penang, nello stretto di Malacca, non lontano dal confine con la Thailandia. Il barcone è sovraccarico e le persone a bordo appaiono disperate, ha riferito all'Associated Press un funzionario, che ha chiesto di rimanere anonimo, aggiungendo che le autorità stanno decidendo il da farsi.
Già ieri, l'attivista Chris Lewa, responsabile dell'Arakan Project e da anni impegnato nel monitoraggio degli abusi nei confronti della minoranza rohingya, aveva lanciato un grido d'allarme segnalando la presenza di un'imbarcazione alla deriva, al largo di Langkawi, con 350 persone senza acqua nè cibo da almeno tre giorni. "Hanno chiesto di essere salvati urgentemente", aveva denunciato.
La reazione di Malesia e Indonesia
L'isola di Langkawi non è nuova a questi flussi migratori. Si calcola che negli ultimi due giorni siano sbarcate sulle coste malesi circa 1000 migranti, mentre altri 1000 sono arrivati in Indonesia: l'Indonesia ne ha però accolti solo 600, respingendo in mare gli altri 400 (secondo le autorità di Giacarta anche per loro scelta) dopo averli riforniti di provviste. Il battello, ha spiegato il portavoce della Marina di Giacarta "è stato trainato fuori dal territorio indonesiano. Abbiamo dato loro carburante e abbiamo chiesto loro di procedere. Non li abbiamo obbligati a proseguire verso la Malesia o l'Australia. Questo non e' affar nostro. Noi dobbiamo invece impedire che entrino in Indonesia perche' non e' la loro destinazione finale".
Ma anche la Marina malese ha fatto sapere di non essere più disposta ad accogliere i barconi, "a meno che non stiano affondando". E per affrontare il fenomeno migranti, che tutti i Paesi dell'area faticano a contenere, la Thailandia ha deciso di convocare un summit di emergenza.
Nel frattempo, è probabile che gli sbarchi continuino nei prossimi giorni, anche per via delle stagione secca favorevole. Secondo le stime dell'Onu oltre 6000 Rohingya sono al momento in viaggio dalla Brimania, dove oltre 120 mila di essi sono costretti da tre anni nei campi di sfollati, sorti dopo le discriminazioni ad opera della maggioranza buddista. Gli uomini e le donne della minoranza Rohingya sono definiti con disprezzo dei "bengalesi musulmani" e per questo vengono perseguitati. Spesso, nella fuga, vengono fatti prigionieri in Thailandia per poi essere imbarcati verso la Malesia. Proprio la Thailandia è accusata di complicità ad alto livello con i trafficanti. Per i Paesi dell'area si tratta di un'emergenza difficile da gestire anche perché, in mancanza di regole sovranazionali, nessuno intende farsi carico da solo di una minoranza disperata.
Dal 2012, si sono imbarcati circa centomila Rohingya e resta ignoto il numero dei naufragi.