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ECONOMIA

Si rischia una valanga di ricorsi anche al di la del perimetro delle 4 banche

Le responsabilità della Consob e quelle dei banchieri. Obbligazioni subordinate: serve chiarezza

Il risparmio delle famiglie è stata una risorsa fondamentale per un sistema bancario che aveva bisogno di ricapitalizzarsi nelle more della crisi e in risposta ai sempre più stringenti requisiti di capitale, ora però, il dubbio che vi sia stata scarsa trasparenza nei collocamenti rischia di rivoltarsi contro chi vi ha fatto ricorso in modo men che corretto. Sono sempre di più i casi di abuso che emergono dalle cronache, non solo nelle 4 banche, salvate dal decreto del 22 novembre

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di Luca Gaballo Il  24 marzo 2015 l’ESMA, l’autorità europea di tutela del risparmio invia la seguente raccomandazione:
“il detentore di una obbligazione subordinata si trova in una posizione meno favorevole rispetto al detentore di una obbligazione ordinaria, da momento che il rimborso è subordinato, appunto, al rimborso prioritario di altri debiti. Questa posizione meno favorevole è difficile da valutare per l’investitore medio retail. Il prospetto e/o la documentazione legale di questi titoli è difficile da comprendere. Per questo tali titoli dovrebbero (should) essere considerati complessi.”

Un passaggio che fa capire chiaramente cosa c’è dietro le parole del commissario europeo al mercato finanziario Jonathan Hill secondo cui in Italia sono stati venduti “prodotti finanziari inadeguati a persone forse ignare”.

La raccomandazione dell’ESMA si riferisce alle obbligazioni subordinate in genere, a tutte e non solo a quei titoli divenuti carta straccia nella risoluzione delle 4 banche Carichieti, Cariferrara, Banca Marche e Banca Etruria, del resto ancora un anno prima l’ESMA inseriva questo tipo di titoli nello stesso elenco di prodotti complessi in cui si trovano i derivati, difficili da comprendere, difficili da prezzare, difficili da collocare in uno scenario di rischio e, per questo, meritevoli di estrema attenzione quando vengono collocati presso i piccoli risparmiatori.

Per la Consob italiana le obbligazioni subordinate sono invece classificate  come “prodotti semplici”, l’Autorità lo ha scritto in una serie di comunicazioni e lo ha ribadito recentemente, in una Comunicazione del 5 giugno scorso in cui, prendendo atto dell’avvertimento dell’Esma si limita ad un appello alla buona volontà degli operatori che dovranno comunque “prestare la massima attenzione alle fasi di distribuzione delle obbligazioni subordinate nei confronti della clientela al dettaglio
E’ vero che complessità e rischio non sono la stessa cosa, di fatto, però, la direttiva europea prevede per i “prodotti semplici” una valutazione di rischio basso, in altre parole, l’intermediario, che in Italia coincide spesso con chi emette il titolo, cioè la banca, nel piazzare il titolo non ha altri obblighi che quelli dettati dalla deontologia e dalla coscienza.  

Nonostante la classificazione come prodotti semplici,  dal  2009 con una comunicazione sui prodotti illiquidi la Consob faceva inserire in una scheda prodotto di una paginetta le probabilità che questi prodotti potessero perdere e quanto potessero perdere, ma anche questi “scenari probabilistici” sono stati eliminati a partire dal 2011.

Grazie anche a questo “via libera” della Consob le banche italiane hanno collocato grandi quantità di questo tipo di titoli, subordinati appunto, anche presso le famiglie. Secondo l’ultima rilevazione della Banca d’Italia ci sono nel paese circa  65 miliardi di obbligazioni subordinate. 35 miliardi sommano le emissioni di Intesa, Unicredit e Ubi, le banche più solide in Italia, quelle che, infatti, hanno anticipato i soldi necessari alla risoluzione delle 4 banche che in questi giorni sono all’onore delle cronache; sul resto è lecito interrogarsi.
Molti titoli sono stati emessi da piccole banche, presso clienti che si trovano sul territorio, spesso famiglie non pienamente consapevoli del rischio e che non hanno adottato efficenti strategie di diversificazione. Molti hanno i loro depositi nella stessa banca di cui hanno  acquistato le obbligazioni subordinate. Un terzo di questi titoli sono illiquidi, non possono cioè essere venduti, anche scontando una perdita.

Le due banche venete in difficoltà, secondo dati consultique citati dall’Ansa, la banca popolare di Vicenza e Veneto Banca, hanno emesso rispettivamente subordinate per 1 miliardo e 200 milioni e per 440 milioni. L’ordine di grandezza è doppio rispetto al capitale andato in fumo con le 4 banche Etruria, Marche Cariferrara e Carichieti.
 
Il risparmio delle famiglie è stata una risorsa fondamentale per un sistema bancario che aveva bisogno di ricapitalizzarsi nelle more della crisi e in risposta ai sempre più stringenti requisiti di capitale, ora però, il dubbio che vi sia stata scarsa trasparenza nei collocamenti rischia di rivoltarsi contro chi vi ha fatto ricorso in modo men che corretto. 

Dopo consultazioni con la Commissione europea il governo italiano sta per insediare una corte arbitrale che valuterà, caso per caso, se vi siano stati abusi nel collocamento effettuato dalle 4 banche,  e, se del caso, disporrà il rimborso dei danneggiati. Neppure un euro di denaro pubblico verrà speso, lo stato anticiperà i soldi, è vero, ma poi si rivarrà su chi ha commesso l’abuso, in questo caso, sulle  4 good bank emerse dal salvataggio.

Il rischio è che la tempesta di questi giorni sia solo l’inizio di un uragano di più vaste proporzioni, dato anche l’orientamento reso esplicito dalla Commissione europea. Se verranno riconosciuti abusi nel caso delle 4 banche, errore di profilatura, eccessiva esposizione di portafoglio, rischi non comunicati chiaramente, rendimenti offerti non commisurati al rischio,  come si potrà impedire a investitori al dettaglio che hanno acquistato titoli di altre banche, non necessariamente sull’orlo del fallimento, ma che si trovino nella stessa condizione di ricorrere all’arbitro e chiedere un rimborso?

Non si può certo fare di tutt’erba un fascio ma alcuni esempi sono eclatanti. Come ricorda Lorenzo Dilena sul blog Stati generali l’obbligazione subordinata Carichieti 2013/2018 offriva un rendimento superiore di appena lo 0,5% rispetto ai BTP emessi in quel periodo. E’ paradossale vista l’enorme differenza di rischiosità tra i due titoli. Ancor più paradossale appare una obbligazione subordinata emessa da Banca Sella  il 30 dicembre 2011, in piena psicosi da spread, come scrive Morya Longo sul sole 24 ore, che addirittura rendeva uno 0,8% in meno rispetto al BTP.

Di fronte a rendimenti così bassi è evidente che il consumatore  non aveva alcun motivo di sospettare che gli venisse offerto un titolo ad alto rischio come, per definizione, in Europa, le obbligazioni subordinate sono considerate.

A questo punto è urgente che le autorità di vigilanza dicano al paese quante obbligazioni subordinate si trovano in mano ad investitori retail, per quante si possono riscontrare errori di profilatura, eccessiva esposizione di portafoglio, rischi non comunicati chiaramente, rendimenti offerti non commisurati al rischio. Per quante in definitiva esiste un rischio giuridico di ricorso al costituendo tribunale arbitrale. E’ un tema di trasparenza, di rispetto del consumatore ma anche, a questo punto, un tema di stabilità del sistema, anche in vista del 1 gennaio prossimo quando entrerà pienamente in vigore il meccanismo del bail in.
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