MONDO
Kent Brantley era stato trasferito in Usa il 2 agosto
Ebola, dimesso dall'ospedale il medico americano trattato con il siero sperimentale
Il dottore-missionario era stato contagiato ai primi di agosto dal virus dell'ebola in Liberia. Medici senza frontiere accusa: "La gestione dell'epidemia è un completo disastro, Oms e centri di prevenzione e controllo siano più presenti"
Atlanta (Georgia-Usa)
E' stato dimesso dall'ospedale di Atlanta Kent Brantly, il dottore-missionario americano contagiato ai primi di agosto dal virus dell'ebola in Liberia. Brantly era stato il primo a essere trattato con il siero sperimentale Zmapp. Il medico statunitense era stato trasferito negli Usa il 2 agosto dopo aver ricevuto una prima dose del siero che sembra quindi aver dimostrato la sua efficacia contro il virus. Lo Zmapp era stato testato fino ad allora solo sulle scimmie ma le condizioni disperate di Brantly lo indussero ad accettare il trattamento. Da allora l'uomo è progressivamente migliorato.
Lo stesso siero si era, invece, rivelato inutile per Miguel Pajares, un missionario spagnolo 75enne rimpatriato circa dieci gironi dopo dopo aver contratto il visrus. Lo Zmapp è stato somministrato anche ad una collega di Brantly, l'infermiera Nancy Writebol, ancora in ospedale. Intanto l'organizzazione Medici senza frontiere alza la voce per la gestione dell'epidemia in Africa. Dalle colonne del New York Times, la presidente Joanne Liu, denuncia infatti che si sta assistendo a un vero e proprio disastro organizzativo e che "le agenzie di salute non hanno ancora raggiunto e compreso a pieno il loro scopo. Nessuno - continua il medico - ancora ha una reale misura della vastità di questa crisi".
Medici senza frontiere: "Servono più persone sul campo, Oms e centri di prevenzione e controllo siano più presenti"
"Non c'è una buona raccolta dei dati - continua - nè una sorveglianza sufficiente". Con i suoi due centri di trattamento in ognuno dei tre paesi più colpiti dall'infezione (Guinea, Liberia e Sierra Leone), Medici senza frontiere è l'organizzazione che sta trattando più pazienti di tutti. "L'Organizzazione mondiale della sanità, i Centers for Disease Control and Prevention e gli altri gruppi di aiuto - prosegue Liu - dovrebbero essere maggiormente coinvolti nella prevenzione e sorveglianza, tracciando i contatti delle persone malate. Inoltre servono più persone sul campo".
"In Liberia sistema sanitario collassato"
L'epidemia - aggiunge Liu - ha portato ad una vasta crisi medica. In Liberia, a Monrovia, il sistema sanitario è collassato, dal momento che lavoratori e pazienti fuggono dagli ospedali per paura di Ebola. Il risultato è che "malattie come malaria, polmonite e diarrea - rileva Liu - stanno uccidendo bambini che altrimenti avrebbero potuto essere salvati. Ho saputo dal mio staff che sei donne incinta hanno perso i loro bambini perchè non hanno trovato un reparto di maternità aperto. I miei colleghi sono sopraffatti. In un centro erano in cinque a seguire 100 pazienti". Il numero di volontari, inoltre, si sta esaurendo e anche se i gruppi di Msf lavorano in zone di guerra, come Gaza, Iraq, Siria e Ucraina, l'Africa Occidentale è l'area più difficile per cui trovare personale. "Bisogna imparare a vivere con la paura - conclude Liu - senza contare che il trattamento e gestione dei pazienti con Ebola è molto faticosa. Serve una cura costante".
Lo stesso siero si era, invece, rivelato inutile per Miguel Pajares, un missionario spagnolo 75enne rimpatriato circa dieci gironi dopo dopo aver contratto il visrus. Lo Zmapp è stato somministrato anche ad una collega di Brantly, l'infermiera Nancy Writebol, ancora in ospedale. Intanto l'organizzazione Medici senza frontiere alza la voce per la gestione dell'epidemia in Africa. Dalle colonne del New York Times, la presidente Joanne Liu, denuncia infatti che si sta assistendo a un vero e proprio disastro organizzativo e che "le agenzie di salute non hanno ancora raggiunto e compreso a pieno il loro scopo. Nessuno - continua il medico - ancora ha una reale misura della vastità di questa crisi".
Medici senza frontiere: "Servono più persone sul campo, Oms e centri di prevenzione e controllo siano più presenti"
"Non c'è una buona raccolta dei dati - continua - nè una sorveglianza sufficiente". Con i suoi due centri di trattamento in ognuno dei tre paesi più colpiti dall'infezione (Guinea, Liberia e Sierra Leone), Medici senza frontiere è l'organizzazione che sta trattando più pazienti di tutti. "L'Organizzazione mondiale della sanità, i Centers for Disease Control and Prevention e gli altri gruppi di aiuto - prosegue Liu - dovrebbero essere maggiormente coinvolti nella prevenzione e sorveglianza, tracciando i contatti delle persone malate. Inoltre servono più persone sul campo".
"In Liberia sistema sanitario collassato"
L'epidemia - aggiunge Liu - ha portato ad una vasta crisi medica. In Liberia, a Monrovia, il sistema sanitario è collassato, dal momento che lavoratori e pazienti fuggono dagli ospedali per paura di Ebola. Il risultato è che "malattie come malaria, polmonite e diarrea - rileva Liu - stanno uccidendo bambini che altrimenti avrebbero potuto essere salvati. Ho saputo dal mio staff che sei donne incinta hanno perso i loro bambini perchè non hanno trovato un reparto di maternità aperto. I miei colleghi sono sopraffatti. In un centro erano in cinque a seguire 100 pazienti". Il numero di volontari, inoltre, si sta esaurendo e anche se i gruppi di Msf lavorano in zone di guerra, come Gaza, Iraq, Siria e Ucraina, l'Africa Occidentale è l'area più difficile per cui trovare personale. "Bisogna imparare a vivere con la paura - conclude Liu - senza contare che il trattamento e gestione dei pazienti con Ebola è molto faticosa. Serve una cura costante".