Original qstring:  | /dl/rainews/articoli/facebook-google-terrorismo-parigi-resposnabilita-6fe4a990-4a66-4b05-9d3c-23853bca6610.html | rainews/live/ | true
ECONOMIA

Le aziende hanno grande potere dovrebbero mostrare altrettanta responsabilità

Facebook e il terrorismo. Tra solidarietà e business

Mentre il mondo cerca di comprendere quali saranno le implicazioni e le conseguenze dell’atrocità terrorista di Parigi, una importante storia rischia di passare inosservata nella massa di notizie e analisi: il ruolo sempre più vitale che stanno assumendo le aziende private nella pianificazione e nella risposta all’emergenza

Condividi
Mentre si sviluppava l’ondata di attacchi terroristici sincronizzati, la gente attorno al mondo seguiva in tempo reale gli eventi via twitter, ed i parigini si adoperavano ad offrire rifugio a quelli che si trovavano in balia degli eventi con gli ashtag #PorteOuverte e #OpenDoor. Quelli che invece volevano essere rassicurati sulla sorte di familiari ed amici li cercavano con la nuova funzionalità di Facebook Safety Check. Google ha annunciato che le chiamate da e per la Francia via Google Hangouts sarebbero state gratuite.

I governi attorno al mondo hanno comunicato con i loro cittadini utilizzando le piattaforme social-media: L’ambasciata del Regno Unito in Francia ha twittato le informazioni per i viaggiatori e quella degli Stati Uniti ha postato gli aggiornamenti su Facebook.

Ma non sono state solo le aziende tecnologiche a farsi avanti. Le società di sharing oggi sono di gran moda, ma quando la gente ha avuto bisogno di allontanarsi dalle aree in cui stavano avendo luogo gli attacchi, sono stati i tassisti di Parigi a rispondere all’emergenza, mettendosi gratis a disposizione.

Sempre più peso nelle nostre vite quotidiane – comunicazioni, trasporti, sanità, energia, e molto di più – assumono i servizi forniti dal settore privato e non dal pubblico. Queste aziende sono divenute parte del tessuto delle nostre società. Le emergenze non fanno altro che portare alla luce questo dato di fatto.

Ma un grande potere porta con se grandi responsabilità, e le compagnie continuano a far fatica a capire questo concetto. Hanno la responsabilità di prepararsi alle crisi, disastri naturali e crisi scatenate dall’uomo comprese, con maggiore cura rispetto al passato. Hanno la responsabilità di essere parte della soluzione a tutte le principali sfide nazionali ed internazionali. In breve, hanno la responsabilità di adempiere agli obblighi che scaturiscono dalla nostra dipendenza da loro e dalla fiducia che gli tributiamo, implicitamente o esplicitamente.

La sfida vera è rappresentata dal fatto che questo oggettivo ampliamento delle responsabilità delle aziende arriva in una fase di estrema sfiducia del pubblico nei confronti del settore privato. Ci sono forti preoccupazioni rispetto alla quantità di dati personali che mettiamo a disposizione di Facebook, Google, e altre aziende, consentendo loro di sapere troppo su dove andiamo, quel che facciamo, e chi sono le persone con cui entriamo in contatto. Non sono solo le compagnie tecnologiche. Ci sono anche le aziende da cui dipendiamo per rendere più sicure le nostre automobili, generare l’energia, ed estrarre le materie prime che servono a produrre gli oggetti di cui ogni giorno facciamo uso.

Secondo una ricerca ancora inedita MORI  IPSOS che ho potuto leggere recentemente, quando si tratta di giudicare una azienda, onestà e integrità sono i fattori decisivi. La fiducia dei consumatori viene costantemente erosa da un certo numero di fattori che portano la gente a mettere in dubbio gli stessi strumenti di valutazione. Così, anche se abbiamo sempre più bisogno di loro per fruire di servizi vitali, dai trasporti, alla salute ai piani di evacuazione, di loro ci fidiamo sempre meno.

Non stiamo parlando di reazioni eccessive di fronte a casi sporadici. Al contrario, la gente è giustamente scioccata dal continuo flusso di storie negative, tanto da mettere in dubbio l’opportunità che siano queste compagnie a fornirci tanta parte dei servizi essenziali di cui abbiamo bisogno.

La cosa che da più fastidio è la misura in cui le aziende, tanto inflessibili nel difendere i propri diritti, aggirano deliberatamente la legge — senza curarsi delle conseguenze —quando si tatta di massimizzare i profitti. Il caso Volkswagen continua a sfidare l’incredulità. Come ha potuto una multinazionale incorporare deliberatamente un comportamento criminale nella sua strategia? Le recenti indagini che mirano ad accertare se la Exxon Mobile ha deliberatamente coperto quel che sapeva sui rischi connessi al cambio climatico sono allo stesso modo dannose.

Come al risposta agli attacchi terroristici di Parigi ha dimostrato, le aziende possono fare molto bene se si comportano da cittadini responsabili. Ma in loro c’è qualcosa del Dottor Jeckyll e Mister Hide: le aziende che producono i nostri vestiti a basso costo magari lo fanno in fabbriche malsane. E quelle stesse aziende che hanno aiutato con tanta generosità ed efficacia le vittime degli attentati di Parigi sono le stesse che a volte li tradiscono e nascondono loro informazioni.

Naturalmente, gli attacchi di Parigi debbono essere interpretati, in primo luogo, in termini di geopolitica e sicurezza, ma se ne può trarre una lezione per il business – e per noi altri– allo stesso modo. Staremo tutti meglio quando l’impulso delle aziende a dare il meglio di se nei momenti peggiori diventarà la norma del loro comportamento anche in tempi normali.
Condividi