MONDO
Il piccolo morì il 6 dicembre 2013 in Guinea
Il 'paziente zero' dell'Africa è un bambino di 2 anni
Si tratta del primo caso individuato nel campione di popolazione preso in esame per una indagine epidemiologica. La notizia era stata data dal New York Times lo scorso 9 agosto citando ricercatori impegnati sul campo
New York Times lo scorso 9 agosto citando ricercatori impegnati sul campo.
Secondo la ricostruzione, dopo la morte del bimbo, nel giro di una settimana è morta anche la mamma, poi la sorella di tre anni e la nonna. Tutti con febbre, vomito, diarrea. Al funerale della nonna erano presenti due persone estraneee al nucleo familiare. Una volta tornate a casa, queste hanno portato il virus nel proprio villaggio. Non solo. Un infermiere lo ha portato in un altro, dove è morto. Così anche il suo dottore. Questi casi ne hanno poi generati. Nel momento in cui l'epidemia è stata riconosciuta, a marzo, dozzine di persone erano già morte in otto comunità della Guinea, e altri casi sospetti stavano già emergendo in Liberia e Sierra Leone.
A differenza di molti focolai precedenti, che erano stati spenti in pochi mesi e che si erano verificati in zone localizzate, questa volta il virus si è diffuso in una regione di confine dove le strade sono state migliorate e molte persone sono di transito: la malattia era in espansione prima che i funzionari della sanità sapessero che aveva colpito. Inoltre, questa parte dell'Africa non aveva mai affrontato il virus dell'Ebola. Gli operatori sanitari non avevano né la formazione né l'attrezzatura per evitare di infettare se stessi o altri pazienti. Gli ospedali della regione poi spesso mancano di acqua e guanti, questo li rende un terreno fertile per le epidemie.
E' iniziato tutto alla fine del 2013. Era il 6 dicembre: a Guéckédou, un piccolo villaggio della Guinea al confine con Sierra Leone e Liberia muore un bambino due anni, quello che si ritiene essere il vero 'paziente zero', o meglio il primo malato di Ebola nell'Africa occidentale da quando è scoppiata l'epidemia. Si tratta del primo caso individuato nel campione della popolazione di un'indagine epidemiologica. La notizia era stata data dal
Secondo la ricostruzione, dopo la morte del bimbo, nel giro di una settimana è morta anche la mamma, poi la sorella di tre anni e la nonna. Tutti con febbre, vomito, diarrea. Al funerale della nonna erano presenti due persone estraneee al nucleo familiare. Una volta tornate a casa, queste hanno portato il virus nel proprio villaggio. Non solo. Un infermiere lo ha portato in un altro, dove è morto. Così anche il suo dottore. Questi casi ne hanno poi generati. Nel momento in cui l'epidemia è stata riconosciuta, a marzo, dozzine di persone erano già morte in otto comunità della Guinea, e altri casi sospetti stavano già emergendo in Liberia e Sierra Leone.
A differenza di molti focolai precedenti, che erano stati spenti in pochi mesi e che si erano verificati in zone localizzate, questa volta il virus si è diffuso in una regione di confine dove le strade sono state migliorate e molte persone sono di transito: la malattia era in espansione prima che i funzionari della sanità sapessero che aveva colpito. Inoltre, questa parte dell'Africa non aveva mai affrontato il virus dell'Ebola. Gli operatori sanitari non avevano né la formazione né l'attrezzatura per evitare di infettare se stessi o altri pazienti. Gli ospedali della regione poi spesso mancano di acqua e guanti, questo li rende un terreno fertile per le epidemie.