MONDO
Democrazia oltre la guerra
Afghanistan e Iraq al voto. Elezioni democratiche e rischio terrorismo
Politiche a Baghdad, presidenziali a Kabul: Iraq e Afghanistan al test del voto democratico, tra violenze e attentati
Afghanistan, il dopo Karzai
L'Afghanistan va al voto con i talebani pronti al boicottaggio a mano armata. Il presidente Hamid Karzai conclude nel maggio del 2014 il secondo mandato di cinque anni e non potrà presentarsi una terza volta. In base alla Costituzione afghana le elezioni devono tenersi entro 60 giorni dalla fine del mandato del capo di Stato. Nel 2009, tuttavia, Karzai rinviò le presidenziali di sei mesi, per motivi di sicurezza, e si insediò a novembre sfidando le denunce di brogli nel voto. Questa volta, il risultato delle elezioni sarà annunciato il 14 maggio 2014. Se nessun candidato supererà il 50 per cento dei voti il 22 maggio si terrà un ballottaggio.
I talebani e il boicottaggio del voto
L'attentato di oggi a Kabul è solo l'ultimo di una lunga serie. Secondo l'Onu, nel 2013 8mila persone sono morte in Afghanistan, il 14% in più rispetto al 2012. Con l'avvicinarsi del voto i talebani intensificano i tentativi di sabotaggio. La corsa sembra ristretta tra Abdullah Abdullah e Ashraf Ghani Ahmadzai, rispettivamente secondo e terzo alle elezioni del 2003. Zalmai Rassoul ha invece ricevuto l'endorsement del fratello del presidente uscente Hamid Karzai dal momento in cui ha ritirato la sua candidatura.
La fuga degli osservatori internazionali dall'Afghanistan
Anche per chi controlla la regolarità del voto il rischio è troppo alto. Tre organismi internazionali hanno rinunciato a monitorare le elezioni presidenziali e provinciali in Afghanistan, destando preoccupazione nelle autorità locali e nei responsabili Onu a Kabul. Ci sono stati numerosi attacchi talebani a Kabul e nelle provincie, e un osservatore paraguaiano dell'Istituto nazionale democratico (Ndi) ha perso la vita nell'assalto all'hotel Serena della capitale. Lo stesso Ndi, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) e l'Asian Foundation for Free Election (Anfrel) hanno annunciato l'abbandono del monitoraggio del voto afghano. L'Unione europea invece ci sarà: il capo della missione di monitoraggio dell'Unione europea, Thijs Berman, ha sostenuto che "il meccanismo di sicurezza esistente a protezione degli osservatori europei è tale che ci ha convinti ad andare avanti nel nostro lavoro".
Polveriera Iraq
In Iraq, nelle politiche del 30 aprile, il primo ministro, lo sciita Nuri al-Maliki, è in corsa per il terzo mandato consecutivo. E' anche il favorito, ma sul voto pesano una lunga scia di attentati e le tensioni settarie tra la maggioranza sciita e la minoranza sunnita. Anche dopo l'abbandono da parte delle truppe americane, il paese resta una polveriera. Attentati sempre più frequenti riportano le lancette dell'orologio al 2006, quando in Iraq si scatenò uno scontro senza precedenti tra le milizie affiliate alle due comunità della famiglia musulmana che si contendevano il potere uccidendo decine di migliaia di civili. Baghdad è tappezzata di manifesti dei candidati che si sfidano per uno dei 328 seggi del Parlamento.
I sondaggisti puntano su Maliki
Analisti temono che nessun partito riesca a ottenere la maggioranza assoluta, ma concordano su una nuova affermazione della coalizione capeggiata da Maliki, che un anno fa ha vinto le elezioni provinciali, vero e proprio test per queste politiche. La sfida alla coalizione di Maliki arriva dalla Lista dei Cittadini, un movimento ritenuto vicino all'Iran, e dal partito Ahrar, legato al religioso sciita Moqtada al-Sadr, che a febbraio ha annunciato il ritiro dalla scena politica. Entrambi sono ben radicati nel sud dell'Iraq, mentre nelle zone a maggioranza sunnita dell'ovest e del nord ci si aspetta un'avanzata della Lista Iraqiya guidata da Iyad Allawi e dal presidente del Parlamento, Osama al-Nujaifi.