POLITICA
Dopo il voto
Renzi riparte dal partito, dalla direzione via alla riorganizzazione del Pd
Dopo le Regionali parte il dialogo con le minoranze anche sui ruoli in Parlamento, governo e segreteria
Il dopo Liguria
Il segretario respingerà la tesi della sconfitta e sottolineerà che il numero delle Regioni a guida Pd è aumentato, pur ammettendo che la sconfitta in Liguria va addebitata al Pd stesso. Di qui l'idea di tornare a porre l'attenzione alla rifondazione del Partito cominciando dai territori, dove si sono evidenziate diverse debolezze: non solo le degenerazioni, ma anche la constatazione che alle Regionali i candidati hanno fatto ognuno una corsa sulle preferenze, che ha solo incrementato la competizione interna, senza riuscire ad allargare il consenso.
Il ruolo di Orfini
Chi ha parlato con Renzi nei giorni scorsi, riferisce la sua volontà di riprendere il lavoro sul partito, su cui finora si è impegnato un gruppo di lavoro guidato da Matteo Orfini che però non ha avuto occasione di portare in Direzione o in Assemblea nazionale quanto discusso. Potrebbe anche essere data una indicazione temporale al gruppo di lavoro per portare delle proposte all'Assemblea nazionale. Inoltre si è parlato di rimetter mano alla segreteria, con un possibile arrivo all'Organizzazione di Ettore Rosato, ora vice-capogruppo vicario alla Camera. A guidare il Gruppo potrebbe essere l'attuale vicesegretario Lorenzo Guerini, il cui ruolo attuale potrebbe essere affidato a qualcuno della sinistra interna, dell'area guidata da Matteo Mauri e Cesare Damiano, che ha votato la fiducia sull'Italicum.
Un "rimpasto" interno
Sempre in Parlamento, a luglio, verranno votati nuovamente i presidenti delle Commissioni, e quelli oggi in mano a Forza Italia, andrebbero invece a esponenti della maggioranza e del Pd. Il ministro Maurizio Martina, anch'egli della minoranza, ha invitato a togliere dall'agenda il tema del congresso, evocato sabato da altri esponenti della sinistra interna, e a valorizzare invece l'impegno nel governo del Paese. Invito sottolineato anche da Cesare Damiano. Già oggi altri esponenti della minoranza sono nell'esecutivo e non si può escludere che anche il ruolo di vice-ministro allo Sviluppo, lasciato libero da Claudio De Vincenti, possa essere affidato a un altro esponente della minoranza.