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ECONOMIA

Il negoziato di Bruxelles tra continui 'stop and go'

Salvare la Grecia o salvare la faccia dell'Europa

Comunque vada il negoziato, che prima o poi finirà, cosa succederà della Grecia ingabbiata dentro i paletti decisi dall'Europa? Di sicuro non basta a far ripartire il Paese una cura da cavallo che agisce in gran parte sulle contrazioni di spese. Una sola fonte di entrate, il turismo, non è sufficiente a garantire, nel lungo periodo, la stabilità finanziaria di Atene.

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di Francesco Chyurlia
Cosa succederà della vicenda greca, nelle prossime ore o nei prossimi giorni, non è dato saperlo. Anche fare stime sull’esito finale di questa infinita trattativa è altrettanto azzardato. E’ un continuo stop and go tra scenari ottimistici e repentine inversioni di rotta. “Spero in un accordo tra poche ore”, sostiene il cancelliere austriaco Werner Faymann. “Le trattative sono in una situazione estremamente critica  -dice con preoccupazione Karsten Junius, capo economista presso la banca svizzera Sarasin, di Zurigo, nonché ex funzionario del FMI –  Entrambe le parti hanno mostrato una certa volontà politica di raggiungere un accordo, ma troppi dettagli tecnici devono ancora essere risolti”. Questa visione equilibrata, tra legittimi timori e cauto ottimismo, non coincide con il parere “distruttivo” del solito Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze tedesco: “C'è stato più un allontanamento che un avvicinamento –commenta piccato - i greci hanno fatto dei passi indietro”. Al ministro del governo Merkel gli fa eco con altrettanto pessimismo il ministro delle Finanze austriaco, Hans Joerg Schelling: “E' strano  dice - vedere come gli atti irresponsabili del governo greco per il proprio Paese siano procrastinati, ed anzi si presentino con sempre nuove esigenze”.
 
Resta il fatto che un accordo tra la Grecia e i suoi creditori, "consentirebbe all'economia greca - dice l’ex-premier greco, Lucas Papademos - di beneficiare del quantitative easing della Bce. Questo accordo avrebbe benefici diretti e indiretti, eliminerebbe alcune delle limitazioni che il sistema bancario ha nell'erogazione dei prestiti”.  A giudizio di Papademos, inoltre,  “un motivo importante per raggiungere l'accordo sulle riforme è che migliorerebbe il funding delle banche greche e consentirebbe all'economia greca di beneficiare delle aste tltro. L'accordo implica una vigorosa implementazione delle politiche che portino a rilanciare la crescita e allo stesso tempo assicurino una sostenibile riduzione del debito”.
 
Tra controproposte e proposte respinte, la Grecia si trova adesso a duellare con i creditori, senza una bozza d'accordo per sbloccare gli aiuti, sollevando forti dubbi sul pagamento di 1,5 miliardi di euro al Fondo Monetario Internazionale, che scade in giorno stesso dell'intero piano di salvataggio. I punti sollecitati dai creditori, da inserire nel pacchetto di proposte complessivo, devono tassativamente includere la riduzione delle pensioni e l'aumento delle imposte sulle vendite di beni e servizi. Come controproposta condizionale, la Grecia vorrebbe anche una riduzione del debito.  
 
Ma qual è l’impatto che tutto questo polverone ha generato sui mercati internazionali? Mentre le trattative sono ancora in stallo per il momento i mercati tengono, confidando probabilmente in uno sviluppo positivo. Sviluppo che potrebbe venire dai continui incontri dell’Eurogruppo a Bruxelles. Sul tavolo ci sono due documenti in discussione. I greci ripropongono la lista messa a punto nei giorni scorsi e considerata ancora insufficiente dalle istituzioni, che a loro volta mettono sul tavolo la loro controproposta, rifiutata nelle scorse ore da Atene. Le divergenze non sarebbero tali da impedire un accordo, sostiene una fonte ufficiale del governo greco. “La proposta del governo greco - spiega - è complessiva. Le differenze sono piccole, inconsistenti e non abbastanza grandi da giustificare un mancato accordo finale”. In particolare Atene avrebbe proposto misure alternative per coprire l'impatto del mantenimento delle agevolazioni fiscali alla isole, che rappresenta una modifica rispetto al programma presentato lunedì scorso da Atene. 

Comunque vada il negoziato, che prima o poi finirà, cosa succederà della Grecia ingabbiata dentro i paletti decisi dall'Europa? Di sicuro non basta a far ripartire il Paese una cura da cavallo che agisce in gran parte sulle contrazioni di spese. Servirebbe un Piano Marshall che rivitalizzi l'apparato industriale greco, che individui nuove e originali strategie di sviluppo. Una sola fonte di entrate, il turismo, non è sufficiente a garantire, nel lungo periodo, la stabilità finanziaria di Atene. Bisognerebbe che si verificasse un "miracolo" come quello vissuto da Atene 60 anni fa. I tassi di sviluppo greci erano ai massimi durante gli anni '50, con picchi oltre il 10% annuo, vicini a quelli che caratterizzano le economie asiatiche. Anche la produzione industriale crebbe ogni anno del 10%, specialmente negli anni '60. Il rapido recupero dell'economia greca a partire dal 1949 fu facilitato da diversi interventi, che inclusero (oltre al Piano Marshall, così come in altri Paesi europei) una drastica svalutazione della dracma, l'attrazione di investimenti stranieri, un significativo sviluppo dell'industria chimica, la crescita dei settori del turismo e dei servizi in generale e, non ultima, un'imponente attività di ricostruzione, connessa a grandiosi progetti infrastrutturali ed alla riedificazione delle città greche. Ecco, da luglio in poi, il governo greco dovrebbe pensare a qualcosa che ridia impulso all'economia ellenica attraendo nei suoi confini non solo turisti, ma anche investitori stranieri. Le trattative di Bruxelles devono servire a  questo: salvare la Grecia e non solo salvare la faccia dell'Europa.  
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