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MONDO

Lettera aperta sul web

Turchia, gli scrittori contro Erdogan: "Ridateci la parola"

Su Pen International un'analisi della libertà di stampa in Turchia e l'appello degli scrittori contro il blocco di Twitter e YouTube. A firmare i giganti della narrativa contemporanea: da Orahn Pamuk a Günter Grass e Zadie Smith

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di Veronica FernandesRoma “Siamo scrittori di tutto il mondo che vivono, amano e respirano parole”.
(Dall'appello degli scrittori di Pen International a Erdogan)


E’ con una lettera aperta, pubblicata sul web che Erdogan tanto si affanna ad oscurare, che un gruppo di scrittori che fa capo a Pen International critica l’oscuramento da parte del premier turco di Twitter e di YouTube.  Le firme sono illustri, lette e tradotte da Istanbul a New York. C’è Orahn Pamuk, il primo scrittore turco a ricevere il Premio Nobel per la letteratura, nome più noto di una lunga lista di autori turchi. E poi Günter Grass, Zadie Smith, la scrittrice britannica di origine giamaicana diventata famosissima con Denti Bianchi, il decano e pluripremiato della narrativa canadese Margareth Atwood, Salman Rushdie, che con i suoi Versetti Satanici si guadagnò una fatwa dell’Ayatollah Khomeini nel 1989.

La denuncia: Turchia in fondo alla classifica per libertà di espressione
La lettera, pubblicata a ridosso delle elezioni amministrative in Turchia, chiede libertà di espressione ad un Paese che sul quel fronte sta diventando sempre più carente, scrivono gli autori. Secondo il World Press Freedom Index, ricordano, Ankara è al 154esimo posto sul 180. Per capire quanto bassa sia la posizione basta gaurdare a chi sta sopra: la Repubblica Centrafricana devastata dalla guerra è al numero 109, il Tajikistan a partito unico governato un ventennio da Emomalii Rahmon è al 115, l'Ucraina è al 12esimo posto, l'ex campo di battaglia perenne afghano al 18esimo, amche la la Camboia nelle mani di Hun Sen dal 1974 (dopo i Khmer Rossi) e la Birmania dove i militari non hanno mai lasciato il potere si guadagnano il 144esimo e il 145 posto. (L'Italia, per inciso, sta al posto numero 49.)

Il bavaglio a giornalisti e scrittori
Non si contano gli scrittori, i poeti, gli editori e persino i traduttori sotto processo a causa di leggi iperrestrittive. La nuova legge su Internet è “regressiva” e danneggia i 36 milioni di turchi approdati sul web alla ricerca di spazio per informarsi e per esprimersi. Chiudere Twitter e YouTube, spiegano, è come mettere il bavaglio ad una libertà trasversale che dava voce a ciascuno dei 12 milioni di utilizzatori, senza distinzione di ceto sociale, etnia, censo, provenienza. Un testo breve e molto duro, supportato dai dati di una ricerca sull’impatto delle proteste di Gezi Park sulla libertà di informazione: si contano le condanne per diffamazione, il rapporto tra proprietà dei giornali e censura, l’utilizzo dei social media e, anche, una cronistoria delle minacce, diventate realtà, di Erdogan. Era il 5 giugno quando annunciava che di Twitter avrebbe fatto volentieri a meno.   

La richiesta: restituire Twitter e YouTube ai cittadini
In conclusione la richiesta di cancellare il bando, come già ordinato da un tribunale di Ankara, e di restituire ai milioni di utenti turchi la possiblità di twittare, guardare e postare video su YouTube, vivere in un Paese "che sarà più forte e più felice quando, e se, apprezzerà il pluralismo, da diversità e la libertà di parola".
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