ECONOMIA
Il parere del professore di scienze delle Finanze alla Ca' Foscari di Venezia
Giuliano Segre: grexit è togliere un mattone che sorregge l'impalcatura europea
"L'uscita della Grecia dall'euro, dal punto di vista politico è un problema drammatico. Se si comincia a perdere un pezzo, anche se piccolo, vuol dire che l’Europa non c’è. Vuol dire che resta l’America, la Cina e un pezzo di Russia che si va collegando con il mondo arabo".
C’era molta attesa per le dichiarazioni del presidente della Bce, Mario Draghi, a seguito del Consiglio direttivo della Banca europea. C’era attesa non tanto per le decisioni dell’Istituto centrale sui tassi d’interesse nell’Eurozona, che peraltro era scontato rimanessero allo 0,05%, minimo storico fissato lo scorso settembre. In quest’ambito Draghi ha registrato un quadro di moderata crescita nel 2° trimestre agevolata dal prezzo del petrolio e dalle politiche monetarie che hanno dato sostegno a famiglie e aziende. A questo è seguita la consueta esortazione a politiche di riforme strutturali.
Ma l’attenzione mondiale era tutta concentrata sulle decisioni della Bce sulla Grecia, dopo il referendum popolare, il recente accordo tra l’Eurogruppo e il governo ellenico di Alexis Tsipras, e le conseguenti manifestazioni di piazza che stanno portando Atene ad un bivio: restare o non restare nell’euro. D’altronde la Bce è l’unica istituzione europea ad avere un potere, un ruolo e un peso effettivo sull’andamento di un’Europa attualmente fondata sulla moneta unica. Non c’è un governo unico, non c’è un esercito, non c’è una politica fiscale comune. Per questo motivo tutti pendevano dalle labbra di Draghi per sapere se la Grecia avrebbe avuto il sostegno economico finanziario necessario. Anche l’Eurogruppo che subito dopo le rassicurazioni della Bce ha dato il via libera “in linea di principio” al terzo programma di aiuti alla Grecia. “La Grecia – ha detto Draghi - resta e resterà nell’euro” e vi resterà con una liquidità d’emergenza alle banche (Ela) di ben 900 milioni di euro, una somma superiore al previsto. Draghi ha anche ricordato ai giornalisti presenti alla conferenza stampa per il dopo direttivo che “decidere la grexit non spetta alla Bce”. Ma il numero uno della Bce sta facendo tutto quello che è in suo potere per rimettere sui binari il treno europeo?
“Beh, diciamo che Draghi sta applicando quelle misure che l’America ha realizzato nel 2009 per superare la crisi economica”, spiega l’economista Giuliano Segre, professore di Scienze delle finanze all’Università Ca' Foscari di Venezia e che di banche se ne intende non foss’altro per i ruoli che ha ricoperto e ricopre in quest’ambito.
Cos’altro potrebbe fare Draghi?
“L’unica cosa che potrebbe fare oltre alle manovre sui tassi o il Quantitative Easing, è l’unione bancaria, cioè la vigilanza sulle banche più grandi dell’Europa, che deve essere omogenea. Una vigilanza per cui certi comportamenti vanno visti complessivamente. Anche i comportamenti delle volksbank o delle banche dei lander tedeschi andrebbero visti con una maggiore capacità di controllo che la Bundesbank ha abbandonato e che la Bce non ha ancora iniziato ad applicare. Certo la vigilanza bancaria è più da ispettori che da promotori”.
Che può succedere ora alla Grecia e all’Europa?
“Credo che il popolo greco non abbia mai preso in seria considerazione l’idea di un’uscita dall’euro. La Grecia si chiede di sistemare le sue regole interne e non di fare straordinarie operazioni finanziarie. Non ci dimentichiamo che c’era il problema della veridicità dei suoi bilanci pubblici”.
Forse i greci pensano di poter tornare alla dracma…
“Sì, ma tornare alla dracma non significa dimezzare il valore della moneta rispetto all’euro e tornare ad esportare. Ma che cosa esportano? Da un punto di vista interno il prezzo delle melanzane o della feta quelli erano. I greci non hanno una produzione industriale. Potrebbero avere dei vantaggi per il turismo. Ma mi pare che il turismo non abbia mai troppo sofferto con l’euro. Continua ad essere una cosa che funziona lo stesso. Semmai i greci avevano tolto l’Iva. Ma i turisti l’Iva non la vedevano neanche: il prezzo degli alberghi o dei camping erano quelli. Per l’Europa, in effetti, continuare a finanziare un debito poteva essere un onere. Il ministro tedesco poteva pensare ‘basta con questi greci si arrangino’.
Per l’Europa allora la grexit poteva essere positiva?
“Dal punto di vista politico è un problema drammatico. Se si comincia a perdere un pezzo, anche se piccolo, vuol dire che l’Europa non c’è. Vuol dire che resta l’America, la Cina e un pezzo di Russia che si va collegando con il mondo arabo. E l’Europa che è? Questo è il punto fondamentale. L’uscita della Grecia è come togliere un mattone sul quale è costruito il muro europeo. Dopo 60 anni, dal trattato di Roma siamo arrivati al 2015 con una costruzione europea che comincia a disfarsi”.
Ma l’attenzione mondiale era tutta concentrata sulle decisioni della Bce sulla Grecia, dopo il referendum popolare, il recente accordo tra l’Eurogruppo e il governo ellenico di Alexis Tsipras, e le conseguenti manifestazioni di piazza che stanno portando Atene ad un bivio: restare o non restare nell’euro. D’altronde la Bce è l’unica istituzione europea ad avere un potere, un ruolo e un peso effettivo sull’andamento di un’Europa attualmente fondata sulla moneta unica. Non c’è un governo unico, non c’è un esercito, non c’è una politica fiscale comune. Per questo motivo tutti pendevano dalle labbra di Draghi per sapere se la Grecia avrebbe avuto il sostegno economico finanziario necessario. Anche l’Eurogruppo che subito dopo le rassicurazioni della Bce ha dato il via libera “in linea di principio” al terzo programma di aiuti alla Grecia. “La Grecia – ha detto Draghi - resta e resterà nell’euro” e vi resterà con una liquidità d’emergenza alle banche (Ela) di ben 900 milioni di euro, una somma superiore al previsto. Draghi ha anche ricordato ai giornalisti presenti alla conferenza stampa per il dopo direttivo che “decidere la grexit non spetta alla Bce”. Ma il numero uno della Bce sta facendo tutto quello che è in suo potere per rimettere sui binari il treno europeo?
“Beh, diciamo che Draghi sta applicando quelle misure che l’America ha realizzato nel 2009 per superare la crisi economica”, spiega l’economista Giuliano Segre, professore di Scienze delle finanze all’Università Ca' Foscari di Venezia e che di banche se ne intende non foss’altro per i ruoli che ha ricoperto e ricopre in quest’ambito.
Cos’altro potrebbe fare Draghi?
“L’unica cosa che potrebbe fare oltre alle manovre sui tassi o il Quantitative Easing, è l’unione bancaria, cioè la vigilanza sulle banche più grandi dell’Europa, che deve essere omogenea. Una vigilanza per cui certi comportamenti vanno visti complessivamente. Anche i comportamenti delle volksbank o delle banche dei lander tedeschi andrebbero visti con una maggiore capacità di controllo che la Bundesbank ha abbandonato e che la Bce non ha ancora iniziato ad applicare. Certo la vigilanza bancaria è più da ispettori che da promotori”.
Che può succedere ora alla Grecia e all’Europa?
“Credo che il popolo greco non abbia mai preso in seria considerazione l’idea di un’uscita dall’euro. La Grecia si chiede di sistemare le sue regole interne e non di fare straordinarie operazioni finanziarie. Non ci dimentichiamo che c’era il problema della veridicità dei suoi bilanci pubblici”.
Forse i greci pensano di poter tornare alla dracma…
“Sì, ma tornare alla dracma non significa dimezzare il valore della moneta rispetto all’euro e tornare ad esportare. Ma che cosa esportano? Da un punto di vista interno il prezzo delle melanzane o della feta quelli erano. I greci non hanno una produzione industriale. Potrebbero avere dei vantaggi per il turismo. Ma mi pare che il turismo non abbia mai troppo sofferto con l’euro. Continua ad essere una cosa che funziona lo stesso. Semmai i greci avevano tolto l’Iva. Ma i turisti l’Iva non la vedevano neanche: il prezzo degli alberghi o dei camping erano quelli. Per l’Europa, in effetti, continuare a finanziare un debito poteva essere un onere. Il ministro tedesco poteva pensare ‘basta con questi greci si arrangino’.
Per l’Europa allora la grexit poteva essere positiva?
“Dal punto di vista politico è un problema drammatico. Se si comincia a perdere un pezzo, anche se piccolo, vuol dire che l’Europa non c’è. Vuol dire che resta l’America, la Cina e un pezzo di Russia che si va collegando con il mondo arabo. E l’Europa che è? Questo è il punto fondamentale. L’uscita della Grecia è come togliere un mattone sul quale è costruito il muro europeo. Dopo 60 anni, dal trattato di Roma siamo arrivati al 2015 con una costruzione europea che comincia a disfarsi”.