Emergenza climatica in Sud Sudan, 900 mila tra cui 490 mila bambini colpiti dalle inondazioni
L'emergenza climatica e la crisi umanitaria in un Paese diviso che cerca di scongiurare il ritorno alla guerra civile. L'appello di Unicef e la denuncia di Oxfam.
Il governatore dello stato di Boma in Sud Sudan ha comunicato che 76 persone sono morte e oltre 400 mila sono sfollate nello Stato a causa delle forti piogge che da settimane colpiscono il Paese. Il governo del Sud Sudan ha dichiarato lo stato di emergenza nelle aree colpite dall'alluvione il 27 ottobre scorso e le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative stanno cercando di rispondere alla crisi climatica e umanitaria a sostegno del governo. Ma l'emergenza arriva in un momento delicato del tentativo di risolvere la crisi politica e riappacificare il Paese.
Lo stato di emergenza climatica e la crisi politica
Il presidente del Sud Sudan Salva Kiir e il leader dell'opposizione Riek Machar hanno concordato di rinviare la formazione di un governo di coalizione per 100 giorni. I leader rivali avrebbero dovuto formare un governo di unità nazionale entro il 12 novembre, ma dopo i colloqui di ieri in Uganda in un vertice durato sei ore, hanno detto che prima di poter formare un governo insieme dovevano essere risolte questioni di sicurezza e di 'governance.' Il presidente ugandese Yoweri Museveni ha mediato l'incontro di Kampala che si è tenuto nel tentativo di salvare l'accordo di pace e scongiurare il precipitare del Sud Sudan in una nuova guerra civile.
Il Sud Sudan sta lentamente riemergendo da cinque anni di combattimenti che hanno ucciso quasi 400.000 persone e provocato milioni di sfollati. Il fragile accordo sulla condivisione del potere firmato lo scorso settembre ha subito ritardi e sofferto la mancanza di adeguati finanziamenti. La formazione di un governo di unità nazionale è già stato rinviato una volta a causa delle questioni in sospeso tra cui gli accordi sulla gestione della sicurezza e la definizione del numero di Stati.
L'appello dell'Unicef
L'Unicef ha lanciato un appello di emergenza chiedendo 10 milioni di dollari per rispondere ai bisogni immediati dei bambini colpiti dalle inondazioni. Più di 900 mila persone nel Paese, compresi 490 mila bambini, hanno urgente bisogno di assistenza. In una nota, l'Unicef spiega che circa un quinto del paese, grande quanto la Francia, sta combattendo contro le inondazioni. Intere comunità, compresi centri sanitari, nutrizionali e scuole sono sommersi e fino al 90 per cento dei servizi di base sono stati sospesi in diverse aree. Circa 90mila bambini non possono andare a scuola perché le classi sono inondate, gli insegnanti sono sfollati e le scuole sono utilizzare come rifugi, spiega l'Unicef. I bambini stanno perdendo in questo modo anche spazi sicuri che li proteggano da sfruttamento e abusi.
L'Agenzia dell'Onu che si occupa di bambini afferma che sta rispondendo ai bisogni dei bambini colpiti e due giorni fa è stata la prima organizzazione a fornire aiuti di base a Pibor nel Jonglei, dove le barche hanno preso il posto delle auto. Sono stati consegnate via aerea 4,8 tonnellate di aiuti. Spazi temporanei per la nutrizione e centri sanitari sono stati allestiti in tende o sotto alberi di mango per continuare a garantire servizi importanti soprattutto per i bambini. Sono stati costruiti latrine di emergenza e spazi temporanei per l'apprendimento. Sono in via di distribuzione pastiglie per potabilizzare l'acqua e diversi team sono sul campo per diffondere porta a porta informazioni sanitarie. L'Unicef intende ampliare la sua risposta per raggiungere diverse aree remote.
Oxfam: la crisi climatica in Africa vuol dire fame per oltre 50 milioni di persone
Più di 52 milioni di persone in 18 Paesi dell'Africa meridionale, orientale e centrale stanno facendo fronte a una crisi alimentare in conseguenza di eventi climatici estremi, ai quali si aggiungono povertaà e conflitti. La denuncia arriva dall'ong Oxfam, che sul suo sito fornisce dati sulla situazione di numerosi Stati africani oltre che una pagina ad hoc per contribuire con le donazioni: in alcuni, come lo Zimbabwe, la siccità è la peggiore dal 1981. In altri, piogge intense legate all'innalzamento delle temperature dell'Oceano Indiano stanno provocando le esondazioni di diversi fiumi, e hanno costretto il Sud Sudan a dichiarare lo stato d'emergenza.
La crisi climatica sta portando alla fame milioni di persone anche in Angola, Botswana, Repubblica democratica del Congo, Swaziland, Etiopia, Kenya, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mozambico, Namibia, Somalia, Sudan, Tanzania e Zambia. Anche il più ricco Sudafrica è gravemente colpito dal fenomeno, e fonti dell'ong hanno denunciato il suicidio di alcuni agricoltori. Secondo Mithika Mwenda, co-fondatore dell'Alleanza panafricana per la giustizia climatica (Pacja), comunque, le soluzioni ci sarebbero, a partire da quelle proposte dalle comunità locali: "Le più esposte a questa crisi climatica sono messe a dura prova e potrebbero rischiare l'annientamento. Ma la popolazione locale
sta facendo tutto il possibile per vincere questa sfida. Ci sono livelli di organizzazione mai visti prima dove i governi hanno abbandonato le comunità locali" afferma Mwenda.
Il suo messaggio è rivolto anche ai decisori politici che si incontreranno a partire da lunedì 11 novembre a Durban per la Conferenza Ministeriale sull'Ambiente (Amcen): "Stiamo vedendo persone che cercano di affrontare stagioni mutevoli e piogge imprevedibili con nuovi modi di vita extra-agricoli. Le donne si uniscono per mettere in comune le loro risorse attraverso piccole comunità di prestito interno, comprando il cibo insieme, coltivando patate dolci invece del mais, il tutto senza nessun supporto esterno. I locali hanno le soluzioni, quello che manca sono le risorse e, soprattutto, i finanziamenti".