Fridays for future, la nuova generazione di leader mondiali? Lei è Ridhima Pandey, 11 anni, indiana
"Cosa ce ne facciamo dello sviluppo se non abbiamo un futuro?" L'intervista di Associated Press a una delle giovanissime attiviste che, sulla scia di Greta Thunberg, comunque la si pensi, stanno cambiando l'agenda politica globale.
In questi giorni di mobilitazione per il clima che vede protagonisti milioni di giovani di tutto il pianeta si sprecano i paragoni con l'altro grande movimento studentesco che nel secolo scorso ebbe portata globale, il 68. Al di là delle differenze nei temi e negli obiettivi - allora la ribellione contro l'autorità, la riforma della scuola, il pacifismo oggi i cambiamenti climatici, l'ambiente, i consumi e lo stile di vita - balza agli occhi un'altra grande differenza: nel 1968 a scendere in piazza erano in gran parte studenti universitari, giovani intorno ai 20 anni, oggi le strade sono invase da adolescenti e anche i 'leader', molto più spesso le 'leader', sono ragazzine giovanissime cresciute in un anno sulle orme di Greta Thunberg. Una di queste è Ridhima Pandey, 11 anni, dall'India. Ridhima era tra i 16 giovani attivisti che nei giorni scorsi ha una denuncia formale alle Nazioni Unite in cui si accusano i Paesi di non agire sui cambiamenti climatici. Ma per Ridhima non si è trattato di una novità, lei, pur così giovane, aveva già fatto un passo simile nel suo Paese. Nel 2017 aveva presentato una petizione al National Green Tribunal indiano, l'autorità che sovrintende alle questioni ambientali, per non aver preso abbastanza sul serio le azioni da intraprendere per combattere i cambiamenti climatici. La petizione fu ignorata, e lei allora l'ha presentata direttamente alla Corte suprema indiana.
Pandey era tra gli attivisti che, insieme a Greta Thunberg, hanno criticato Germania, Francia, Brasile, Argentina e Turchia per non aver rispettato gli obblighi nei confronti dei giovani ai sensi della Convenzione sui diritti del bambino delle Nazioni Unite: "Se portiamo la questione a livello globale, penso che i leader mondiali non ci ignoreranno," dice Pandey intervistata da Associated Press all'aeroporto di Nuova Delhi al ritorno da New York. E della sua esperienza a New York Pandey parla con la passione che sembra la cifra che accomuna questa precoce generazione di manifestanti per il clima. Spesso, spiega, la gente dice che è troppo giovane per essere un'attivista, ma è un errore secondo lei perché altri bambini in altri paesi "chiedono lo stesso". I momenti più belli del suo viaggio, racconta, sono state la presentazione della denuncia e la partecipazione allo sciopero globale lo scorso venerdì. Ci sono state proteste in molte città indiane tra cui Nuova Delhi, Mumbai e Calcutta quel giorno. Pandey è di Haridwar, una città considerata sacra sul fiume Gange, che la ragazza da quando è nata conosce solo come fiume profondamente inquinato. "Il governo ha detto di averlo pulito, ma non è vero," protesta, "Diciamo il Gange è 'madre' che il Gange per noi è una 'dea' e poi non facciamo altro che inquinarlo." Sulle sue sponde, racconta, trovo regolarmente statue, vestiti e plastica.
L'interesse di Pandey per il clima è iniziato nel 2013, quando enormi inondazioni devastarono lo Stato di Uttarakhand nel nord dell'India. Suo padre, Dinesh Pandey, un ambientalista particolarmente interessato alla conservazione della fauna selvatica, iniziò a spiegarle questioni come il riscaldamento globale perché lei poneva infinite domande sul quel disastro naturale che l'aveva tanto colpita. "Noi (adulti) non facciamo che parlare", dice Dinesh Pandey che ha accompagnato la figlia a New York. "E non è giusto. Stanno tradendo le generazioni future. Io sto con mia figlia, e sono orgoglioso che mia figlia stia con tutti quelli impegnati a livello globale in questa missione." E poi conclude sottolineando come l'India continui a essere troppo dipendente dai combustibili fossili.: "Non credo che il governo indiano stia rispettando gli impegni presi alla conferenza sul clima di Parigi."
"Mi fa molto arrabbiare," dice Ridhima, "Che si concentrino solo sullo sviluppo. Cosa ce ne facciamo dello sviluppo se non abbiamo un futuro?" Poi indica la plastica monouso come un'area in cui tutti gli indiani possono fare una differenza: "Se vuoi aiutare, direi prima di tutto dai il tuo sostegno (al nostro movimento), e in secondo luogo smetti di usare prodotti di plastica." A proposito della plastica dice: "Se smettiamo di usarla le aziende smetteranno di produrla." E confessa di essersi meravigliata del cannucce riutilizzabili di acciaio che ha visto usare a New York. La prossima settimana il governo indiano dovrebbe annunciare il bando della plastica monouso. Pandey sta fondando il suo gruppo no profit per la difesa del clima: "Non voglio soffrire, perché è nostro diritto avere acqua più pulita, vivere in un ambiente sano e avere un'aria più pulita e loro - i governi di tutto il mondo - stanno violando i nostri diritti."