Usa, chi dopo Kamala Harris al Senato per la California?
La nomina spetta al governatore Newsom
In base alla Costituzione degli Usa, "il vicepresidente degli Stati Uniti sarà presidente del Senato, ma non vi avrà voto, se non quando si abbia parità di voti" (articolo 1, sez.3). Con l'elezione a vicepresidente, Kamala Harris dovrà tuttavia lasciare il seggio di senatrice per la California, che occupa dal gennaio 2017. La nomina spetta al governatore dello Stato, Gavin Newsom, democratico, in carica dal gennaio 2019 e bersaglio di un'iniziativa di oppositori che stanno raccogliendo firme per convocare entro l'estate un referendum che lo sfiduci ("recall"). Secondo le analisi della stampa Usa, si reputa probabile che la scelta cadrà sul rappresentante di una minoranza, fattore che pare più rilevante dell'ideologia, con diverse possibili opzioni.
Se Newsom indicherà un esponente di origine latina, il più papabile è Alex Padilla, segretario di Stato della California e stretto alleato politico del governatore. Sarebbe una "prima" assoluta. Figlio di immigrati messicani, Padilla ha visto aumentare le sue probabilità dopo l'annuncio di Biden che intende nominare ministro della Salute Xavier Becerra, attuale procuratore generale della California. Inoltre, Padilla ha avuto l'endorsement di Dianne Feinstein, l'anziana senatrice che occupa l'altro seggio della California dal 1992. Meno possibilità sembra avere Hilda Solis, ex ministro del Lavoro, con padre messicano e madre del Nicaragua. Va considerato che la popolazione di origine latinoamericana ha ormai raggiunto circa il 40% dello Stato.
Nel campo di donne afroamericane, le candidate più forti sono Barbara Lee e Karen Bass, entrambe confermate deputate lo scorso novembre e rappresentanti di primo piano del "Congressional Black Caucus" a Washington. La loro nomina è fortemente caldeggiata dal California Legislative Black Caucus e dal movimento Black Lives Matter, ma la debole maggioranza dei Dem alla Camera potrebbe sconsigliare un'eventuale vacanza del seggio provocata da tale scelta, visto che già tre deputati sono candidati a far parte dell'Amministrazione Biden e dovranno dimettersi. Questo handicap non vale per London Breed, prima afroamericana eletta sindaco di San Francisco, ma la sua candidatura appare meno forte.
Se la scelta ricadesse su un rappresentante di origine asiatica, si fanno i nomi del deputato Ro Khanna, di radice indiana, eletto nella Silicon Valley, e di Betty Yee, Revisore dei conti della California e figlia di immigrati cinesi. Questa componente è in ascesa, ma il suo peso allo stato è ritenuto inferiore.
L'ultima opzione è quella della comunità Lgbtqi+: qui sono considerati in pista Robert Garcia, sindaco di Long Beach, la senatrice statale Toni Atkins, e Ricardo Lara, "insurance commissioner" della California. Tuttavia, Newsom ha di recente nominato alla Corte suprema statale il primo giudice gay, Martin Jenkins, e una seconda nomina a breve per questa minoranza pare improbabile.
Altri potenziali candidati sono Eleni Kounalakis, vice governatore, Libby Schaff, sindaco di Oakland, la deputata Katie Porter, ed Eric Garcetti, sindaco di Los Angeles. Newsom potrebbe infine indicare un senatore ad interim, spiazzando tutti i pretendenti: qui il nome d'obbligo è quello di Jerry Brown, 82enne ex governatore della California, di cui lo stesso Newsom è stato vice dal 2011 al 2019.
Il peso delle minoranze nella Camera Alta
Nella legislatura uscente, Harris era l'unica donna afroamericana. Questo il peso complessivo delle minoranze: due i seggi di afroamericani, il Dem Cory Booker (New Jersey) e il repubblicano Tim Scott (South Carolina); due donne asiatiche, le democratiche Mazie Hirono (Hawaii) e Tammy Duckworth (Illinois); quattro "latinos", i repubblicani Marco Rubio (Florida) e Ted Cruz (Texas) e i democratici Bob Menendez (New Jersey) e Catherine Cortez Masto (Nevada.) A gennaio entrerà anche il Dem Ben R. Luján (New Mexico).
I rapporti di forza al Congresso
Nel voto dello scorso novembre, i democratici al Senato hanno strappato i seggi in palio in Arizona e Colorado, ma lo hanno perso in Alabama. I nuovi rapporti di forza vedono il Gop con 50 senatori, i rivali con 46, mentre due sono indipendenti (Bernie Sanders del Vermont e Angus King del Maine) vicini ai Dem. Restano da attribuire due seggi, in Georgia, dove il 5 gennaio si terranno i ballottaggi, con i candidati repubblicani entrambi uscenti: uno vede la sfida tra la senatrice Kelly Loeffler e il democratico Raphael Warnock, l'altro è tra David Perdue (Gop) e Jon Ossoff (Dem). In caso di parità di seggi, Kamala Harris avrebbe il ruolo decisivo di ago della bilancia.
Alla Camera dei Rappresentanti la maggioranza è ancora dei democratici, ma contro le previsioni della vigilia, i Dem hanno perso una decina di seggi: nella nuova legislatura, hanno 222 deputati e i repubblicani 212, con un seggio ancora da attribuire nello stato di New York (nel 22° distretto, tra l'uscente Dem Anthony Brindisi e l'avversaria del Gop Claudia Tenney). Almeno tre seggi del partito di maggioranza, inoltre, saranno a breve vacanti, per la nomina nell'Amministrazione Biden di altrettanti eletti (Cedric Richmond, Marcia Fudge e Deb Haaland). Si dà per assai probabile la conferma alla presidenza di Nancy Pelosi, rieletta deputata della California. Per la prima volta nella storia Usa, saranno così due donne ad occupare la seconda e la terza carica dello Stato, entrambe provenienti dal Golden State.