Storie di donne coraggiose in Pakistan
La commissione per i diritti umani l'anno scorso ha contato 423 stupri e 304 violenze di gruppo in Pakistan. Sono numeri drammaticamente sottostimati perchè la maggior parte delle donne teme ancora di denunciare le aggressioni per non subire l'onta del disonore. Una donna la giorno, sempre lo scorso anno, è la media delle donne vittime di delitti d'onore, uccise appunto perchè considerate una vergogna per la famiglia.
Negli ultimi anni il premio Nobel per la Pace a Malala Yousefzai e l'Oscar vinto da Sharmeen Obaid-Chinoy con "Saving Face", un documentario sulla battaglia per la giustizia di due donne sfigurate dall'acido, hanno acceso i riflettori sul tema della violenza sulle donne in Pakistan. Una breccia in cui lavorano gli attivisti e i politici locali che si battono per i diritti umani. L'Associated Press ha raccolto le drammatiche storie di alcune di queste donne coraggiose.
Sidra Kamwal fu costretta a tornare a casa dalla madre per sfuggire a un marito violento quando un altro uomo si fece avanti ma non accettò il rifiuto. Dopo averla vessata le disse che se non poteva essere sua nessun altro avrebbe dovuto e le gettò dell'acido in viso. La povertà fece il resto, con i medici che non le prestarono cure adeguate. Oggi Sidra respira grazie a un tubicino inserito in quel che rimane del naso. Secondo la stessa commissione per i diritti umani almeno 55 persone sono state attaccate con l'acido l'anno scorso e solo 17 dei presunti aggressori sono stati fermati.
La storia di Kainaat Soomro che a 13 anni mentre andava a comprare un giocattolo per il fratellino fu rapita e seviziata per giorni ha ricevuto una certa attenzione dei media - Kainaat fu invitata da Malala Yousefzai a presenziare alla cerimonia del Nobel e il suo dramma è stato raccontato in un film documentario. Ma la sua battaglia per avere giustizia continua e la famiglia ha pagato un prezzo salatissimo: una sorella non ha trovato marito, un'altra è stata rifiutata per la vergogna di essere associata al suo nome ma soprattutto, nel 2010, il fratello è stato ucciso per il suo rifiuto di tacere.
Azra aveva 18 anni quando la sua famiglia la diede in sposa a un uomo molto più anziano di lei in cambio di 5mila dollari. L'uomo la "condivideva" con altri sconosciuti finchè lei non è riuscita a fuggire e a denunciarlo. Dopo due anni Azra sta ancora combattendo per ottenere il divorzio.
La piaga del matrimonio coatto delle bambine è uno dei cardini della battaglia politica portata avanti in Pakistan da alcune donne come Uzma Noorani, attivista per i diritti umani e Mahtab Akbar Rashdi, deputata al Parlamento federale che l'anno scorso ha respinto una legge che vietava questa pratica piegandosi alla pressione di un sedicente Consiglio di Ideologia Islamica che sostiene anche la non conformità alla dottrina del prelievo del DNA per identificare i sospetti di violenze sessuali.
In alcune aree del paese la situazione non è così oscura dice Noorani, nella provincia di Karachi per esempio sono passati provvedimenti che mirano a proteggere le donne e vietano i matrimoni delle bambine. La strada è ancora lunga e nel frattempo Sharmeen Obaid-Chinoy ha ricevuto un'altra nomination dalla Academy proprio per un film dedicato a un'adolescente uccisa e gettata in un fiume per aver osato scegliere il suo sposo.