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ECONOMIA

Crac banche

Ministero Economia: solo 1% dei clienti delle 4 nuove banche hanno obbligazioni subordinate

Consob e Banca d'Italia auspicano un provvedimento con forza di legge per vietare la vendita delle obbligazioni subordinate ai piccoli risparmiatori 'allo sportello', ma per il Pd "il problema più che dove vendi le obbligazioni riguarda le informazioni che dai"

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Roma "Le 4 nuove banche hanno quasi 1 milione di clienti. Tra questi, circa l'1% ha investito in obbligazioni subordinate (10.559) per un controvalore complessivo di 329,2 milioni di euro" lo scrive il Ministero dell'Economia e delle Finanze per spiegare che nelle 4 nuove 'good bank' nate dalle ceneri di Etruria, Banca Marche, CariFe e CariChieti, i possessori di obbligazioni subordinate sarebbero solo poco più di 10mila, dunque l'1%.

Cifre che sicuramente il ministro dell'Economia avrà illustrato nell'incontro che ha avuto col premier Matteo Renzi, in cui avrà fatto il punto anche sulla Legge di Stabilità in dirittura d'arrivo.

Intanto la Consob e la Banca d'Italia hanno auspicato un provvedimento con forza di legge per vietare la vendita delle obbligazioni subordinate ai piccoli risparmiatori 'allo sportello', a non sembra essere nelle intenzioni del governo in tempi brevissimi, impegnato nel fronteggiare l'emergenza delle 4 banche in risoluzione e del fondo per i risparmiatori colpiti. 

Eventuali misure per bloccare la vendita delle obbligazioni subordinate, cui dovrebbero necessariamente seguire altre disposizioni secondarie di vigilanza, anticiperebbero in pratica quello che le norme europee (Mifid 2) consentiranno di fare alle singole autorità nazionali solo dal 2017: ovvero il divieto di vendita di prodotti complessi fra i quali, pur non essendo tali, rientra comunque questo tipo di obbligazioni.

La Consob già nel dicembre 2014 segnalava che le subordinate fossero prodotti non adatti al pubblico dei piccoli risparmiatori, come si è visto nel caso delle 4 banche. In un atto di vigilanza in vigore dal luglio scorso la Commissione, pur non avendo potere di divieto annunciava una moral suasion rafforzata sulle società del settore. La Commissione aveva chiesto così di astenersi dall'offrire e collocare una serie di prodotti complessi (tra cui le cartolarizzazioni, gli strumenti convertibili a discrezione dell'emittente, gli strutturati, i credit linke) al retail e vi aveva incluso, visto l'imminenza dell'arrivo del bail in, anche le subordinate. C'era anche un richiamo a prevenire i conflitti d'interesse che possono verificarsi nella distribuzione presso la clientela retail di prodotti finanziari complessi, volti al rafforzamento patrimoniale dello stesso intermediario. Ora nella Commissione si ricordano le proteste dell'industria finanziaria italiana a quel provvedimento.

Anche l'altra autorità, la Banca d'Italia aveva, prima senza successo, cercato di rimandare di tre anni l'entrata in vigore del bail in per permettere alle banche di sostituire le emissioni esistenti sul mercato (che ammontano fra i 60 e i 70 miliardi) con altre destinate solo agli istituzionali e quindi aveva richiamato le banche ad informare adeguatamente dei nuovi rischi.

Per il responsabile economico del Pd Filippo Taddei, "il problema più che dove vendi le obbligazioni riguarda le informazioni che dai. Non si vendono i titoli che hanno dei rischi presentandoli come sicuri. E' qui che bisogna intervenire per correggere". In sostanza, per Taddei, più che fare una legge per vietare la vendita di queste obbligazioni ai piccoli risparmiatori, occorerebbe lavorare sulla trasparenza degli istituti e su chi li deve controllare.

Secondo osservatori ed esperti finanziari, un divieto per le nuove emissioni sarebbe sì utile ma con una efficacia circoscritta. La diffidenza dei risparmiatori verso questo tipo di strumento è infatti al momento massima e comunque vi sono una serie di prodotti, come le stesse azioni, anche più rischiose. E quindi sarebbe più coerente insistere sulla diversificazione del portafoglio dei clienti e su una classificazione chiara, semplice e non fatta di decine di pagine, di ciò che si sottoscrive.
    
Collocare tutto agli istituzionali non mette comunque al riparo i risparmiatori in maniera totale. Alcuni fondi, segnalano gli esperti, come quelli a cedola hanno fatto incetta di queste obbligazioni per assicurare le cedole e quindi in futuro potrebbero risentirne i sottoscrittori.
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