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MONDO

Difendere le "comunità prese di mira per la fede"

Isis, l'appello della Santa Sede all'Onu: "Basta interessi di parte, salvare vite umane"

Il discorso di mons. Silvano Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali, pronunciato a Ginevra il 10 marzo 2015, ma diffuso solo oggi

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La comunità internazionale "dovrebbe finalmente accantonare gli interessi di parte e salvare vite". È questo l'appello lanciato da mons. Silvano Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali, in un discorso pronunciato a Ginevra il 10 marzo 2015 ma diffuso solo oggi dalla Santa Sede. La preoccupazione è in particolare per "le comunità prese di mira per la loro fede".

"Se con genocidio s'intende qualsiasi atto commesso con l'intento di distruggere, interamente o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale, allora la Comunità Internazionale nel suo insieme sta certamente assistendo a una sorta di genocidio in alcune regioni del mondo, dove si continua a rendere schiavi e a vendere donne e bambini, a uccidere giovani uomini e a bruciare, decapitare e costringere persone all'esilio", ha detto Tomasi.

"In questo contesto, la Delegazione della Santa Sede desidera sottoporre alla riflessione comune del Consiglio per i diritti dell'uomo il fatto che questi e altri crimini indicibili vengano commessi nei confronti - ha proseguito l'arcivescovo in chiaro riferimento alla minoranza cristiana - di persone appartenenti a comunità antiche semplicemente perché la loro credenza, il loro sistema sociale e la loro cultura sono diversi da quelli dei combattenti fondamentalisti del cosiddetto gruppo dello "Stato Islamico". Il riferimento alla religione al fine di assassinare persone e distruggere testimonianze della creatività umana sviluppata nel corso della storia rende le atrocità che si stanno compiendo ancor più ripugnanti e condannabili.

"Una risposta adeguata da parte della Comunità Internazionale - ha detto Tomasi - che dovrebbe finalmente accantonare gli interessi di parte e salvare vite, è un imperativo morale. La violenza, comunque, non nasce dalla religione, bensì da una sua falsa interpretazione o dalla sua trasformazione in ideologia. Per giunta, la stessa violenza può derivare dall'idolatria dello Stato o dell'economia e può essere un effetto della secolarizzazione. Tutti questi fenomeni tendono a eliminare la libertà individuale e la responsabilità verso gli altri. Ma la violenza è sempre l'atto di un individuo ed è una decisione che implica la responsabilità personale".
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