POLITICA
In serata il voto alla Camera
Italicum, oggi il voto finale
Le opposizioni scelgono di non partecipare al voto, Brunetta: "Non vogliamo essere
parte di una giornata funerea per la democrazia italiana". M5s: "Votiamo no". Minoranza Pd in subbuglio, Letta: "Non lo voto"
Intanto ieri Renzi è stato contestato a Bologna dove, all'esterno della Festa dell'Unità, ci sono stati scontri con le forze dell'ordine e, all'interno, il premier ha prima ricevuto i fischi dei precari della scuola e poi li ha voluto incontrare.
La 'misura' del dissenso Dem e le scelte delle opposizioni, i timori di un Aula infuocata e la pressoché assoluta certezza che la nuova legge elettorale alle porte segnerà, molto probabilmente, 'un prima e un dopo' non solo nelle 'regole del gioco' della politica italiana. "Il traguardo", indicato con forza dal premier Matteo Renzi anche ieri, segnerà anche una nuova tappa nel dissenso interno al Pd dopo lo strappo dei '38' della settimana scorsa sulla fiducia. Uno strappo che quel gruppo oggi ribadisce, seppur in forme diverse, e che potrebbe allargarsi rischiando di depauperare l'entità della maggioranza sulla legge elettorale.
Anche per questo i renziani puntano innanzitutto a far sì che la soglia, in Aula, non scenda sotto la maggioranza assoluta di 316 deputati anche se il rischio, al momento, sembra davvero lontanissimo. Ed è lo stesso presidente del Consiglio, dal palco della Festa dell'Unità di Bologna, a mostrare sicurezza. "Non ci fermeremo a cento metri dal traguardo" scandisce Renzi guardando innanzitutto all'approvazione di oggi e quasi tendendo la mano, salutandolo dal palco, a uno dei 38 dissidenti (37 dopo l'addio di Guglielmo Vaccaro al Pd), quel Gianni Cuperlo che, pochi minuti prima, assicurava che dalla minoranza "non ci saranno agguati", confermando al tempo stesso il suo "voto non favorevole" alla legge.
La minoranza Pd
Questa mattina il gruppo dei 'ribelli' dem si incontrerà per decidere se tramutare il dissenso in un voto contrario o in un non voto al testo anche se "l'orientamento prevalente è votare contro", spiega Alfredo D'Attorre, sottolineando come il dissenso "potrebbe allargarsi". E l'allargamento potrebbe investire fino ad una decina dei 50 esponenti di Area Riformista che, al momento della fiducia, annunciarono con un documento la loro responsabilità e che domani voteranno sì alla legge. I 'no' (o il non voto) all'Italicum, nel Pd, potrebbero essere così tra i 40 e 50: numeri che non intaccano la possibilità che la legge passi ma che, se le opposizioni resteranno in Aula per votare contro, potrebbero far scendere la maggioranza almeno a 330. E, al di là dei numeri saranno comunque dei 'no' pesanti, quelli ribaditi da esponenti democratici del calibro di Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza o Enrico Letta che ieri sera, in tv, è tornato all'attacco sottolineando come l'Italicum sia "parente stretto" del Porcellum e paragonando l'atteggiamento del governo Renzi a quello dell'esecutivo di Silvio Berlusconi. "In Aula si rispetti la decisione che il Pd ha preso insieme" è l'appello in extremis del presidente Matteo Orfini. Ma i segnali, al momento vanno in direzione opposta. E se Pippo Civati è dato ormai in uscita D'Attorre, pur non parlando di scissione, ritiene "necessario" un confronto con gli iscritti per una "ferita che segna 'un prima e un dopo'" nella storia del Pd.
Le opposizioni scelgono l'Aventino
Le opposizioni hanno deciso dopo un incontro questa mattina: non parteciperanno al voto finale sull'Italicum. Lo ha annunciato il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta. "Nessuna delle opposizioni parteciperà al voto finale", ha detto il capogruppo azzurro. Nonostante questo "Forza Italia la Lega e Fratelli d'Italia hanno formalizzato la richiesta del voto segreto". ha reso noto il deputato azzurro Rocco Palese. Malumori in Forza Italia sulla scelta di non partecipare al voto finale sull'Italicum.