MONDO
L'intervista
Libia, Gentiloni: "Intesa subito o ci troveremo con una nuova Somalia"
Il ministro degli Esteri in un'intervista al quotidiano 'La Stampa' auspica che nei negoziati sotto egida Onu tra le fazioni rivali si faccia presto, prestissimo per "trovare una base minima è per ricostruire una Libia unita e più stabile"
Questo perché, a differenza di quanto avvenne nel 2011 (con la caduta di Gheddafi grazie ai raid aerei dei jet Nato), "oggi qualsiasi nuovo intervento va posto nel quadro di un percorso di pacificazione condivisa dai libici. L'Italia contribuirà ma a queste condizioni", sottolinea il ministro.
Il titolare della Farnesina ricorda che "il dialogo (tra le diverse fazioni che controllano la Libia, ndr) riprende mercoledì in Marocco ma bisogna sapere che corriamo contro il tempo affinché ciò che è stato messo insieme il 12 luglio (una prima intesa su un governo di unità nazionale, ndr), ossia (tra) Tobruk (il governo internazionalmente riconosciuto, ndr), Misurata, Zintan e gran parte delle municipalità di Tripoli (controllata dagli islamisti della coalizione Alba Libica, ndr), possa consolidarsi e magari estendersi al Gnc (il parlamento di Tripoli, che non ha firmato l'accordo, ndr).
Il tempo è cruciale e non è illimitato, specialmente oggi che la presenza di Daesh (l'acronimo arabo di Isis, ndr) a Sirte ha assunto caratteristiche allarmanti: o si chiude in poche settimane o ci troveremo con un'altra Somalia a due passi dalla costa e dovremo reagire in modo diverso". E Gentiloni propone di porre "nell'agenda della coalizione internazionale anti-Daesh il tema Libia, sapendo che non si tratterebbe più di stabilizzare il paese ma di contenere il terrorismo". Per Gentiloni nell'intervento Nato nel 2011, voluto in primis dal francese Nicolas Sarkozy e dal britannico David Cameron, con gli Usa riluttanti ma non ostili, che ha abbattuto il regime di Muammar Gheddafi e dato la stura la caos libico, "l'errore è stato senza dubbio non associare all'intervento alcuna idea sulla gestione del dopo. L'Italia su questo avrebbe potuto farsi sentire, ma purtroppo ci siamo accodati a quella operazione con il governo forse più debole della nostra storia repubblicana, parlo dell'ultimissima fase dell'ultimo governo Berlusconi".
Legata direttamente alla Libia la crisi ormai cronica, non più emergenza, dello tsunami di disperati che prendono il mare cercando di raggiungere l'Europa, con l'Italia prima 'spiaggia' di approdo: "L'immigrazione non è una catastrofe improvvisa bensì un fenomeno che sarà permanente per i prossimi 10, 15 anni. Può cambiare l'entità del flusso....ma la sfida va affrontata a viso aperto: l'immigrazione va gestita e regolata con i suoi rischi e le sue opportunità. Non possiamo cambiare la geografia né infangare la nostra storia di paese civile. Chi invoca una chiara identità di sinistra per il Pd - stigmatizza il ministro abbandonando per un momento la diplomazia e intervenendo sul terreno politico - la cerchi su questo terreno, piuttosto che sulle preferenze o sul modo di eleggere i senato".
Sul programma nucleare iraniano, Gentiloni è realista, conoscendo bene le difficoltà e le insidie del dossier, ma è anche ottimista. A Paci che gli chiede se ci sia da fidarsi dell'accordo sul nucleare iraniano? Il ministro replica che "non è scontato ma la storia consente di sperare che un paese come l'Iran possa ridiventare protagonista positivo. L'accordo spinge in questa direzione". Sulle conseguenze della crisi ucraina, Gentiloni, risoluto nell'applicazione delle sanzioni decise dall'Ue, ribadisce che "l'Italia persegue ostinatamente la via del dialogo" per scongiurare una nuova Guerra Fredda con la Russia perché "sarebbe una assoluta iattura".
Il ministro si augura "che da parte russa non ci siano azioni che giustifichino una svolta del genere. Noto che la linea del doppio binario, sanzioni e dialogo, è oggi maggioritaria nella comunità internazionale. Ci sono rischi. La situazione va tenuta d'occhio perché la tregua è fragilissima. Non temo solo l'escalation ma scenari di crisi ucraina di cui la Russia potrebbe approfittare."
Gentiloni chiude, "last but not least" nella sua scala di priorità, sulla via crucis che dal 15 febbraio 2012 stanno vievendo Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò italiani convinto che torneranno a casa perché "L'Italia è convinta delle sue buone ragioni, la Enrica Lexie (la petroliera italia a bordo della quale si trovavano, ndr) era in acque internazionali e i due marò erano 'on duty' , in servizio anti pirateria".