MONDO
Campagna elettorale
Parigi entra nelle primarie Usa. Sanders contro Clinton: "L'invasione dell'Iraq generò l'Isis"
Aspro dibattito fra i candidati democratici dopo gli attentati nella capitale francese. I candidati repubblicani chiedono una maggiore presenza militare in Siria e Iraq
Washington
Gli attacchi di Parigi irrompono anche nelle primarie statunitensi e nella corsa verso la Casa Bianca. Il tema della lotta al terrorismo è al centro del dibattito tra i candidati democratici andato in onda a poco più di 24 ore dalla strage nella capitale francese. La campagna elettorale rischia di essere stravolta da un tema che divide destra e sinistra, ma che infiamma la discussione anche tra i Dem. Con Hillary Clinton che corregge Barack Obama: “L'Isis non può essere contenuto, va sconfitto”.
Critiche a Obama
Nel mirino ci sono quelle che, col senno di poi, si sono rivelate affermazioni incaute da parte del presidente americano, che poche ore prima gli attacchi nella capitale francese aveva spiegato in un'intervista come l'avanzata dello Stato islamico è stata oramai contenuta. Parole che gli sono valse l'attacco innanzitutto dei candidati repubblicani, che accusano la Casa Bianca di una strategia troppo molle in Siria e in Iraq. Così, da Jeb Bush a Marco Rubio, chiedono una svolta immediata di fronte a quello che l'ex governatore della Florida definisce “uno sforzo organizzato per distruggere la civiltà occidentale”.
Siria e rifugiati
Se da un lato nella destra si fa sempre più insistente la richiesta di un maggior coinvolgimento militare in Iraq e Siria, anche con l'invio di più soldati, dall'altro Donald Trump e Ben Carson, in testa nei sondaggi repubblicani, chiedono anche di bloccare la prevista accoglienza negli Stati Uniti di 10.000 rifugiati siriani il prossimo anno. Ipotesi che i tre candidati democratici in corsa per la presidenza rigettano con forza, con l'ex governatore del Maryland, Martin O'Malley, che chiede anzi di portare il numero ad almeno 65mila.
Sanders attacca Hillary Clinton
Sul palco della Duke University di Des Moines, in Iowa (lo Stato da dove partiranno le primarie), sono invece scintille in diretta tv tra Hillary Clinton e Bernie Sanders, come mai visto finora. Stavolta il “socialista” Bernie fa sul serio e attacca l'ex first lady che da senatrice votò per l'intervento in Iraq, che lui considera l'origine di tutti i mali, dalla nascita di al Qaeda a quella dell'Isis. A Hillary rinfaccia anche di esserci ricaduta col suo assenso all'intervento contro il regime Gheddafi in Libia. Lei però si difende cercando di far prevalere la sua esperienza da ex segretario di Stato e una visione più complessiva del quadro internazionale. Se Sanders ribadisce il suo netto no all'interventismo, Hillary non esclude l'uso della forza militare, ma solo come ultima risorsa, dando la priorità alla diplomazia. “Ma non può essere solo una battaglia dell'America”, ammonisce. Non parla mai di “terrorismo islamico” Hillary, come Obama, attirandosi le ire di Trump e di tanti repubblicani che commentano in diretta su Twitter. “Non siamo in guerra con l'Islam, con i musulmani”, replica l'ex first lady.
Critiche a Obama
Nel mirino ci sono quelle che, col senno di poi, si sono rivelate affermazioni incaute da parte del presidente americano, che poche ore prima gli attacchi nella capitale francese aveva spiegato in un'intervista come l'avanzata dello Stato islamico è stata oramai contenuta. Parole che gli sono valse l'attacco innanzitutto dei candidati repubblicani, che accusano la Casa Bianca di una strategia troppo molle in Siria e in Iraq. Così, da Jeb Bush a Marco Rubio, chiedono una svolta immediata di fronte a quello che l'ex governatore della Florida definisce “uno sforzo organizzato per distruggere la civiltà occidentale”.
Siria e rifugiati
Se da un lato nella destra si fa sempre più insistente la richiesta di un maggior coinvolgimento militare in Iraq e Siria, anche con l'invio di più soldati, dall'altro Donald Trump e Ben Carson, in testa nei sondaggi repubblicani, chiedono anche di bloccare la prevista accoglienza negli Stati Uniti di 10.000 rifugiati siriani il prossimo anno. Ipotesi che i tre candidati democratici in corsa per la presidenza rigettano con forza, con l'ex governatore del Maryland, Martin O'Malley, che chiede anzi di portare il numero ad almeno 65mila.
Sanders attacca Hillary Clinton
Sul palco della Duke University di Des Moines, in Iowa (lo Stato da dove partiranno le primarie), sono invece scintille in diretta tv tra Hillary Clinton e Bernie Sanders, come mai visto finora. Stavolta il “socialista” Bernie fa sul serio e attacca l'ex first lady che da senatrice votò per l'intervento in Iraq, che lui considera l'origine di tutti i mali, dalla nascita di al Qaeda a quella dell'Isis. A Hillary rinfaccia anche di esserci ricaduta col suo assenso all'intervento contro il regime Gheddafi in Libia. Lei però si difende cercando di far prevalere la sua esperienza da ex segretario di Stato e una visione più complessiva del quadro internazionale. Se Sanders ribadisce il suo netto no all'interventismo, Hillary non esclude l'uso della forza militare, ma solo come ultima risorsa, dando la priorità alla diplomazia. “Ma non può essere solo una battaglia dell'America”, ammonisce. Non parla mai di “terrorismo islamico” Hillary, come Obama, attirandosi le ire di Trump e di tanti repubblicani che commentano in diretta su Twitter. “Non siamo in guerra con l'Islam, con i musulmani”, replica l'ex first lady.