ECONOMIA
A tre anni dalla Riforma Fornero
Pensioni, un miniassegno per lasciare prima il lavoro. Ecco il piano del governo sulla flessibilità
Braccio di ferro con la Ragioneria dello Stato soprattutto dopo che con la legge di stabilità si è stabilito di eliminare fino al 2017 tutte le penalizzazioni per chi decide di lasciare prima il lavoro con 42 anni e mezzo di contributi, ma prima di avere compiuto 62 anni di età. Al vaglio l'ipotesi di estendere l'opzione donna anche agli uomini
Roma
La riforma Fornero, la controversissima riforma delle pensioni del decreto Salva Italia del 2011, dopo tre anni esatti dal varo ha già bisogno del restyling. L'Italia allora era da salvare. Adesso non sembra cambiato molto, se non foss'altro che la nuova legge di stabilità vuole rimetterci mano. Perchè sono troppi gli squilibri e le falle. Come, ad esempio, il tetto alle pensioni d'oro. L'esecutivo vorrebbe inserire anche con un provvedimento di legge alcuni elementi di flessibilità sull'età pensionabile. Che è - lo ricordiamo - 66 anni per quella di vecchiaia (niente pensione di anzianità dal 1° gennaio 2012: questa è stata sostituita da quella anticipata: non bastano più i 40 anni di anzianità ma ce ne vogliono 41 e 1 mese per le donne e 42 e 1 mese per gli uomini). Con il medesimo provvedimento, si potrebbe anche pensare alla riforma della governance dell'Inps.
Che ci siano dei ritocchi da apportare alla legge Fornero il governo non è l'unico a pensarlo. Oltre alle migliaia di esodati coinvolti, c'è anche anche lo stesso commissario straordinario dell'Inps. TizianoTreu. E prima lo si fa, meglio è. Infatti, entro la fine di dicembre dovrebbe anche arrivare la decisione della Consulta sulla ammissibilità o meno del referendum, promosso dalla Lega di Salvini, per abrogare la riforma. Ovviamente, se la consultazione venisse ammessa, e quindi si andasse poi al voto a primavera e metti caso vincessero coloro che vogliono abrogare la riforma Fornero, si aprirebbe una voragine abnorme nei conti dell'istituto di previdenza e quindi dello Stato stesso. Proprio per questo, occorre che il governo ci metta mano entro i primi mesi dell'anno. Anche nell'eventualità in cui la consultazione non incontri l' ammissibilità.
Il caso degli esodati
Per quanto riguarda la vicenda degli esodati, per il governo tutto sembra essersi esaurito con i sei decreti di salvaguardia approvati finora: con 170mila lavoratori a cui è permesso andare in pensione con le vecchie regole, prima della riforma Fornero. Un giochetto che costerà al bilancio statale circa 12 miliardi fino al 2020. Ma per i comitati degli esodati la vicenda non si chiude qui: denunciano infatti che ci sarebbero altre 50mila posizioni da sanare, da salvaguardare. Poi un altro problema di non poco conto: come sostenere quei lavoratori anziani che perdono il lavoro o lo stanno perdendo senza la copertura degli ammortizzatori sociali? Come accompagnarli all'età pensionabile in modo dignitoso? Ecco, quindi, la necessità di inserire elementi di flessibilità che consentano di andare in pensione prima. C'è su tavolo l'ipotesi della mini pensione o delle penalizzazioni sulla medesima a seconda dell'anno di anticipo con cui si sceglie di ritirarsi.
"Opzione donna"
Nella legge di Stabilità si è deciso di eliminare fino a tutto il 2017 le penalizzazioni per chi lascia il lavoro con 42 anni e mezzo (41 e mezzo le donne) di contributi ma prima di avere compiuto 62 anni di età. Poi c'è l'opzione donna. Ed ecco che scatta il braccio di ferro con la Ragioneria generale dello Stato. Si tratta dell'opzione con cui si prevede la possibilità per le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi e 57 anni d'età di andare in pensione, se lo vogliono, ma con l'assegno interamente calcolato col sistema contributivo, che di solito comporta un taglio del 15-20% rispetto al retributivo. L'opzione, che potrebbe essere presa in considerazione aumentando l'età a 57, scade il 31 dicembre 2015. Ha il benestare dell'Inps che ora, tuttavia, attende lumi dal ministero del Lavoro. Una opzione che potrebbe essere estesa anche agli uomini.
Per l'intero 2015 i pensionati vedranno un assegno praticamente congelato per l'indicizzazione in base all'inflazione che sarà infatti solo dello 0,3%. La pensione minima lorda aumenterà dai 500,88 euro del 2014 ai 502,38 euro del 205. Oltre 14 volte il minimo, quindi a 7.012,32 euro scatterà un contributo di solidarietà del 6%. Contributo che diventerà del 12% sopra i 10.017,60 euro e del 18% sopra i 15.026,40 euro.
Che ci siano dei ritocchi da apportare alla legge Fornero il governo non è l'unico a pensarlo. Oltre alle migliaia di esodati coinvolti, c'è anche anche lo stesso commissario straordinario dell'Inps. TizianoTreu. E prima lo si fa, meglio è. Infatti, entro la fine di dicembre dovrebbe anche arrivare la decisione della Consulta sulla ammissibilità o meno del referendum, promosso dalla Lega di Salvini, per abrogare la riforma. Ovviamente, se la consultazione venisse ammessa, e quindi si andasse poi al voto a primavera e metti caso vincessero coloro che vogliono abrogare la riforma Fornero, si aprirebbe una voragine abnorme nei conti dell'istituto di previdenza e quindi dello Stato stesso. Proprio per questo, occorre che il governo ci metta mano entro i primi mesi dell'anno. Anche nell'eventualità in cui la consultazione non incontri l' ammissibilità.
Il caso degli esodati
Per quanto riguarda la vicenda degli esodati, per il governo tutto sembra essersi esaurito con i sei decreti di salvaguardia approvati finora: con 170mila lavoratori a cui è permesso andare in pensione con le vecchie regole, prima della riforma Fornero. Un giochetto che costerà al bilancio statale circa 12 miliardi fino al 2020. Ma per i comitati degli esodati la vicenda non si chiude qui: denunciano infatti che ci sarebbero altre 50mila posizioni da sanare, da salvaguardare. Poi un altro problema di non poco conto: come sostenere quei lavoratori anziani che perdono il lavoro o lo stanno perdendo senza la copertura degli ammortizzatori sociali? Come accompagnarli all'età pensionabile in modo dignitoso? Ecco, quindi, la necessità di inserire elementi di flessibilità che consentano di andare in pensione prima. C'è su tavolo l'ipotesi della mini pensione o delle penalizzazioni sulla medesima a seconda dell'anno di anticipo con cui si sceglie di ritirarsi.
"Opzione donna"
Nella legge di Stabilità si è deciso di eliminare fino a tutto il 2017 le penalizzazioni per chi lascia il lavoro con 42 anni e mezzo (41 e mezzo le donne) di contributi ma prima di avere compiuto 62 anni di età. Poi c'è l'opzione donna. Ed ecco che scatta il braccio di ferro con la Ragioneria generale dello Stato. Si tratta dell'opzione con cui si prevede la possibilità per le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi e 57 anni d'età di andare in pensione, se lo vogliono, ma con l'assegno interamente calcolato col sistema contributivo, che di solito comporta un taglio del 15-20% rispetto al retributivo. L'opzione, che potrebbe essere presa in considerazione aumentando l'età a 57, scade il 31 dicembre 2015. Ha il benestare dell'Inps che ora, tuttavia, attende lumi dal ministero del Lavoro. Una opzione che potrebbe essere estesa anche agli uomini.
Per l'intero 2015 i pensionati vedranno un assegno praticamente congelato per l'indicizzazione in base all'inflazione che sarà infatti solo dello 0,3%. La pensione minima lorda aumenterà dai 500,88 euro del 2014 ai 502,38 euro del 205. Oltre 14 volte il minimo, quindi a 7.012,32 euro scatterà un contributo di solidarietà del 6%. Contributo che diventerà del 12% sopra i 10.017,60 euro e del 18% sopra i 15.026,40 euro.