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POLITICA

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Roma, Marino ritira le dimissioni: cosa succede adesso

Il sindaco ha firmato la lettera con la quale ritira le dimissioni presentate lo scorso 12 ottobre.G li scenari e lo scontro col Partito democratico

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Aveva tempo fino al 2 novembre per ritirare le dimissioni. Ma Ignazio Marino ha anticipato i tempi e fatto un passo indietro rispetto alla decisione presa lo scorso 12 ottobre. Una scelta che apre diversi scenari nel consiglio comunale capitolino, che appare una vera e propria 'dichiarazione di guerra' nei confronti del suo stesso partito, il Pd.

Più volte Matteo Orfini, commissario del partito romano, ha detto negli ultimi giorni che se il sindaco avesse deciso di restare in carica, il Partito avrebbe reagito. L'ipotesi è che possa presentare in Assemblea Capitolina una mozione di sfiducia, o appoggiarne un'altra. Una soluzione giudicata politicamente inopportuna ma anche impervia perché farebbe slittare i tempi: la mozione (che deve essere sottoscritta da almeno 2/5 dei consiglieri) infatti deve essere discussa non prima di dieci giorni dalla consegna e non oltre i trenta.

Più praticabile viene considerata la strada delle dimissioni in massa di almeno 25 consiglieri in assemblea capitolina (il Pd ne ha 19), anche perchè non prevede il passaggio in Aula, che tanto impensierisce i dem. I 25 eletti che intendono far cadere immediatamente sindaco e giunta devono consegnare contestualmente le proprie dimissioni al segretariato generale, o recandovisi di persona o con delega autenticata da un pubblico ufficiale.

Ma anche in quest'ultimo caso ci sarebbero questioni di opportunità politica: Sel ha già detto che non farà dimettere i suoi consiglieri e a quel punto il Pd dovrebbe schierarsi con l'opposizione contro il suo sindaco. Un cortocircuito che non farebbe bene al partito romano già agonizzante. 

Tra le armi che potrebbe sfoderare il Partito Democratico per far desistere il sindaco 'marziano', oltre a quella politica della mozione di sfiducia, ci sono ancora le dimissioni in massa degli eletti o la bocciatura del bilancio a fine anno.
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