Il 27 febbraio a Bologna mobilitazione per il suo rilascio
Zaki trasferito, la famiglia lo vede per un istante. Procura di Mansoura fissa udienza per sabato
Il ricercatore portato in un'altra stazione di polizia egiziana. Condizioni di detenzione "meno favorevoli", ma "non è stato maltrattato" riferiscono i legali
Patrick George Zaki è stato trasferito dalla stazione di Polizia di Mansura-2 a un'altra stazione, Talkha, a breve distanza. Ne dà notizia l'ong Eipr. La famiglia e i legali di Eipr hanno potuto visitarlo nel pomeriggio per meno di un minuto. È in condizioni di detenzione "meno favorevoli" rispetto all'altro luogo, riferiscono, ma "non è stato maltrattato".
La Procura di Mansoura, si apprende inoltre, ha fissato a sabato 15 febbraio un'udienza che raccoglie l'appello dei legali del ricercatore contro l'ordinanza dell'8 febbraio con cui le autorità egiziane hanno deciso di trattenerlo in custodia per 15 giorni.
Se questo ricorso sarà accolto, Zaki sarà scarcerato. Se invece il ricorso sarà rigettato, resta fissata l'udienza del 22 febbraio in cui i giudici decideranno se prorogare o meno la custodia cautelare di altri 15 giorni, motivando la decisione con ulteriori indagini sul caso.
Lunedì a Bologna la mobilitazione per la sua liberazione
Si terrà lunedì 17 febbraio a Bologna il grande corteo organizzato dalla comunità studentesca dell'Università di Bologna per chiedere il rilascio di Patrick George Zaki, lo studente egiziano che nel capoluogo emiliano segue un master e che è stato arrestato venerdì all'arrivo al Cairo ed è tuttora detenuto con l'accusa, tra le altre, di istigazione al rovesciamento del regime. La data dell'iniziativa è stata annunciata oggi in conferenza stampa a Bologna da Anna Zanoli, presidente del Consiglio studentesco dell'Alma Mater. Il corteo partirà lunedì alle 18 dal rettorato e si concluderà a Piazza Maggiore. In prima fila insieme agli studenti, ai colleghi di master di Patrick, ci saranno il sindaco Virginio Merola e il rettore di Bologna Francesco Ubertini. L'auspicio degli organizzatori è di una grande partecipazione di tutti i cittadini. "Abbiamo ricevuto moltissimi messaggi di solidarietà", dice Zanoli
I genitori di Giulio Regeni: conosciamo quella ferocia
"Siamo empaticamente vicini ai familiari e agli amici di Patrick George Zaky dei quali comprendiamo l'angoscia e il dolore. Noi sappiamo di cosa è capace la paranoica ferocia egiziana: sparizioni forzate, arresti arbitrari, torture, confessioni inverosimili estorte con la violenza, depistaggi, minacce. Il tutto con la complicità ipocrita di governi e istituzioni che non voglio rompere l'amicizia con questo paese". Lo affermano Paola e Claudio Regeni e il loro legale, Alessandra Ballerini in una nota. "Speriamo che ammonite dalla tragica vicenda di Giulio le istituzioni italiane ed europee sappiano questa volta trovare gli strumenti per salvare la vita e l'incolumità di questo giovane ricercatore internazionale, senza far più passare neppure un'ora. Se si vuole veramente salvare la vita di questo ragazzo occorre che i paesi che si professano democratici abbiano la forza e la dignità di dichiarare l'Egitto paese non sicuro e richiamare immediatamente i propri ambasciatori. Il resto sono solo prese in giro. Patrick, come Giulio, merita onestà e determinazione, non chiacchiere imbarazzanti e oltraggiose", conclude la nota.
Un amico di Zaki: "Anche sono stato rapito, temo per lui"
Rapito come Zaki, interrogato per 35 ore senza subire elettroshock, ma comunque picchiato, bendato, legato e pure privato del sonno. La drammatica testimonianza arriva da Amr, cittadino egiziano di 29 anni che in prima fila si sta battendo con migliaia di altri attivisti per la liberazione dello studente dell'Università di Bologna arrestato venerdì al Cairo all'arrivo nel suo Paese. Amr è un ingegnere informatico, lavora a Berlino da qualche anno. "Ho incontrato Patrick all'Università tedesca al Cairo dove entrambi ci siamo laureati- racconta-. Ci siamo poi avvicinati con l'inizio della Rivoluzione egiziana e l'impegno insieme con l'Unione studentesca. Un buon esempio di come Patrick era sempre in prima fila per gli altri è stato quando sono stato espulso dalla nostra università per motivi politici nel 2012. Patrick allora è stato uno dei leader dei movimenti studenteschi che hanno portato al mio reinserimento", continua. "In Egitto sono stato l'ultima volta a settembre 2015. Sono stato rapito dalle forze di sicurezza statali a luglio e interrogato per 35 ore. Non ho subito elettroshock ma sono stato picchiato, bendato e legato. Mi hanno privato del sonno e hanno cercato di distorcere il tempo. Poi sono stato rilasciato, ma hanno continuato a chiamarmi per le indagini più volte e quindi mi sono reso conto che ero in pericolo e dovevo scappare dal Paese. Come ingegnere del software ho avuto diverse proposte di lavoro in Europa e sono partito subito". Amr teme che le forze egiziane lo controllino o spiino anche all'estero. "Ci sono state tante storie su questo in passato, una volta ho incontrato un ricercatore che stava scrivendo una tesi di master proprio su questo argomento". Quanto alla petizione per Zaki su Change.org, che vola verso le 50 mila firme, "negli ultimi 9 anni ho imparato la lezione a mie spese. Niente è più importante che coinvolgere le persone. Le persone sono il vero potere. L'Egitto al tempo di Al-Sisi ha raggiunto uno stato in cui fa così paura. Le persone hanno paura di parlare, protestare, firmare una petizione, scrivere post Facebook. Sappiamo che è innocente come tutti gli altri. L'alta attenzione li spaventa" perché "si rendono conto che i media sapranno tutto, e hanno paura dei media. E poi, più occhi sono su Patrick e più al sicuro è in carcere". "Patrick non è un caso isolato- aggiunge Amr-, ma il fatto che sia un amico mi ha fatto male. Pagherò un prezzo per aver fatto sentire la mia voce per lui, lo so. Il mio più grande timore è che questo prezzo che noi egiziani paghiamo per la nostra sicurezza sia per nulla. E questo accadrà soltanto se le persone cominceranno a ignorare le nostre storie. A trattarci come numeri, i 60 mila detenuti politici in Egitto non sono numeri. Sono persone con volti, vite, con persone che amano, famiglie, passioni, ma il mondo li vede solo come numeri. La mia più grande speranza è che arrivi ungiorno in cui finiscano tutte le dittature del mondo. Un mondo di verità e giustizia, per Regeni, per Zaki, per Alaa Abdelfattah, per Shady abo zaid, per Ahmed douma, per chiunque lotti per la libertà in questo mondo".
Si muove l'Europa. Sassoli: rilasciato subito. Zaki rischia l'ergastolo
Il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli, richiama i colleghi di Strasburgo sul caso, chiedendo l'immediato rilascio del ricercatore. Zaki rischia fino all'ergastolo, oltre ad aver già subito torture. E da Berlino a Granada, Milano, Bologna, si moltiplicano le iniziative per non spegnere i riflettori su quello che si teme possa diventare un nuovo caso Regeni. A Strasburgo David Sassoli ricorda "alle autorità egiziane che l'Ue condiziona i suoi rapporti con i Paesi terzi al rispetto dei diritti umani e civili". Josep Borrell, l'Alto rappresentante Ue, solleverà la questione al prossimo Consiglio europeo, lunedì prossimo. L'Italia, toccata da vicino perché Zaki ha scelto la sua più antica università, Bologna, per coltivare i suoi studi sui diritti civili, batte un colpo. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio conferma l'attivazione della Farnesina nella raccolta di informazioni. Alla Camera il ministro per i rapporti col Parlamento Federico D'Incà risponde al question time sottolineando l'urgenza del caso considerate le analogie con "la dolorosa e tragica vicenda di Giulio Regeni" e rimarca che il caso è una "priorità" per il Governo italiano. Dall'Egitto le preoccupazioni per Zaki sono ancora maggiori. Wael Ghaly, uno dei legali che assistono il ricercatore, sottolinea che le accuse che gli hanno rivolto sono peggiori di quelle per terrorismo: per il 'rovesciamento del regime al potere' la pena prevista dall'ordinamento egiziano è il carcere a vita.