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MONDO

"Materiale contaminato fino al soffitto"

Ebola, seconda infermiera contagiata a Dallas ha volato con 132 passeggeri. Rivolta in ospedale

Mentre è stato diagnosticato il secondo caso di un'infermiera malata di Ebola al Texas Health Presbyterian, il personale che per giorni ha avuto in cura Duncan in isolamento, lamenta: non sono state fornite tute di protezione adeguate, nonostante il malato fosse in preda ad "attacchi esplosivi" di vomito e diarrea

Texas Health Presbyterian hospital
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Dallas (Texas) Dopo Thomas Eric Duncan, il paziente zero degli Stati Uniti morto per Ebola, altri due casi di infermiere contagiate dal terribile virus. Dopo la 26enne Nina Pham, le autorità del Texas annunciano un secondo caso di Ebola tra lo staff del Texas Health Presbyterian: si tratta della 29enne Amber Vinson. E, cosa ancor più grave, non escludono al tempo stesso "possibili nuovi episodi" di contagio. L'infermiera - riferisce in una nota l'istituto per la prevenzione delle malattie americano, Center for Disease Control and Prevention (Cdc) - aveva viaggiato in aereo il 13 ottobre, la notte prima di presentare i sintomi della malattia. La donna era sul volo 1143 della compagnia low-cost americana Frontier Airlines, partito da Cleveland e arrivato a Dallas/Fortworth. Mentre il vettore sta contattando i 132 passeggeri, il Cdc li ha invitati a chiamare un numero apposito, in vista del monitoraggio dei sintomi e di un questionario sul volo. Secondo quanto riferito dalla compagnia aerea, riferisce Cnbc, l'infermiera durante il volo non aveva mostrato alcun sintomo. La donna è stata infettata al Texas health Presbyterian hospital di Dallas, mentre curava il liberiano Thomas Eric Duncan, poi deceduto. Prima di lei era risultata positiva al virus l'infermiera Nina Pham, contagiata allo stesso modo e attualmente in cura.

Il personale paramedico dell'ospedale di Dallas si ribella: non fornite tute di protezione
Il personale paramedico di Dallas non ci sta. Nella struttura "boutique" per la middle class texana, il liberiano Thomas Duncan fu infatti lasciato per ore in un'area non protetta del pronto soccorso esponendo al contagio almeno altri sette pazienti. Il quadro, che apre scenari di una contaminazione maggiore di quella prospettata ufficialmente, è emerso da una conferenza stampa telefonica di Deborah Buger di National Nurses United, il maggior sindacato americano degli infermieri, diffuso mentre a una seconda operatrice sanitaria del Texas Health è stato diagnosticato il virus.Al personale che per giorni ha avuto in cura Duncan in isolamento non sono state fornite tute di protezione adeguate nonostante il malato fosse in preda ad "attacchi esplosivi" di vomito e diarrea.

Per ovviare al fatto che collo e testa erano esposti all'aria, lo stesso staff paramedico aveva cercato di rafforzare e chiudere i camici proiettivi con il nastro adesivo, ha detto la Burger citando le testimonianze di "parecchie" infermiere che hanno chiesto di restare anonime per timore di ritorsioni. Tra le accuse di imperizia da parte dell'ospedale, quelle che i campioni delle analisi di Duncan furono fatti transitare nella rete di posta pneumatica interna, con il rischio di contaminazione dei tubi. Mentre Ebola era solo sospettata ma non confermata un medico suggerì di usare copriscarpe "usa e getta" ma non venne ascoltato. E c'è anche una descrizione orripilante di materiali contaminati non rimossi e "impilati fino al soffitto". Il sindacato delle infermiere denuncia altre possibili azioni che potrebbero aver esposto i malati dell'ospedale a rischio: i sette al pronto soccorso con Duncan sono stati tenuti in isolamento per sole 24 ore prima di essere spostati in normali reparti con altri malati. Le infermiere che si sono prese cura di Duncan hanno curato anche altri pazienti. "Non c'era sistema", ha denunciato la Burger: "Non c'era protocollo, le regole cambiavano continuamente e il personale paramedico andava avanti senza guida". 
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