MONDO
Dopo la pubblicazione dei risultati si è recato in moschea a pregare
Elezioni presidenziali in Turchia, vince al primo turno il premier Erdogan
Con il 100% delle urne scrutinate, il primo ministro è il vincitore delle elezioni presidenziali con il 51,8% dei voti. Il principale avversario Ekmeleddin Ihsanoglu ha ottenuto il 38,5% delle preferenze. Fermo a 9,7% Selahattin Demirtas, favorito dalla minoranza curda. Erdogan resterà al timone del Paese per almeno altri cinque anni
Istanbul (Turchia)
"Oggi il popolo ha dimostrato la propria volontà alle urne". Lo ha detto il premier turco, Recep Tayyip Erdogan, in un breve discorso davanti a migliaia di sostenitori a Istanbul dopo la pubblicazione dei dati definitivi delle presidenziali che lo hanno visto vincitore al primo turno con il 51,8% dei voti. Il principale avversario Ekmeleddin Ihsanoglu ha ottenuto il 38,5% delle preferenze. Fermo a 9,7% Selahattin Demirtas, favorito dalla minoranza curda. Dopo aver avuto la certezza della vittoria Erdogan è uscito dalla sua casa di Istanbul ed è stato accolto da una folla di sostenitori che applaudivano con slogan "La Turchia è orgogliosa di te". Erdogan resterà al timone del Paese per almeno altri cinque anni e sarà il primo presidente della Turchia eletto direttamente dal popolo al primo turno. Circa 53 milioni gli aventi diritto.
Il premier, o meglio, il 'sultano di Ankara' così come lo chiamano i suoi sostenitori, subito dopo l'annuncio dell'esito del voto dal ministero della Giustizia, si è recato in moschea per pregare. Quella stessa moschea edificata per volere di Maometto II il conquistatore di Costantinopoli. Qui si recavano i nuovi sultani prima di assumere il potere. La sua vittoria, anche se i sondaggi davano un margine più ampio, non sorprende come quella alle amministrative del 30 marzo dove era prevista una batosta dopo la sanguinosa repressione la scorsa estate delle proteste di Gezi Park.
Erdogan non ha fatto misteri che l'obiettivo del suo mandato sarà trasformare la Turchia in un repubblica presidenziale dopo le legislative del 2015. Al momento non può perché non non dispone dei due terzi del Parlamento. In ogni caso da presidente, Erdogan otterrà - secondo i suoi denigratori - la cosa che al momento gli sta più a cuore, ovvero l'immunita presidenziale che lo metterà al riparo dalle indagini in corso per presunte storie di corruzione che hanno visto coinvolti suoi ministri, dimissionati, ed anche il figlio intercettato.
Una tra le novità più importanti di queste prime presidenziali è la presenza di un candidato unico dell'opposizione laica di destra e di sinistra. Il principale candidato dell'opposizione Ekmeleddin Ihsanoglu, 70enne studioso dell'Islam, è l'ex segretario generale dell'Organizzazione per la cooperazione islamica. Questa mattina aveva denunciato la "campagna ingiusta" condotta dal capo del governo, che tutti i sondaggi davano come favorito. Nei giorni scorsi il candidato dell'opposizione laica di destra e di sinistra ha denunciato il rischio di brogli, sostenendo che 18 milioni di schede oltre il numero degli elettori potenziali sono state stampate.
La sorpresa più significativa è stata, però, Selahattin Demirtas, il primo politico curdo a tentare la scalata a Palazzo Cankaya, che ospita ad Ankara dai tempi di Ataturk i capi di Stato turchi. La candidatura di un leader curdo sarebbe stata impossibile fino a pochi anni fa. Fino agli anni 1990, in piena guerra fra l'esercito e il Pkk di Abdullah Ocalan - 40mila morti in 30 anni, per lo più curdi - era vietato in Turchia perfino pronunciare la parola 'curdo'. Da due anni però le cose sono cambiate con il faticoso processo di pace avviato da Ocalan, detenuto nell'isola carcere di Imrali, con lo stato turco, che ha portato a una tregua e alla fine, almeno per ora, dei combattimenti. In Turchia i curdi rappresentano il 20% circa della popolazione. L'altra metà - il voto religioso conservatore - già alle amministrative di marzo è andata al partito di Erdogan, popolare fra i curdi per avere lanciato il processo di pace. Demirtas, ribattezzato 'l'Obama curdo' ("noi curdi, come i neri americani, abbiamo dovuto combattere il razzismo" commenta), si è attirato le critiche dell'opposizione kemalista, che lo ha accusato di fare il gioco di Erdogan, togliendo voti al candidato unico di Chp (sinistra) e Mhp (destra) Ekmelettin Ihsanoglu.
Il premier, o meglio, il 'sultano di Ankara' così come lo chiamano i suoi sostenitori, subito dopo l'annuncio dell'esito del voto dal ministero della Giustizia, si è recato in moschea per pregare. Quella stessa moschea edificata per volere di Maometto II il conquistatore di Costantinopoli. Qui si recavano i nuovi sultani prima di assumere il potere. La sua vittoria, anche se i sondaggi davano un margine più ampio, non sorprende come quella alle amministrative del 30 marzo dove era prevista una batosta dopo la sanguinosa repressione la scorsa estate delle proteste di Gezi Park.
Erdogan non ha fatto misteri che l'obiettivo del suo mandato sarà trasformare la Turchia in un repubblica presidenziale dopo le legislative del 2015. Al momento non può perché non non dispone dei due terzi del Parlamento. In ogni caso da presidente, Erdogan otterrà - secondo i suoi denigratori - la cosa che al momento gli sta più a cuore, ovvero l'immunita presidenziale che lo metterà al riparo dalle indagini in corso per presunte storie di corruzione che hanno visto coinvolti suoi ministri, dimissionati, ed anche il figlio intercettato.
Una tra le novità più importanti di queste prime presidenziali è la presenza di un candidato unico dell'opposizione laica di destra e di sinistra. Il principale candidato dell'opposizione Ekmeleddin Ihsanoglu, 70enne studioso dell'Islam, è l'ex segretario generale dell'Organizzazione per la cooperazione islamica. Questa mattina aveva denunciato la "campagna ingiusta" condotta dal capo del governo, che tutti i sondaggi davano come favorito. Nei giorni scorsi il candidato dell'opposizione laica di destra e di sinistra ha denunciato il rischio di brogli, sostenendo che 18 milioni di schede oltre il numero degli elettori potenziali sono state stampate.
La sorpresa più significativa è stata, però, Selahattin Demirtas, il primo politico curdo a tentare la scalata a Palazzo Cankaya, che ospita ad Ankara dai tempi di Ataturk i capi di Stato turchi. La candidatura di un leader curdo sarebbe stata impossibile fino a pochi anni fa. Fino agli anni 1990, in piena guerra fra l'esercito e il Pkk di Abdullah Ocalan - 40mila morti in 30 anni, per lo più curdi - era vietato in Turchia perfino pronunciare la parola 'curdo'. Da due anni però le cose sono cambiate con il faticoso processo di pace avviato da Ocalan, detenuto nell'isola carcere di Imrali, con lo stato turco, che ha portato a una tregua e alla fine, almeno per ora, dei combattimenti. In Turchia i curdi rappresentano il 20% circa della popolazione. L'altra metà - il voto religioso conservatore - già alle amministrative di marzo è andata al partito di Erdogan, popolare fra i curdi per avere lanciato il processo di pace. Demirtas, ribattezzato 'l'Obama curdo' ("noi curdi, come i neri americani, abbiamo dovuto combattere il razzismo" commenta), si è attirato le critiche dell'opposizione kemalista, che lo ha accusato di fare il gioco di Erdogan, togliendo voti al candidato unico di Chp (sinistra) e Mhp (destra) Ekmelettin Ihsanoglu.