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MONDO

Il testo pubblicato dal Global Post

Iraq, L'email dell'Isis alla famiglia di Foley: "È lui il primo a pagare"

La lettera si riferisce al governo e ai cittadini americani con un linguaggio violento e molte minacce: “Non ci fermeremo finché la nostra sete di sangue non sarà appagata”

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Esattamente una settimana prima che James Foley venisse ucciso dai miliziani dello Stato Islamico, i rapitori hanno inviato alla famiglia del reporter statunitense un'email con l'annuncio della sua morte: "Pagherete il prezzo dei vostri bombardamenti! Il primo sarà il cittadino americano, James Foley! La sua morte è un risultato diretto delle vostre trasgressioni verso di noi!"

Le minacce
L’email è stata pubblicata integralmente dal giornale per il quale Foley lavorava, “nell’interesse della trasparenza e per raccontare tutta la storia di Jim: crediamo che il testo offra una visione delle motivazioni e delle tattiche dello Stato islamico”. La lettera si riferisce al governo e ai cittadini americani con un linguaggio violento e molte minacce: “Oggi le nostre spade sono sguainata verso di voi, GOVERNO e cittadini! Non ci fermeremo finché la nostra sete di sangue non sarà appagata”.

Le inesattezze e il riscatto
Secondo il Global Post l’email contiene anche molti inesattezze fattuali. Per esempio alla famiglia Foley non sono state date molte opportunità di negoziare per il suo rilascio. Dopo oltre un anno senza contatti, ricostruisce il GlobalPost, i genitori del giornalista hanno ricevuto il 26 novembre del 2013 il primo messaggio dei rapitori, che chiedevano soldi. Dopo che gli investigatori hanno avuto la certezza che si trattava realmente dei sequestratori di James, i militanti hanno fatto un’unica richiesta di riscatto: 100 milioni di euro o il rilascio di un numero imprecisato di prigionieri detenuti negli Stati Uniti. Anche il Washington Post aveva scritto della richiesta degli islamisti. Soldi che però che l'amministrazione americana si è rifiutata di pagare. Inolte gli americani avevano tentato di liberare all'inizio dell'estate James Foley e altri ostaggi che erano con il reporter. 

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La raccolta dei soldi
I famigliari di James Foley e il GlobalPost, hanno cercato di raccogliere il denaro per pagare il riscatto chiesto dai jihadisti dello Stato islamico. Ma l’editore del GlobalPost ha poi spiegato hanno capito che per James non c’era più niente da fare quando, l’8 agosto scorso, sono iniziati i raid americani sul nord dell’Iraq.

Gli ostaggi
Lo Stato islamico, che tiene in ostaggio ancora tre americani in Siria,ha minacciato di uccidere uno di loro, il giornalista freelance Steven Sotloff, se gli Stati Uniti continueranno la campagna di bombardamenti in Iraq. Oltre 20 sequestrati dall'Is I sequestri porterebbero a oltre 20 il numero degli stranieri in mano ai terroristi islamici. Sarebbero giornalisti, fotografi o operatori umanitari che dopo il rapimento sarebbero stati trasferiti a Raqqa. Il quotidiano osserva che i rapimenti si sono dimostrati un buon business per i militanti islamici dal momento che negli ultimi sei mesi almeno dieci ostaggi tra cui un danese, tre francesi e due spagnoli sono stati liberati dopo lunghi negoziati con i rapitori che avevano chiesto in cambio un riscatto.  

Il post di Di Battista
E in Italia è scoppiato un nuovo "caso Di Battista". Il deputato M5S Alessandro Di Battista ha scritto un post sul suo profilo Facebook in cui torna sulle polemiche suscitate dal suo intervento sull'opportunità del dialogo con l'’Isis. "Le violenze commesse in quella prigione - ha scritto il deputato M5S - furono senz'altro figlie di quel desiderio di vendetta che molti americani hanno provato dopo l'indecente, barbaro, inaccettabile attentato alle Torri Gemelle quest'ultimo anche figlio dell'indecente, barbaro, inaccettabile imperialismo nordamericano, l'imperialismo non è soltanto nordamericano, che ha portato milioni di persone a morire di fame".

 
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