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POLITICA

Caos alla Camera

Riforme, Renzi: "Basta ricatti, deciderà il referendum". Ma l'opposizione è in rivolta

Ira del premier contro i partiti che hanno deciso di abbandonare l'Aula: "Vogliono bloccare il governo". Nella notte tra giovedì e venerdì "rissa a sinistra", con scazzottata tra i deputati dem e quelli di Sel. Boldrini: "Evitare che sia presente solo una parte dell'Aula"

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È scontro totale sulle riforme. Fallito anche l'ultimo tentativo di mediazione tra il Pd e il M5S, Matteo Renzi annuncia che intende proseguire a passo di marcia e le opposizioni si ritirano sull'Aventino, chiedendo l'intervento di Sergio Mattarella.

Una situazione che fa masticare amaro la minoranza Pd, colpita dal muro contro muro. La giornata si apre con ancora negli occhi le immagini della rissa della scorsa notte. Renzi, rientrato da Bruxelles, è andato alla Camera per mandare un messaggio di compattezza e determinazione alle opposizioni e si è detto pronto anche al voto se il Parlamento dimostra di non saper varare una riforma.

Renzi: chiudere entro sabato
Il messaggio di determinazione viene confermato all'assemblea del gruppo Pd: l'ostruzionismo sulle riforme, spiega ai deputati democratici, "è un tentativo di bloccare il governo, non le riforme" ma io "non mi faccio certamente ricattare da Grillo sulle riforme costituzionali". Dunque, entro sabato "si chiude", se l'opposizione non partecipa al voto "noi comunque andremo avanti". Le parole di Renzi sono lette come una chiusura totale dalle opposizioni che abbandonano l'Aula e annunciano l'Aventino. Prima Lega, Sel e M5s, poi Forza Italia, lasciano gli scranni di Montecitorio e danno vita a una conferenza stampa congiunta. "Questa maggioranza ha la responsabilità storica di portare questo Paese nel 2018 con riforme che vedranno una Costituzione nuova e migliore e il dovere di agganciare la crescita", ha poi detto Renzi, incontrando gli esponenti di Sc e Pi a Montecitorio.

Brunetta "chiama" Mattarella
"Ci sono tutte le opposizioni rappresentate in Parlamento - spiega Renato Brunetta -. Denunciamo la deriva autoritaria, un colpo mortale alla democrazia. Ci sono delle violenze metodologiche inaccettabili" da parte del Pd e della maggioranza. Il governo, minaccia il capogruppo di Forza Italia, d'ora in poi vedrà "i sorci verdi" su ogni provvedimento. Le opposizioni chiedono anche un incontro al Presidente della Repubblica, che fa sapere di essere disponibile a incontrarli da martedì. Cioè quando presumibilmente le riforme saranno già state votate dalla Camera. Un modo per far depositare un po' le polveri.

La rabbia di Grillo contro il Quirinale
E anche, spiegano al Quirinale, per chiarire che ogni istituzione è autonoma: la Camera fa il suo lavoro e ha organi di autocontrollo, la Presidenza della Repubblica valuta le leggi quando giungono sul suo tavolo, non prima. Una posizione che fa gridare allo scandalo Beppe Grillo: "Il silenzio di Mattarella di fronte allo scempio della Costituzione fatto da Renzie, mai eletto neppure in Parlamento che ieri notte si aggirava come un bullo in Parlamento a provocare le opposizioni. Questo silenzio è inquietante, forse peggio dei moniti di Napolitano". Il muro contro muro preoccupa la minoranza del Pd. "Non possiamo votare le riforme senza nemmeno la presenza delle opposizioni", è il ragionamento. Pippo Civati e Stefano Fassina annunciano che non voteranno le riforme.

Minoranza dem in fibrillazione
Gianni Cuperlo chiede una pausa di riflessione ma la maggioranza del suo partito boccia la richiesta. Una fibrillazione, quella nel Pd, che agita le acque. "Se manca il numero legale si va ad elezioni", ragiona qualcuno nella maggioranza. Alla fine si decide di riconvocare l'assemblea del gruppo Pd per un chiarimento tra i democratici. Ma intanto Matteo Renzi, a pomeriggio inoltrato, torna a chiarire la sua linea e twitta: "Da anni la politica non fa le riforme. Noi ascoltiamo tutti, ma non ci facciamo ricattare da nessuno. La riforma sarà sottoposta a referendum. Vedremo - chiude - se la gente starà con noi o con il comitato del no guidato da Brunetta, Salvini e Grillo".

Bersani: "Cerchiamo di coinvolgere le opposizioni"
All'assemblea Pd per la prima volta da quando non è più segretario interviene Pierluigi Bersani e chiede che si faccia un ulteriore sforzo per tenere aperto il dialogo, per far rientrare le opposizioni in aula. Anche Rosy Bindi chiede di interrompere la seduta fiume per favorire il dialogo. Matteo Orfini però fa notare che si può cercare il dialogo senza rallentare il treno delle riforme. "Non ho mai visto tanti nostalgici del Nazareno", ironizza Renzi chiudendo la riunione. "Noi dobbiamo mantenere aperta la strada del dialogo ma non c'è motivo per interrompere la seduta fiume", taglia corto.

Riprendono i lavori
Alla ripresa dei lavori in serata, disco verde in Aula alla Camera per diversi articoli del ddl riforme. L'art.12 modifica l'articolo 72 della Costituzione, e disciplina la formazione delle leggi. L'art.13 modifica gli articoli 73 e 134 della Carta, relativamente a promulgazione delle leggi e giudizio della Consulta sulle leggi elettorali. L'art.14 modifica il 74 della Costituzione, relativo alla promulgazione delle leggi da parte del Capo dello Stato. In sostanza, non sarà più possibile il rinvio parziale di una legge. Accantonato l'art.15, si è votato l'art.16 che modifica il 77 della Costituzione, a proposito della decretazione d'urgenza. Resta il divieto in materia elettorale e passa a 40 giorni il termine per la conversione in legge.

La scelta di "prevedere la maggioranza assoluta" dei componenti della Camera per la deliberazione dello stato di guerra "puo' essere un punto di equilibrio fra i vari punti di vista". Lo afferma il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, intervenendo in Aula e facendo riferimento alle modifiche all'articolo 17 del ddl sulle riforme all'esame della Camera.

Via libera poi all'articolo 18 relativo all'amnistia e all'indulto, all'articolo 19 relativo alla ratifica dei trattati internazionali e all'articolo 20 sulle inchieste parlamentari. Le votazioni proseguono nella notte.

Intanto, D'Attorre della minoranza Pd annuncia il ritiro degli emendamenti di cui è primo firmatario "per le condizioni determinate dall'abbandono dell'Aula da parte delle forze di opposizione, situazione anomala che interroga in profondità la coscienza di ciascuno e rende molto più difficile, se non impossibile, un tentativo, auspicato, di una compiuta parlmentarizzazione delle riforme". Non rinuncia, invece, l'esponente della minoranza Dem, a sottolineare che "ci aspetta una lunga maratona notturna, in coerenza con una decisione del mio gruppo, pur considerando io un errore procedere con queste modalità". 
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