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MONDO

Twitter, Facebook e Youtube

Turchia, dopo il blocco riattivati i social network

La decisione delle autorità turche era arrivata dopo che in Rete e su molti social media era apparsa la foto del pm Mehmet Selim Kiraz con la pistola alla tempia mentre era tenuto in ostaggio da due militanti del Dhkp-C. Ultimatum anche a Google

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In Turchia è stato bloccato l'accesso ai principali social media e a 164 siti che avevano pubblicato una foto riguardante il sequestro di un magistrato da parte del gruppo di estrema sinistra Dhkp-C. Dopo alcune ore, Facebook e Twitter sono tornati visibili dopo che entrambi hanno obbedito all'ordine di rimuovere la foto dalle proprie pagine. Poi è stato ripristinato anche l'accesso a Youtube.

La foto del giudice ucciso
La decisione delle autorità turche era arrivata dopo che in Rete e su molti social media era apparsa la foto del pm Mehmet Selim Kiraz con la pistola alla tempia mentre era tenuto in ostaggio da due militanti del Dhkp-C, martedì scorso, prima del blitz delle teste di cuoio conclusosi tragicamente. Il portavoce della presidenza turca, Ibrahim Kalin, ha spiegato che la procura ha bloccato l'accesso ai siti dei social media che hanno fatto "propaganda al terrorismo", condividendo le immagini del magistrato sequestrato.

Utimatum a Google
Le autorità turche hanno minacciato di bloccare anche Google se non rimuoverà le foto del pm ostaggio degli estremisti di sinistra. L'ultimatum dato da un tribunale turco al motore di ricerca è scaduto all'1:30 locale, mezzanotte e mezzo in Italia

Social network censurati
Il blocco dei social media da parte di un tribunale turco ha richiamato alla mente l'analoga misura che era stata presa nel marzo 2014 per contrastare la diffusione delle denunce di corruzione contro il governo islamico-conservatore di Recep Tayyp Erdogan, ora presidente. Twitter e YouTube furono bloccati durante la campagna elettorale in seguito alla pubblicazione degli audio che testimoniavano casi di corruzione che coinvolgevano il governo. L'oscuramente era stato duramente contestato dalla comunità internazionale.

 
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