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MONDO

Ue brucia 264 miliardi. Per New York la peggiore apertura dal 1932, poi recupera

Borse a picco, pesano il rallentamento della Cina e i timori per il Medio Oriente

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La Cina spaventa l'economia globale. E la 'sindrome cinese' torna a farsi sentire sui mercati, in un lunedi' nero in cui l'Europa brucia 264 miliardi di euro e Wall Street registra la peggiore apertura dal 1932. A peggiorare il quadro, alimentando l'incertezza, sono le tensioni in Medio oriente fra Arabia Saudita e Iran.
   
L'ondata di vendite che si e' abbattuta sui mercati e' innescata dalla Cina, dove lo yuan ai minimi da quasi cinque anni sul dollaro, e il quinto calo consecutivo della produzione manifatturiera cinese, fanno temere un rallentamento piu' forte del previsto del Dragone e dell'economia globale. I listini cinesi crollano con la manifattura sotto le attese: Shanghai perde il 6,8%, Shenzen l'8,2%. I forti cali della seduta fanno scattare i nuovi meccanismi per il controllo della volatilita', che si traducono in una chiusura anticipata degli scambi. In base alle nuove misure, infatti, con perdite superiori al 7% le contrattazioni sono sospese per la giornata. La paura scattata in Cina si fa subito sentire. Tokyo chiude in calo del 3%. E si trasmette all'Europa. La crescita dell'indice pmi manifatturiero nell'area euro non basta a contrastare l'ondata di vendite. Piazza Affari chiude in calo del 3,2%, con Ferrari che tiene al suo primo giorno di scambi archiviando la seduta a 43,67 euro, in aumento rispetto ai 43 euro dell'avvio. Pesante Francoforte
che arretra del 4,28%.   

Wall Street apre con perdite del 2%, con il Dow Jones che cede 450 punti, in quella che e' la peggiore apertura da 84 anni. E recupera nel finale, con il Dow Jones che perde l'1,58%. Le ultime volte in cui Wall Street ha aperto la prima seduta dell'anno con perdite superiori all'1% e' stato nel 2001 e nel 2008, anni di recessione. Le vendite colpiscono anche le 'favorite' di Wall Street nel 2015, le cosiddette 'Fangs', Facebook, Amazon, Netflix e Google. Il presidente della Fed di San Francisco, John Williams, cerca di rassicurare: il rallentamento cinese non ha un impatto diretto sugli Stati Uniti. Williams prevede una crescita del pil americano del 2-2,5% quest'anno e ritiene possibili fra i tre e i cinque aumenti dei tassi nel 2016. Una fotografia positiva sulla quale e' arrivata la 'gelata' dell'indice Ism manifatturiero, sceso ai minimi dal 2009.
   
Cauto il Fmi. Secondo il capo economista del Fondo, Maury Obstfeld, la Cina potrebbe ancora una volta ''spaventare'' i mercati nel 2016. L'economia e' in transizione e le sfida da affrontare sono diverse. L'impatto della frenata cinese ''e' gia' stato piu' forte del previsto'' afferma Obstfeld, sottolineando che fra le altre sfida per l'economia globale ci sono le tensioni in Medio Oriente, dove l'Arabia Saudita ha tagliato le relazioni diplomatiche e commerciali con l'Iran. Tensioni che hanno spinto inizialmente il petrolio, salito fino al 4%. L'attenzione degli investitori resta alta. Gli occhi sono puntati su Pechino. A breve scadra' il divieto per la vendita di azioni da parte dei grandi azionisti, e il timore e' che questo possa aumentare la volatilita'. La scadenza di altre misure di emergenza potrebbe poi aumentare la pressione sul mercato cinese, gia' appesantiti dai meccanismi per controllare la volatilita' che rischiano di avere l'effetto opposto, rafforzando l'impatto della correzione.
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