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MONDO

La guerra contro i ribelli dell'Isis

Iraq, la raffineria di Baiji in mano agli insorti per alcune ore. Conclusa la visita di Kerry

I ribelli sunniti hanno preso il controllo della più grande raffineria del paese, poi riconquistata dall'esercito regolare. Bombardamenti sulle postazioni Isis lungo il confine con la Sira. Il segretario di stato Usa vede i leader curdi e poi vola a Bruxelles

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È sempre alta la tensione in Iraq dove per alcune ore i ribelli sunniti dell'Isis (Stato islamico dell'Iraq e della Siria) sono riusciti a prendere il controllo della più importante raffineria del Paese, quella di Baiji, che raffina un terzo del petrolio iracheno. Sul fronte militare bombardate, nel pomeriggio, alcune postazioni dell’Isis lungo il confine con la Siria mentre, sul fronte diplomatico, il segretario di stato Usa John Kerry ha lasciato il paese mediorientale ed è arrivato a Bruxelles.

L’attacco alla raffineria
L'offensiva degli jihadisti ha raggiunto la più grande raffineria del Paese. Per alcune ore, i miliziani sunniti hanno preso il pieno controllo degli impianti di Baiji, a nord di Baghdad, che garantiscono un terzo del fabbisogno di petrolio raffinato del Paese. Ma l'esercito ha annunciato di essere riuscito a respingere "con coraggio" l'attacco e a riprendere il controllo degli impianti. "Possiamo affermare che la raffineria è ora sotto il controllo completo delle forze di sicurezza - ha annunciato il generale Qassem Atta al-Moussawi - ci sono stati tentativi da parte dei nemici di attaccare le nostre truppe tra ieri e oggi, ma il nostro esercito è riuscito ad affrontarli". Su varie zone della città sono in corso attacchi aerei, che sono costati la vita ad almeno diciannove persone e, secondo l'agenzia di Stato Iraqiya, le forze speciali hanno ucciso il comandante dell'Isis che ha condotto l'attacco alla raffineria, Abu Qutada.

Il giallo del bombardamento: droni Usa o caccia siriani?
Dopo l’attacco aereo alle postazioni dei ribelli lungo il confine con la Siria, si era diffusa la notizia che fossero stati i droni Usa ad aver bombardato gli obiettivi Isis. Il Pentagono ha però smentito: "Le voci oggi sui media che droni Usa hanno colpito obiettivi dell'Isis in Iraq non sono vere", ha affermato in un tweet il portavoce del Pentagono, ammiraglio John Kirby. Più tardi la tv panaraba al-Arabiya ha detto che a compiere l'attacco sono stati aerei del regime siriano. Il regime siriano non ha finora mai fatto la guerra direttamente all'Isis, che in Siria controlla ampie regioni nell'est e nel nord.

Kerry lascia il Kurdistan e arriva a Bruxelles
Il segretario di Stato Usa John Kerry, dopo essere stato a Baghdad e nel Kurdistan, è nel frattempo arrivato a Bruxelles per gli incontri Nato che verteranno proprio sulla situazione del paese mediorientale e della crisi ucraina. Kerry ha ribadito che "la chiave" della crisi è la creazione di un "governo di unità nazionale" e che "(in Iraq) non c'è solo una soluzione militare". Parole che stridono con l’annuncio del Pentagono del dispiegamento sul terreno dei 300 consiglieri militari giunti in Iraq, e con la notizia, poi smentita dallo stesso ministero della difesa americano, di raid aerei condotti lungo il confine siro-iracheno "da droni Usa". E prima di ripartire per Bruxelles il segretario di stato Usa era stato in Kurdistan per esortare i leader locali a non ritirarsi dal processo politico a Baghdad dopo la conquista di Kirkuk. I combattenti peshmerga, la forza di sicurezza dei curdi nella regione autonoma nel nord, hanno infatti preso il controllo di Kirkuk lo scorso 12 giugno e, nell'equilibrio tra etnie, la presa di Kirkuk haun peso non indifferente. I curdi infatti la considerano la loro capitale storica. La città inoltre ha enormi riserve di petrolio e i ricavi ottenuti dalle raffinerie potrebbero di gran lunga sorpassare qualsiasi budget offerto da Baghdad, spingendo così la regione verso un percorso per arrivare ad uno stato pienamente indipendente. Kerry spera di convincere i leader curdi a far parte di un nuovo governo iracheno dove possano assumere una posizione importante. Ma il presidente della regione del Kurdistan, Massoud Barzani, ha rilasciato dichiarazioni che non lasciano ben sperare: "L'Iraq sta cadendo a pezzi” e per questo "è giunto il momento per il popolo del Kurdistan di determinare il proprio futuro, e noi applicheremo la decisione del popolo". "Stiamo ora vivendo in un nuovo Iraq – ha continuato - che è completamente diverso dall'Iraq che abbiamo sempre visto, l'Iraq in cui vivevamo dieci giorni fa, o due settimane fa".
 
Onu: oltre 1.000 morti in 17 giorni
L'Alto Commissariato dell'Onu per i diritti umani ha denunciato che oltre mille persone sono state uccise in Iraq tra il 5 e il 22 giugno in varie regioni del Paese, la maggior parte civili. "Almeno 757 civili sono stati uccisi e 599 feriti nelle province di Ninive, Diyala e Salaheddine tra il 5 e il 22 giugno, mentre almeno altre 318 hanno trovato la morte e 590 sono state ferite, sempre nello stesso periodo a Baghdad e nelle regioni del sud", ha precisato Rupert Colville, portavoce dell'Alto Commissariato. "Continuano anche i rapimenti nelle province del nord del Paese e a Baghdad", ha aggiunto la stessa fonte. A maggio altre 900 persone avevano trovato la morte, sempre secondo fonti delle Nazioni Unite.

Iran consegna 88 caccia all'Iraq
L'Iran ha consegnato al  governo iracheno 88 caccia russi Sukhoi per combattere i jihadisti. Lo ha riferito una fonte della sicurezza irachena, citata dal sito d'informazione Iraqi News, precisando che gli aerei da guerra russi sono arrivati nella base militare Imam Ali a Nassiriya, nella provincia di Dhi Qar. La fonte, che ha preferito restare anonima, ha indicato che questi aerei "saranno equipaggiati con armi sofisticate e saranno utilizzati nei combattimenti contro i terroristi dello Stato Islamico". Nei giorni scorsi il presidente iraniano, Hassan Rohani, ha assicurato al premier iracheno, lo sciita Nuri al-Maliki, che il suo governo garantirà "pieno sostegno" a Baghdad nella battaglia contro l'Isis e che farà il massimo per "combattere i massacri e i crimini dei terroristi".
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