MONDO
Il segretario di Stato Usa con Netanyahu e re Abdallah
Medioriente. Kerry ad Amman: "Impegno per ridurre le tensioni a Gerusalemme"
Il capo della diplomazia americana ha visto il premier israeliano Benyamin Netanyahu, giunto a sorpresa nella capitale giordana. L'incontro a tre dedicato all'escalation di violenze a Gerusalemme est nelle ultime ore. Kerry prima si era confrontato sugli stessi temi con Abu Mazen, giunto da Ramallah dopo le cerimonie per il decennale della morte di Yasser Arafat
Amman (Giordania)
Sono stati presi impegni "fermi" per ridurre le tensioni tra Israele e i palestinesi sulla questione della spianata delle Moschee. Lo ha detto ad Amman il segretario di Stato Usa, John Kerry, dopo un incontro con il premier israeliano Benyamin Netanyahu e re Abdallah II di Giordania. In conferenza stampa il capo della diplomazia statunitense ha spiegato che gli impegni riguardano il mantenimento delle status quo nei luoghi santi di Gerusalemme est. L'incontro tra i tre era dedicato proprio all'escalation di violenze di queste ultime ore. La nuova ondata di tensioni a Gerusalemme ha infatti allarmato gli Usa che tentano di fermare l'escalation e rimettere israeliani e palestinesi attorno a un tavolo, anche se per ora separatamente. Il vertice a tre è stato organizzato per esaminare la situazione incandescente di Gerusalemme e il contrasto aperto tra l'Autorità nazionale palestinese (Anp) e Israele. Re Abdallah ha subito denunciato "le iniziative unilaterali" dello stato ebraico nella Città Santa e ha sottolineato "l'importanza del ruolo degli Usa per far ripartire i negoziati di pace basati sulla soluzione dei due Stati e l'iniziativa di pace araba".
L'incontro Kerry-Abu Mazen
Prima di questo trilaterale, il capo della diplomazia americana si era confrontato sugli stessi temi con Abu Mazen, giunto da Ramallah dopo le cerimonie per il decennale della morte di Yasser Arafat. Amman - secondo molti - appare del resto in questa fase l'unica sede di una problematica rimessa in moto di un dialogo che fino a ieri - viste le reciproche accuse tra Netanyahu e Abu Mazen su chi soffiasse di più sul fuoco - era giudicato impossibile. Il presidente palestinese, riferendosi alle "incursioni" - denunciate di nuovo oggi da Hanna Ashrawi dell'Olp - dei coloni della destra nazional-religiosa ebraica e all'annuncio di nuovi progetti edilizi israeliani a Gerusalemme est, le ha bollate come azioni tese a fomentare "una guerra di religione".
Netanyahu, pur rinnovando l'impegno a non modificare lo status quo sulla Spianata (che vieta agli ebrei religiosi di pregare su quello che essi ricordano come il Monte del Tempio), ha contrattaccato denunciando "l'incitamento" di Abu Mazen e indicandolo come responsabile morale degli attentati ai danni degli israeliani.
In un clima incendiario che pure oggi ha fatto registrare disordini: a Issawyia, uno dei quartieri più turbolenti nella parte orientale della città, un bambino palestinese di 11 anni è stato ferito in scontri con l'esercito israeliano dopo una fitta sassaiola e lancio di petardi. "La posizione palestinese è chiara: le violazioni israeliane sono linee rosse - ha detto una fonte ufficiale citata dalla Maan, riferendo il messaggio recapitato a Kerry - e non possono essere tollerate": specialmente a Gerusalemme e sulla Spianata delle Moschee, ai cui accessi il governo Netanyahu si appresta a a reintrodurre controlli di sicurezza aggiuntivi aboliti fin dal 2000, dopo la seconda Intifada.
Ma anche la situazione diplomatica complessiva è tesissima: l'Anp si appresta a presentare per fine mese una Risoluzione al Consiglio di sicurezza dell'Onu per il riconoscimento della Palestina come Stato nei confini del 1967 e la fine dell'occupazione israeliana entro il 2016. Mossa criticata dagli Usa - è probabile che Kerry abbia chiesto ancora una volta ad Abu Mazen di ripensarci - e avversata da Israele che la giudica unilaterale e contraria a un ipotetico accordo di pace legato a trattative dirette. Il tutto su uno sfondo di incertezza segnato dal rinvio dei colloqui del Cairo mediati dall'Egitto tra Hamas e Israele sul fragile cessate il fuoco a Gaza. E anche dalla preoccupazione israeliana per le sempre più numerose decisioni dei parlamenti europei di votare documenti in favore del riconoscimento della Palestina: dopo Svezia e Gran Bretagna, lo farà con tutta probabilità il 28 novembre la Francia.
Inoltre, il Parlamento spagnolo martedì prossimo ha in programma di votare su una risoluzione che riconosce lo Stato palestinese, un voto largamente simbolico. La risoluzione, non vincolante, è stata presentata dal partito socialista all'opposizione e verra discussa marted8. Sembra che i conservatori del governo la sosterranno. Il Regno Unito e l'Irlanda hanno approvato misure simili lo scorso mese. Il governo svedese ha fatto un passo ulteriore e ha ufficialmente riconosciuto lo Stato palestinese lo scorso 30 ottobre, provocando forti proteste di Israele.
L'incontro Kerry-Abu Mazen
Prima di questo trilaterale, il capo della diplomazia americana si era confrontato sugli stessi temi con Abu Mazen, giunto da Ramallah dopo le cerimonie per il decennale della morte di Yasser Arafat. Amman - secondo molti - appare del resto in questa fase l'unica sede di una problematica rimessa in moto di un dialogo che fino a ieri - viste le reciproche accuse tra Netanyahu e Abu Mazen su chi soffiasse di più sul fuoco - era giudicato impossibile. Il presidente palestinese, riferendosi alle "incursioni" - denunciate di nuovo oggi da Hanna Ashrawi dell'Olp - dei coloni della destra nazional-religiosa ebraica e all'annuncio di nuovi progetti edilizi israeliani a Gerusalemme est, le ha bollate come azioni tese a fomentare "una guerra di religione".
Netanyahu, pur rinnovando l'impegno a non modificare lo status quo sulla Spianata (che vieta agli ebrei religiosi di pregare su quello che essi ricordano come il Monte del Tempio), ha contrattaccato denunciando "l'incitamento" di Abu Mazen e indicandolo come responsabile morale degli attentati ai danni degli israeliani.
In un clima incendiario che pure oggi ha fatto registrare disordini: a Issawyia, uno dei quartieri più turbolenti nella parte orientale della città, un bambino palestinese di 11 anni è stato ferito in scontri con l'esercito israeliano dopo una fitta sassaiola e lancio di petardi. "La posizione palestinese è chiara: le violazioni israeliane sono linee rosse - ha detto una fonte ufficiale citata dalla Maan, riferendo il messaggio recapitato a Kerry - e non possono essere tollerate": specialmente a Gerusalemme e sulla Spianata delle Moschee, ai cui accessi il governo Netanyahu si appresta a a reintrodurre controlli di sicurezza aggiuntivi aboliti fin dal 2000, dopo la seconda Intifada.
Ma anche la situazione diplomatica complessiva è tesissima: l'Anp si appresta a presentare per fine mese una Risoluzione al Consiglio di sicurezza dell'Onu per il riconoscimento della Palestina come Stato nei confini del 1967 e la fine dell'occupazione israeliana entro il 2016. Mossa criticata dagli Usa - è probabile che Kerry abbia chiesto ancora una volta ad Abu Mazen di ripensarci - e avversata da Israele che la giudica unilaterale e contraria a un ipotetico accordo di pace legato a trattative dirette. Il tutto su uno sfondo di incertezza segnato dal rinvio dei colloqui del Cairo mediati dall'Egitto tra Hamas e Israele sul fragile cessate il fuoco a Gaza. E anche dalla preoccupazione israeliana per le sempre più numerose decisioni dei parlamenti europei di votare documenti in favore del riconoscimento della Palestina: dopo Svezia e Gran Bretagna, lo farà con tutta probabilità il 28 novembre la Francia.
Inoltre, il Parlamento spagnolo martedì prossimo ha in programma di votare su una risoluzione che riconosce lo Stato palestinese, un voto largamente simbolico. La risoluzione, non vincolante, è stata presentata dal partito socialista all'opposizione e verra discussa marted8. Sembra che i conservatori del governo la sosterranno. Il Regno Unito e l'Irlanda hanno approvato misure simili lo scorso mese. Il governo svedese ha fatto un passo ulteriore e ha ufficialmente riconosciuto lo Stato palestinese lo scorso 30 ottobre, provocando forti proteste di Israele.