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Coronavirus

Palazzo Chigi

Recovery, slitta il Cdm: ancora nodi da sciogliere

Il nodo è il superbonus al 110%: Cinquestelle, Pd e Forza Italia chiedono 10 miliardi per prorogarlo fino al 2023. In corso confronti anche su fisco e liberalizzazioni. Il clima è di grande nervosismo

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E' slittato e per ora non si quando sarà riconvocato il Consiglio dei ministri previsto per le 10 sul Recovery plan.
A palazzo Chigi e al Mef si lavora ancora sulle tabelle del Recovery plan e si susseguono le interlocuzioni con Bruxelles, che vanno avanti in modalità no stop da ieri sera. Il nodo politico sarebbe costituito dal superbonus al 110% che M5s, Pd e Forza Italia vogliono prorogare fino al 2023 e per cui serve la copertura.  Ma anche fisco e liberalizzazioni sono, si apprende ancora, al centro del confronto. Ieri i ministri politici hanno fatto osservare che il Cdm di oggi era stato convocato senza che avessero avuto la possibilità di visionare la bozza del piano. Sul fronte della Lega vi sarebbero malumori riguardo alle riaperture dei centri commerciali e si sottolineerebbe che le regioni non siano state ascoltate abbastanza. Altro tema oggetto di dibattito sarebbe la governance della cabina di regia con un solo ministro politico.

Il piano nazionale di ripresa da 221 miliardi sta dunque per arrivare in consiglio dei ministri per un primo esame, poi il passaggio in Parlamento la settimana prossima prima dell' approvazione definitiva .

Mario Draghi porta in Consiglio dei ministri un Piano nazionale di ripresa e resilienza da 221,5 miliardi totali, di cui 191,5 riferibili al Recovery fund e 30 miliardi per finanziare le opere "extra Recovery". La spinta stimata alla crescita è di 3 punti di Pil nel 2026.

L'obiettivo è non solo "riparare i danni della pandemia" ma affrontare anche "debolezze strutturali" dell'economia italiana. Il grosso del piano è definito, con 135 linee di investimento. E l'impianto "non cambierà", sottolineano dal governo, di fronte alla mole di richieste che emerge in queste ore dai partiti. 

Bozza da 318 pagine, tra riforme anche concorrenza
Un piano in 318 pagine con l'indicazione di obiettivi, missioni, priorità trasversali e riforme che lo accompagneranno: è la bozza del Recovery Plan italiano che dovrebbe arrivare oggi per un primo esame sul tavolo del Cdm.   

Il Piano "comprende un ambizioso progetto di riforme" con "quattro importanti riforme di contesto - p.a, giustizia,semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza". Ci sono poi la "modernizzazione del mercato del lavoro; il rafforzamento della concorrenza nel mercato deiprodotti e dei servizi" e  la riforma del fisco, anche in chiave ambientale.

Draghi, vincere sfida per Paese più moderno  
"Il Pnrr è parte di una più ampia eambiziosa strategia per l'ammodernamento del Paese. Il governo intende aggiornare e perfezionare le strategie nazionali in tema di sviluppo e mobilità sostenibile; ambiente e clima; idrogeno; automotive; filiera della salute. L'Italia deve combinare immaginazione e creatività a capacità progettuale e concretezza.Il governo vuole vincere questa sfida e consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all'interno di un'Europa più forte e solidale". Lo scrive Mario Draghi nell'introduzione alPnrr, nella bozza in ingresso in Cdm su cui Il Foglio ha fatto oggi un ampio servizio. 

L'impatto sul Pil del Piano nazionale di ripresa e resilienza legato al Recovery sarà nel 2026 "di almeno 3,6 per cento più alto rispetto all'andamento tendenziale". Lo si legge nella premessa a firma di Mario Draghi alla bozza del Pnrr, in cui si specifica che l'effetto sull'occupazione sarà di quasi 3 punti percentuali.

"La supervisione politica del piano è affidata a un comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio a cui partecipano i ministri competenti". Lo scrive Mario Draghi nella premessa del bozza del Pnrr, illustrando la governance. C'è "una struttura di coordinamento centrale presso il ministero dell'Economia" che "supervisiona l'attuazione del piano ed è responsabile dell'invio delle richieste di pagamento alla Commissione Ue". La affiancano una struttura di valutazione e una di controllo. Le amministrazioni sono responsabili di singoli investimenti e riforme. Il governo costituirà task force locali per aiutare le amministrazioni.

I numeri
Il nuovo Recovery Plan vede confermata la struttura in sei missioni e 16 componenti. Per Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura sono previsti 42,55 miliardi (38,25 per nuovi progetti), per Rivoluzione verde e transizione ecologica 57 (34,6), per Infrastrutture per mobilità sostenibile 25,33 (14,13), per Istruzione e ricerca 31,88 (24,1), per Inclusione e coesione 19,12, per Salute 15,63 (12,65). Cifre che portano al totale di 191,5 miliardi.

Tra i fondi finanziati con le risorse Ue, salta l'intervento da circa 5 miliardi a sostegno dell'operazione cashback per favorire i pagamenti digitali. Trovano invece conferme le principali linee di intervento rispetto al vecchio piano. Come gli incentivi fiscali del piano Transizione 4.0 con 18,5 miliardi e la banda ultralarga che viene ulteriormente ampliata e portata a 5,3 miliardi di cui 4 per progetti nuovi.

No rendiconto Ue e tempi più lunghi
Nessun obbligo di rendiconto alla Commissione europea e scadenze più lunghe, rispetto al 2026 dell'orizzonte temporale del Recovery plan. E' questa una delle differenze tra il piano di investimenti del governo attraverso il fondo complementare al Pnrr e il Piano nazionale di ripresa e resilienza, indicata in una sintesi sulla bozza del Recovery.

Riforme Giustizia e codice appalti
Due riforme strutturali - giustizia e Pubblica amministrazione - per realizzare le sei missioni in cui si articola il Recovery plan messo a punto dal governo italiano. Sul fronte della giustizia, in particolare, si mira a intervenire sulla "bassa efficienza" che passa dall'eccessiva durata dei processi e dal "forte peso degli arretrati giudiziari". Tra le "riforme abilitanti" da realizzare, "le semplificazioni per la concessione di permessi e autorizzazioni" nonché "interventi sul codice degli appalti". Tra le riforme "settoriali specifiche" vengono poi indicate "nuove regole per la produzione di rinnovabili" e "interventi sul contratto di  programma per le Ferrovie".

 
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