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MONDO

Rahaman, presidente ong: "In corso "trattative complesse per il suo rilascio"

Siria, "Padre Dall'Oglio in un carcere Is". Gentiloni a Rainews24: "Nessuna conferma"

"Purtroppo non abbiamo la possibilità di confermare" afferma ilministro degli Esteri Paolo Gentiloni a RaiNews24. Del gesuita, scomparso il 29 luglio dello scorso anno in Siria, si persero le tracce a Raqqah, roccaforte del 'califfato' nella Siria settentrionale

Padre Paolo Dall'Oglio (Ansa)
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Padre Paolo Dall'Oglio sarebbe "vivo e detenuto in un carcere dello Stato islamico" nella provincia di Aleppo. Lo sostiene il presidente dell'Osservatorio siriano per i Diritti umani, Rami Abdel Rahaman, interpellato da Aki-Adnkronos. Notizia su cui non si sbilancia il ministero degli Esteri italiano. "Dalle valutazioni dell'Unità di crisi della Farnesina che sta seguendo la vicenda non sembra che ci siano conferme" afferma il ministro Paolo Gentiloni intervistato a RaiNews24. Del gesuita, scomparso il 29 luglio dello scorso anno in Siria, si sono perse le tracce a Raqqah, roccaforte del 'califfato' nella Siria settentrionale. 

"Dalle valutazioni dell'Unità di crisi e della Farnesina che stanno seguendo la vicenda non sembra che ci siano conferme delle notizie" ha precisato Gentiloni.

Il presidente dell'ong con sede a Londra spiega di aver appreso da fonti vicine all'Is che Dall'Oglio, il cui rapimento non è mai stato rivendicato, "è stato trasferito in un sobborgo della provincia di Aleppo, in una zona controllata dai jihadisti" dell'Is. Secondo Abdel Rahaman, sarebbero in corso "trattative complesse per il suo rilascio, con una richiesta di riscatto spropositata". Per questo, le trattative "si interrompono e poi riprendono" di frequente, dice l'attivista, che non ha voluto rivelare chi le conduca. "Abbiamo inoltrato da tempo la richiesta di una prova ai suoi rapitori - continua - ad esempio un video del religioso, ma non ci è mai stato consegnato alcunché". A fine luglio, a un anno della scomparsa, la famiglia del gesuita italiano ha rivolto un appello ai rapitori, chiedendo di "avere la dignità di farci sapere della sua sorte". "Vorremmo riabbracciarlo, ma siamo anche pronti a piangerlo", dicevano i familiari.  

Delle altre due giovani connazionali, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, rapite sempre in Siria sei mesi fa mentre seguivano dei progetti umanitari ad Aleppo - afferma ancora Rahaman - non ci sarebbero invece notizie. 
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