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Armi chimiche siriane in porti italiani. Caracciolo: "Scelti per competenze tecniche e ruolo svolto"
Secondo il direttore di Limes non si dovrebbe temere la minaccia terroristica, l'unico rischio è la scarsa trasparenza nelle operazioni. Giovedì 16 gennaio il ministro degli Esteri Emma Bonino dirà in quale porto italiano approderà la nave che trasporta le armi chimiche siriane sequestrate al regime e imbarcate a Latakia
Rischi per l'Italia? La poca trasparenza
"I rischi per l’Italia, a parte quelli tecnici, dovrebbero essere limitati. Il principale è che questa operazione avvenga in condizioni di poca trasparenza, che mi pare già una questione verificabile, e questo poi può alimentare tutta una serie di dietrologie e di problemi che speriamo possano essere evitati", spiega Caracciolo.
I depositi nel Mediterraneo
L'operazione non si chiuderà con la bonifica sulla nave americana Cape Ray. Il trattamento a bordo renderà le sostanze meno letali, ma i residui saranno comunque altamente nocivi. In passato le cisterne nocive sono state seppellite nelle profondità degli abissi: una prassi ripetuta per decenni, anche davanti alle coste italiane. Esistono due gigantesche discariche di armi chimiche nel Mediterraneo, usate dagli americani tra il 1945 e gli anni Sessanta. Una è nel Tirreno a nord di Ischia; l'altra in Adriatico a largo di Molfetta.
Il destino finale delle scorie
Quale sarà il destino finale di queste scorie? "Esistono dei depositi che dovrebbero essere sicuri, almeno così viene garantito dai tecnici, poi quale di questi verrà utilizzato non possiamo stabilirlo in questo momento, ma non c’è dubbio che esistano. L’importante è che sia chiaro dove e come vengono conservate queste scorie", conclude Caracciolo.