MONDO
Kurdistan
Iraq, i curdi continuano l'avanzata verso Mosul. Obama: "Serve strategia a lungo termine"
Il presidente americano conferma l'impegno nel fermare l'avanzata dei miliziani dello Stato islamico. Il Papa contro i raid Usa: "Non può decidere una sola nazione"
Roma
Con il sostegno degli Stati Uniti, le forze irachene hanno compiuto "un importante passo avanti nelle loro operazioni per riconquistare la più grande diga in Iraq", nei pressi di Mosul, ha affermato il presidente americano Barack Obama, aggiungendo che i raid aerei Usa "hanno fermato l'avanzata dell'Isis attorno alla città di Erbil e hanno respinto i terroristi. Continueremo a perseguire una strategia a lungo termine" contro i miliziani dell'Isis in Iraq "sostenendo il nuovo governo iracheno", ha poi aggiunto il presidente americano, aggiungendo che già ora "continuiamo a vedere progressi importanti". Intanto, le forze curde hanno annunciato la conquista di altre località nel nord dell'Iraq, affermando che si preparano a marciare in direzione di Mosul, dopo avere ripreso ai jihadisti dello Stato islamico il controllo della strategica diga sul Tigri, la più grande del Paese.
I progressi dei Peshmerga sui territori da cui nelle ultime settimane sono fuggiti vero il Kurdistan centinaia di migliaia di civili, molti dei quali delle minoranze cristiana e Yazidi, sono stati resi possibili dai raid aerei americani, che si sono intensificati negli ultimi giorni. Ma proprio a questo tipo di intervento Papa Francesco ha espresso dure critiche parlando con i giornalisti sull'aereo che lo riportava a Roma dalla Corea del Sud. "Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore", ha aggiunto, sottolineando che sono invece le Nazioni Unite a dovere decidere come fermare i miliziani dell'Isis. "Sottolineo il verbo fermare, non bombardare o fare la guerra", ha insistito il Papa. Il Pontefice ha aggiunto di essere "disposto ad andare in Kurdistan", dove in questi giorni si trova il suo inviato personale, il cardinale Fernando Filoni.
Il porporato ha rilasciato proprio una dichiarazione congiunta con il patriarca caldeo e presidente della Conferenza episcopale irachena, monsignor Louis Sako, per chiedere alla Comunità internazionale di intervenire non solo per portare aiuti umanitari ai profughi, ma anche per "liberare i villaggi e i luoghi occupati il più presto possibile e in modo stabile". I combattimenti fra Peshmerga e jihadisti, intanto, continuano intorno alla diga sessanta chilometri a nord di Mosul, con i miliziani curdi che cercano ancora di rinsaldare le loro posizioni con il sostegno dell'aviazione americana, che ha effettuato quindici nuovi raid, distruggendo tra l'altro nove postazioni dei ribelli, un posto di blocco e sette veicoli blindati. Lo ha reso noto il Comando centrale militare Usa, precisando che i raid sono stati condotti utilizzando cacciabombardieri e droni. Sono così arrivati a 68 gli attacchi compiuti dalle forze Usa a partire dall'8 agosto, di cui 35 nei pressi della diga di Mosul.
Sul terreno, il generale Kassim Atta, portavoce del comando delle forze armate, ha confermato la riconquista dello sbarramento sul Tigri, ma ha aggiunto che combattimenti proseguono in alcuni edifici vicini, in particolare nella zona residenziale. Alcune costruzioni sono inoltre state minate dai jihadisti prima di ritirarsi e quindi devono essere bonificate. Da parte curda si afferma che dalla diga i Peshmerga stanno avanzando verso la cittadina di Wanna, 25 chilometri più a Sud, in direzione di Mosul. Nella provincia di Al Anbar, più a Sud, continuano intanto i combattimenti fra l'esercito federale di Baghdad e le forze jihadiste che si sono impadronite di varie città, fra cui Falluja, con un'offensiva lanciata all'inizio dell'anno. Il generale Atta ha detto che le truppe governative hanno respinto un tentativo dell'Isis di conquistare la strategica città di Haditha, sull'Eufrate, grazie al sostegno di clan tribali locali.
Intanto gli interrogativi sul corso che la Comunità internazionale deciderà di seguire sembrano riguardare in questi giorni soprattutto la Gran Bretagna. Il ministro della Difesa, Michael Fallon, ha confermato un utilizzo più ampio dei jet della Raf e un impegno che, ha spiegato, potrebbe durare "mesi", superando la natura strettamente umanitaria della missione. Ma il primo ministro David Cameron ha escluso un dispiegamento di truppe sul terreno. "Non saremo coinvolti in una nuova guerra in Iraq", ha affermato il premier. Per quanto riguarda invece l'Italia, fonti del ministero della Difesa hanno fatto sapere che l'invio di armi ai guerriglieri curdi, dopo il via libera dei ministri degli Esteri della Ue venerdì scorso, potrebbe partire già 48-72 ore dopo l'informativa del governo al Parlamento, mercoledì.
I progressi dei Peshmerga sui territori da cui nelle ultime settimane sono fuggiti vero il Kurdistan centinaia di migliaia di civili, molti dei quali delle minoranze cristiana e Yazidi, sono stati resi possibili dai raid aerei americani, che si sono intensificati negli ultimi giorni. Ma proprio a questo tipo di intervento Papa Francesco ha espresso dure critiche parlando con i giornalisti sull'aereo che lo riportava a Roma dalla Corea del Sud. "Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore", ha aggiunto, sottolineando che sono invece le Nazioni Unite a dovere decidere come fermare i miliziani dell'Isis. "Sottolineo il verbo fermare, non bombardare o fare la guerra", ha insistito il Papa. Il Pontefice ha aggiunto di essere "disposto ad andare in Kurdistan", dove in questi giorni si trova il suo inviato personale, il cardinale Fernando Filoni.
Il porporato ha rilasciato proprio una dichiarazione congiunta con il patriarca caldeo e presidente della Conferenza episcopale irachena, monsignor Louis Sako, per chiedere alla Comunità internazionale di intervenire non solo per portare aiuti umanitari ai profughi, ma anche per "liberare i villaggi e i luoghi occupati il più presto possibile e in modo stabile". I combattimenti fra Peshmerga e jihadisti, intanto, continuano intorno alla diga sessanta chilometri a nord di Mosul, con i miliziani curdi che cercano ancora di rinsaldare le loro posizioni con il sostegno dell'aviazione americana, che ha effettuato quindici nuovi raid, distruggendo tra l'altro nove postazioni dei ribelli, un posto di blocco e sette veicoli blindati. Lo ha reso noto il Comando centrale militare Usa, precisando che i raid sono stati condotti utilizzando cacciabombardieri e droni. Sono così arrivati a 68 gli attacchi compiuti dalle forze Usa a partire dall'8 agosto, di cui 35 nei pressi della diga di Mosul.
Sul terreno, il generale Kassim Atta, portavoce del comando delle forze armate, ha confermato la riconquista dello sbarramento sul Tigri, ma ha aggiunto che combattimenti proseguono in alcuni edifici vicini, in particolare nella zona residenziale. Alcune costruzioni sono inoltre state minate dai jihadisti prima di ritirarsi e quindi devono essere bonificate. Da parte curda si afferma che dalla diga i Peshmerga stanno avanzando verso la cittadina di Wanna, 25 chilometri più a Sud, in direzione di Mosul. Nella provincia di Al Anbar, più a Sud, continuano intanto i combattimenti fra l'esercito federale di Baghdad e le forze jihadiste che si sono impadronite di varie città, fra cui Falluja, con un'offensiva lanciata all'inizio dell'anno. Il generale Atta ha detto che le truppe governative hanno respinto un tentativo dell'Isis di conquistare la strategica città di Haditha, sull'Eufrate, grazie al sostegno di clan tribali locali.
Intanto gli interrogativi sul corso che la Comunità internazionale deciderà di seguire sembrano riguardare in questi giorni soprattutto la Gran Bretagna. Il ministro della Difesa, Michael Fallon, ha confermato un utilizzo più ampio dei jet della Raf e un impegno che, ha spiegato, potrebbe durare "mesi", superando la natura strettamente umanitaria della missione. Ma il primo ministro David Cameron ha escluso un dispiegamento di truppe sul terreno. "Non saremo coinvolti in una nuova guerra in Iraq", ha affermato il premier. Per quanto riguarda invece l'Italia, fonti del ministero della Difesa hanno fatto sapere che l'invio di armi ai guerriglieri curdi, dopo il via libera dei ministri degli Esteri della Ue venerdì scorso, potrebbe partire già 48-72 ore dopo l'informativa del governo al Parlamento, mercoledì.