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MONDO

15 marzo 2011-15 marzo 2014

Siria, tre anni di guerra dimenticata

Nel paese si lotta per la sopravvivenza e i rifugiati sono milioni. E' urgente far ripartire il processo di pace a Ginevra e garantire l'arrivo degli aiuti ascoltando l'appello umanitario delle Nazioni Unite

La popolazione stremata dalla guerra
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di Carlotta Macerollo Sono passati 3 anni da quel 15 marzo del 2011 che ha sconvolto la Siria e segnato in modo indelebile la storia contemporanea. I popoli del Medio Oriente e dell'Africa del Nord sognavano un nuovo corso e si ribellavano contro le loro dittature nella cosiddetta Primavera Araba e anche la Siria sperava in un futuro diverso e nel Paese partiva la rivolta contro il regime di Assad. Ma le speranze suscitate dalle proteste delle popolazioni sono state prevalentemente tradite, come dimostra la rivolta egiziana, dove dal regime militare di Mubarak si sta finendo al regime militare del generale Al Sisi. La pagina più dolorosa della Primavera Araba rimane però la guerra in Siria.

Siria, un paese distrutto
Tre anni dopo l’inizio del conflitto, la Siria è un Paese distrutto. Più di 140mila le vittime, i civili uccisi in questa carneficina sono 71141, tra cui ci sono 7626 bambini. Oltre nove milioni di siriani, su un totale di 22 milioni, sono sfollati o fuggiti all'estero. Chi è rimasto tenta di vivere, o sopravvivere, in condizioni sempre più precarie, che cambiano però a seconda del livello di violenza nella propria zona. Senza contare i danni all’economia: nel 2010 il Prodotto Interno Lordo ammontava a 60 milardi di euro, mentre ora è crollato del 50%. In questi anni la comunità internazionale ha assistito impotente allo scontro tra l’esercito di Bashar al Assad e gli oppositori al regime.

Gli abitanti di Damasco e la loro vita "apparentemente normale"
Dopo lunghi mesi di terrore per il continuo bombardamento di mortai da parte dei ribelli o per il timore di finire nelle retate della polizia segreta, gli abitanti di Damasco sono tornati da settimane ad una "vita apparentemente normale". Il regime è riuscito nei mesi scorsi ad allentare la pressione dei ribelli attorno alla capitale. Se prima del 2011 ci volevano 50 lire siriane per comprare un dollaro, adesso al cambio nero ce ne vogliono 157, ma nel 2012, il periodo più difficile per il regime, il prezzo era schizzato a oltre 300 lire.

L'Onu chiede 6.5 miliardi di dollari
Sull'emergenza siriana l'Onu ha lanciato il più grande appello della storia, chiedendo 6,5 miliardi di dollari. In gennaio, nel corso della conferenza dei donatori nel Kuwait sono stati espressi impegni per 2,3 miliardi di dollari di aiuti ma per adesso solo il 12% (768 milioni di dollari) è arrivato a destinazione. Le analisi di Oxfam dimostrano chiaramente che senza un'adeguata risposta umanitaria da parte dei paesi donatori, i siriani, sia dentro il paese che rifugiati nei paesi vicini, rimarranno senza cibo e acqua, riparo, cure mediche e istruzione.

Allarme profughi
Dal sondaggio che Oxfam ha condotto su un campione di 151 famiglie, ad esempio, per un totale di 1.015 individui, risulta che il 65% dei profughi intervistati non ha speranza di tornare a casa. La stragrande maggioranza esprime il desiderio fortissimo di volerlo fare, ma solo un terzo ha fiducia che ciò possa accadere, pur non sapendo (per il 78%) dire quando e come.

La Siria di Assad
La Siria è ancora governata con metodi dittatoriali da Bashar al Assad, che recentemente si è fatto rivedere in pubblico, in una delle sue rare apparizioni fuori dalla capitale, visitando alcuni sfollati siriani ad Adra, città a 20 chilometri a nordest di Damasco. Le fotografie sono state diffuse dagli account ufficiali di Assad sia su Facebook che su Twitter. Tutto questo succede mentre i parenti degli oppositori vengono arrestati, e chiunque collabori con i rivoltosi, in modo anche indiretto, può essere perseguito dal regime. Poche settimane fa il figlio di un importante esponente della coalizione nazionale siriana è stato ucciso su ordine di Damasco. La comunità internazionale assiste impotente: le trattative di pace che si sono svolte a Ginevra (per il secondo round) hanno portato ad accuse di terrorismo ai delegati del fronte anti Assad, e i loro patrimoni sono stati bloccati, come ha confermato il ministero degli Esteri statunitense.

Lo stallo di Ginevra 2
Ma di fatto a Ginevra 2 è prevalso lo stallo politico-diplomatico: nessun risultato è stato raggiunto dopo il secondo round dei colloqui di febbraio tra regime e opposizioni in esilio. E non sembra facile neanche il tentativo delle potenze occidentali di far passare al Consiglio di sicurezza dell'Onu una bozza di risoluzione per la fine degli assedi di diverse località siriane. ''Penso sia meglio che le parti facciano una pausa di riflessione sulle loro responsabilità - ha detto il mediatore Onu Lakdhar Brahimi - e se vogliono che il processo continui o no''. ''Sono molto, ma molto dispiaciuto'', ha aggiunto evidenziando come ''probabilmente si è raggiunto un accordo sull'agenda ma non su come affrontarla, speriamo di poter avere un terzo round''.

Le armi chimiche smantellate?
Assad sta rallentando anche il processo di distruzione delle armi chimiche. L’organizzazione che deve monitorare la distruzione dell’arsenale vietato a disposizione del regime siriano, l'Opcw, ha chiesto a Damasco di accelerare i suoi obblighi. Ci sono ancora 12 siti produttivi che non sono stati distrutti ma soltanto resi inutilizzabili dal governo. Un’altra critica riguarda il ritardo nell’espulsione dell’arsenale chimico dal paese: la scadenza originaria del 5 febbraio non è stata rispettata, e solo il 29% delle armi chimiche sono state trasportate via mare fuori dalla Siria. Il regime di Damasco ha promesso di ottemperare a questo obbligo entro il 27 aprile.

La campagna di Save the Children
Intanto, Save the Children prosegue la mobilitazione per dire basta alle violenze sui bambini della Siria, con il percorso multimediale Se tu fossi in Siria e venerdì 14 marzo a Roma si svolge una veglia aperta alla cittadinanza, con illuminazione del Campidoglio. In un video poi, che fa sempre parte della campagna di sensibilizzazione della guerra in Siria, Save The Children UK racconta attraverso le immagini come si trasforma la vita di una bambina inglese in una Londra in guerra. E conclude con l'affermazione: "Solo perché non sta accadendo qui non significa che non stia accadendo".  

Il video di Banksy per i bambini della Siria
E anche l’artista britannico Banksy ha rilavorato una delle sue opere più celebri, l’immagine di una bambina con un palloncino rosso, per ricordare il terzo anniversario del conflitto siriano. Il graffito occupa tutta la pagina di apertura del suo sito ufficiale, affiancato da un breve testo: "Il 6 marzo 2011 nella città siriana di Daraa, 15 bambini sono stati arrestati e torturati per aver dipinto dei murales antigovernativi. Le manifestazioni che sono seguite alla loro detenzione sono degenerate in una catena di episodi di violenza in tutto il Paese, che ha visto una rivolta interna trasformarsi in una guerra civile, la quale ha costretto 9,3 milioni di persone ad abbandonare le proprie case". #withsyria
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